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Il rapporto tra Medico e Paziente tra Tecnologia e Relazione

Quale che sia la nostra professione ed i nostri interessi siamo talmente inseriti nella cosiddetta “era della tecnica” che siamo portati a salutare con soddisfazione, anche sollecitati dai mezzi di comunicazione, tutte le novità ed i progressi nella messa a punto di nuove scoperte o invenzioni in tutti i campi in cui trovano applicazione: dallo sviluppo di nuovi farmaci alla invenzione di nuove tecniche e innovazioni nella telefonia, nella robotica, nell’informatica…

La cultura in cui siamo immersi pervade ogni ramo della società, con un occhio particolare verso le nuove generazioni tanto che anche nelle scuole le materie scientifiche e tecniche sono sempre più promosse ed enfatizzate quanto sempre più trascurate e talvolta addirittura svalutate le materie di tipo “umanistico”, il cui termine dovrebbe invece almeno farci riflettere su una connotazione ed origine “aliena” di quelle altre.

D’altra parte il limite, ormai superato, del ricorso alla tecnica senza considerarne il rapporto con le leggi della natura è ben evidente se molti governi dei Paesi più potenti e le maggiori istituzioni dell’intero pianeta si accingono a varare giganteschi piani di “riconversione ecologica”, almeno per quanto riguarda le fonti energetiche alle quali la tecnologia inevitabilmente deve attingere, sorretti da ingenti risorse economiche. Quello su cui vorremmo riflettere in questa sede è che questo approccio, seppure inevitabile, elude la parte più importante del problema la cui soluzione imporrebbe un cambio di paradigma indispensabile per assicurare un effettivo ritorno ad un rapporto più armonico con la natura e le sue leggi.

Per approfondire il rapporto tra tecnica e comportamenti sociali è utile leggere il saggio di U. Galimberti “Psiche e techne” in cui l’autore scrive:

”La tecnica non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità: la tecnica funziona” 

E dunque se vogliamo ancora abitare un mondo di senso che sia espressione dello spirito “umano” dobbiamo ragionevolmente ripensare il nostro rapporto con noi stessi ancor prima che con l’ambiente in cui viviamo.

Il progresso e l’evoluzione dell’umanità non si misurano soltanto con i ritrovati tecnologici ma con il recupero di quei valori che fanno parte indissolubile della nostra natura e che rendono possibile il raggiungimento di stati di armonia interiore alla quale ognuno di noi più o meno segretamente aspira. Se la Terra non è un oggetto da usare e sfruttare a nostro piacimento ma la Grande Madre che ci ospita e nutre, meno che meno lo sono gli esseri umani con i quali dovremo almeno sempre esprimere rispetto quale che sia il loro stato, le loro idee, la loro situazione nella società. Purtroppo nelle relazioni cosiddette “asimmetriche”[1] nelle quali una parte esercita un potere sull’altra è possibile che, specialmente nei casi in cui non sono sostenute da una adeguata preparazione psicologica e formazione etica, il rapporto scada verso forme irrispettose e spesso lesive della libertà e dei diritti fondamentali della persona.

Benché il tema, come abbiamo sopra accennato, del rapporto scienza e tecnologia con la natura è del tutto generale, focalizzeremo la nostra attenzione su quali sono i limiti dell’approccio “tecnico”, al quale inevitabilmente si lega una forma di esercizio di potere, quando è in gioco la salute del nostro corpo e dunque ci concentreremo sul rapporto medico-paziente. Per far questo è sufficiente indagare, con l’aiuto di Internet, in questo caso strumento molto appropriato allo scopo, quali sono le aspettative delle persone che hanno avuto necessità di interagire con medici, sanitari e operatori della salute, al di là della competenza per risolvere questo o quel problema specifico.

