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Effetti quantistici in Biologia

La linea di ricerca che si occupa di elaborare teorie e, soprattutto, riscontri sperimentali e che cerca di individuare i fenomeni fisici di natura quantistica per spiegare funzioni biologiche, ha trovato nell’ultimo periodo fecondi risultati che costituiscono la base per ulteriori sviluppi nella comprensione dei processi fondamentali degli organismi viventi e nelle relative applicazioni terapeutiche.

Non possiamo in questo contesto non ricordare il pioniere di questi studi, nonché uno dei fondatori della Meccanica Quantistica: Erwin Schrodinger che già nel 1944 nel suo libro “Che cos’è la vita? “aveva intuito il legame essenziale tra i fenomeni quantistici e le molecole alla base della vita, poi scoperte ed analizzate circa dieci anni dopo da Crick e Watson con l’identificazione della struttura del DNA.

Una delle difficoltà maggiori per i fisici ma soprattutto per i non addetti ai lavori è comprendere come i fenomeni contro-intuitivi della Fisica dei quanti possono essere messi in relazione e, in qualche modo, influenzare la vita di tutti i giorni.

Ebbene l’esempio che andremo ora a spiegare dovrebbe metterci sulla buona strada per assimilare l’importanza dei fenomeni quantistici nel mondo della percezione sensoriale.

Mi riferisco alla spiegazione del fenomeno, chiamato magnetoricezione, che permette a molti volatili di seguir traiettorie per centinaia di chilometri verso precisi orizzonti semplicemente attraverso la percezione del campo magnetico terrestre[1]. Più precisamente questi uccelli hanno sviluppato una funzione, denominata “bussola aviaria”, che permette loro di misurare l’inclinazione tra il campo magnetico terrestre e la superficie.

Il chimico tedesco Klaus Schulten verso la fine del secolo scorso, durante la ricerca di come potesse funzionare questa specie di bussola magnetica negli uccelli, prese in esame una particolare proteina presente negli occhi del pettirosso, chiamata criptocromo in grado di produrre radicali liberi, i cui elettroni più esterni di alcune delle molecole componenti sono correlati tra loro, ovvero posseggono lo stesso livello energetico e quindi lo stesso valore di spin.

Quando il criptocromo viene colpito da un fotone di luce (blu, in questo caso), gli elettroni della molecola si eccitano e vengono liberati, mantenendo uno stato di entanglement, per poi riunirsi in una nuova molecola. Nel tragitto, gli spin di questi elettroni sono influenzati dal campo magnetico terrestre per cui, quando si riaggregano nella molecola, trasportano con sé l’informazione del campo. Tornando allo stato non eccitato i due elettroni restituiscono il fotone iniziale che genera una reazione chimica, probabilmente l’attivazione di un neurotrasmettitore, idonea a fornire il segnale agli organi interessati (in questo caso l’occhio).

A questo punto il nervo ottico dispone di una sorta di «visione» del campo magnetico terrestre, necessario per la navigazione e l’orientamento.

Nel mondo vegetale, il fenomeno più noto che può essere spiegato con la Fisica quantistica è la fotosintesi clorofilliana, processo noto da molto tempo da punto di vista chimico[2] ma del quale solo attraverso i meccanismi quantistici si può comprenderne la particolare efficienza che raggiunge, nei casi rappresentati dalle piante comuni, oltre il 95% . È stato infatti recentemente dimostrato con sofisticati esperimenti di simulazione che un singolo quanto di luce, il fotone, è sufficiente per innescare il processo di trasferimento di energia alle molecole delle proteine deputate ad assorbirla. La particolare efficienza, non spiegabile in termini di teorie che coinvolgono la “fisica classica”, può essere spiegata dalla particolare proprietà delle particelle atomiche, in questo caso elettroni, di essere in due stati contemporaneamente, perno essenziale dei fenomeni quantistici e vero assurdo logico secondo la visione “classica”. Tale possibilità permette alla coppia elettrone e lacuna, eccitati dal quanto di luce, di seguire due percorsi contemporaneamente aumentando così la probabilità di colpire la molecola-bersaglio che è in grado di innescare la reazione chimica primaria che darà luogo alla catena reattiva della sintesi clorofilliana.