E’ appena il caso di rilevare che sulla competenza nella materia non possiamo e non dobbiamo esprimerci a meno di evidenze fattuali che esplicitamente ne provino la effettiva validità o meno, aspetto questo troppo spesso disatteso come abbiamo avuto modo di osservare a proposito della attuale pandemia da Covid-19, in cui molte persone si sono espresse senza la necessaria conoscenza e competenza su una materia particolarmente complessa generando spesso un senso di profonda confusione.

Tornando alle recensioni dei pazienti sulle loro esperienze salta subito ai nostri occhi che è preponderante la soddisfazione verso la relazione instaurata e soprattutto percepita secondo la propria sensibilità e soggettività, con la struttura sanitaria – vista quasi sempre come un unicum – ed è essenzialmente su questo rapporto che viene espresso il valore dell’intervento puramente “clinico”, che come abbiamo rilevato, non viene quasi mai – proprio per la sua specificità – messo in discussione.

A conferma di quanto sia radicato nella nostra cultura e nella nostra storia il valore e l’efficacia di una relazione che trascende il mero consulto sulla “malattia” lamentata dal paziente è sufficiente rileggere Seneca che nel dialogo “Sui benefici” afferma che “malato e malattia non sono la stessa cosa”. E continua scrivendo “il medico e la persona che a lui si rivolge sono legati da un comune spirito di collaborazione quasi amicale nel quale il medico è scevro da qualsiasi approccio di convenienza che ridurrebbe il paziente a cliente”. E la letteratura e la moderna filmografia sono colmi di racconti che, spesso con ironia, criticano l’approccio meramente tecnico, rappresentato talvolta con una certa dose di cinismo, in cui i dati numerici assumono la parte preponderante della diagnosi , della terapia e, in ultima analisi, l’essenza del rapporto medico-paziente.

Concludiamo queste riflessioni lanciando un invito ai Naturopati e a tutti coloro che operano per migliorare il benessere delle persone di evitare per quanto possibile un approccio freddo e distaccato o, peggio, di superiorità e potere, che purtroppo così spesso ancora è presente in molti ambienti sanitari e che incide fortemente nel buon esito del percorso di guarigione. Errori che sconcertano non solo i pazienti ma chiunque si trovi a valutare l’efficacia e la soddisfazione complessiva verso strutture fatte di persone, di strumenti e di organizzazione in cui scienza, tecnica ed economia sono solo una parte e che, se private delle indispensabili qualità di empatia, partecipazione, comprensione ed ascolto, non conducono ad un miglioramento effettivo della qualità della vita.

[1] Ricordiamo che un rapporto viene definito come asimmetrico quando una parte possiede più competenze e  autorità dell’altra, come accade ad esempio nell’educazione dei bambini o nella formazione scolastica.

Prof. Luciano D’Abramo

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Luciano D'Abramo

Laureato in Fisica con lode all’ Università “La Sapienza” di Roma nel 1974, ha svolto per molti anni la sua attività professionale nell’ambito della progettazione e realizzazione di grandi Sistemi Informativi, principalmente per Enti pubblici quali la Ragioneria Generale dello Stato ed il Ministero dei Beni Culturali. Particolarmente interessato, sin dall’età giovanile, alla ricerca di una possibile sintesi tra le varie discipline scientifiche, oggi ancora troppo frammentate, ha pubblicato nel 1998 il libro “Fisica e Psiche”, trovando possibili collegamenti ed analogie tra le relazioni interpersonali e le leggi della fisica. Dal 2002 svolge interamente la sua attività professionale alla progettazione ed alla erogazione di corsi presso scuole ed istituti superiori ed universitari su materie scientifiche. Fa parte, sin dalla sua costituzione del corpo docenti e del Comitato Scientifico della Scuola di Naturopatia Borri ora Campus FRAMENS, per la quale svolge seminari e corsi di Biofisica, con particolare riferimento ad argomenti di ricerca di frontiera sulle leggi e le teorie della Fisica applicate ai sistemi viventi, riconducibili alle tecniche ed alle metodiche della medicina naturale.