Concludiamo questo articolo con un tema ricorrente, forse il più importante, nelle ricerche in ambito neuroscienze: quello della coscienza.

Quale che sia la linea di pensiero cui fare riferimento, è condiviso ed acclarato il concetto di “osservatore”, un ente in grado di fare una sintesi della miriade di stimoli dai quali il nostro cervello ed il nostro sistema nervoso sono costantemente stimolati. Che questo processo di unificazione e conseguente scelta delle azioni che compiamo sia governato dal cervello stesso, come afferma la corrente più ”materialista” o sia invece eterodiretto da una “mente” collegata in qualche modo con l’universo (visione “idealista” o “mentalista”), il vincolo della presenza di un ente che opera una sintesi prendendo una decisione finale è indiscutibile. A questo momento la scienza associa il termine di consapevolezza, o “atto di coscienza”.

La fisica quantistica, nella sua visione più nota, conosciuta come “interpretazione di Copenaghen”, afferma che gli stati quantistici che definiscono i fenomeni a livello subatomico, sono sovrapposti ed indistinguibili fino a quando non interviene il processo di misura che permette l’individuazione di uno ed uno solo stato, corrispondente al risultato dell’osservazione.

Ora è assai calzante, almeno a livello analogico, il collegamento tra la scelta precisa che la nostra mente, con l’ausilio dell’attenzione, opera tra una folla di pensieri, e il collasso verso un solo risultato osservabile della funzione d’onda che definisce gli stati subatomici, fino a quel momento sovrapposti, delle molecole, comprese quelle biologiche.

Anche in questo caso la fisica dei quanti ci permette di squarciare un velo permettendoci uno di scrutare un po’ più a fondo nei meandri complessi del nostro mondo interiore.

Gli esperimenti citati fanno presagire un prossimo futuro denso di nuove scoperte che legheranno in modo indissolubile i comportamenti quantistici alla biologia molecolare e sistemica, superando definitivamente lo scoglio rappresentato da molti anni dalla impossibilità di spiegare il mantenimento dei processi di coerenza quantistici alle temperature e alle dimensioni tipiche degli ambienti biologici.

Prof. Luciano D’Abramo


[1] Questo campo ha un valore bassissimo, pari a meno di un millesimo di quello di una piccola calamita.

[2] Ricordiamo che la fotosintesi clorofilliana è quel processo chimico per mezzo del quale le piante, in presenza di luce solare, trasformano l’anidride carbonica dell’atmosfera e l’acqua in sostanze organiche, necessarie alla vita della pianta

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Luciano D'Abramo

Laureato in Fisica con lode all’ Università “La Sapienza” di Roma nel 1974, ha svolto per molti anni la sua attività professionale nell’ambito della progettazione e realizzazione di grandi Sistemi Informativi, principalmente per Enti pubblici quali la Ragioneria Generale dello Stato ed il Ministero dei Beni Culturali. Particolarmente interessato, sin dall’età giovanile, alla ricerca di una possibile sintesi tra le varie discipline scientifiche, oggi ancora troppo frammentate, ha pubblicato nel 1998 il libro “Fisica e Psiche”, trovando possibili collegamenti ed analogie tra le relazioni interpersonali e le leggi della fisica. Dal 2002 svolge interamente la sua attività professionale alla progettazione ed alla erogazione di corsi presso scuole ed istituti superiori ed universitari su materie scientifiche. Fa parte, sin dalla sua costituzione del corpo docenti e del Comitato Scientifico della Scuola di Naturopatia Borri ora Campus FRAMENS, per la quale svolge seminari e corsi di Biofisica, con particolare riferimento ad argomenti di ricerca di frontiera sulle leggi e le teorie della Fisica applicate ai sistemi viventi, riconducibili alle tecniche ed alle metodiche della medicina naturale.