Comitato scientificoOmeopatia

La cornice teorica per un modello scientifico sul funzionamento della terapia omeopatica – II parte

Il potenziale di membrana delle cellule
Tra le grandezze fisico-chimiche che fanno parte della fisiologia cellulare, merita, ai nostri fini, particolare attenzione il potenziale di membrana  il cui valore, ove mantenuto dai complessi fenomeni legati al metabolismo entro range prefissati (70-90 mV), garantisce il transito corretto del flusso ionico intracellulare e quindi un adeguato ciclo alimentazione/espulsione delle sostanze necessarie al metabolismo della cellula stessa.
È  inoltre noto dagli studi effettuati già nella seconda metà del secolo scorso che i valori del potenziale di membrana si abbassano notevolmente, fino a raggiungere valori vicini ai 40 mV, in cellule malate o prossime alla loro apoptosi.
Numerose sono le tecniche terapeutiche, sostenute da tecnologie sempre più raffinate, che, con modalità diverse, sfruttano la possibilità di ripristinare la differenza di potenziale di membrana entro la gamma dei valori “fisiologici”, favorendo il processo di riparazione e riattivazione delle funzioni cellulari, collegate direttamente ai processi di guarigione.
Va inoltre ricordato che questa terapia è valida per molti tipi di cellule proprio perché la differenza di potenziale di membrana è una caratteristica di tutte le cellule vive, anche se-variando la specializzazione- varia leggermente il suo valore di riferimento “fisiologico”.
I meccanismi con cui opera questo procedimento terapeutico sono noti ancora solo in parte, ma una particolare attenzione a questi fini sta ricevendo da parte di numerosi gruppi di ricerca, il fenomeno della biorisonanza.
È  indubbio,infatti, che le correnti ioniche che assicurano l’alimentazione cellulare tramite la apertura e la chiusura dei canali trans-membrana, hanno ritmi ben definiti (frequenze), che dipendono dal tipo di cellule: tali  frequenze, osservate sperimentalmente, sono comprese tra 10 e 10kHz.
Viene quindi naturale pensare alla possibilità di pensare ad un inceppamento di questo meccanismo causato dalla noxa e, di conseguenza, alla possibilità di riattivarlo attraverso frequenze elettromagnetiche che , dall’esterno della membrana, possano far “risuonare” i dipoli elettrici che sono presenti nelle strutture proteiche che regolano l’apertura dei canali ionici, permettendo il ristabilirsi dei valori fisiologici del potenziale.
D’altra parte, i disturbi del metabolismo incidono sull’intensità delle correnti come può essere dedotto dalle  misure del ridotto potenziale di membrana in questi casi.
Sulla modifica delle frequenze proprie cioè delle frequenze di risonanza delle correnti ioniche di alimentazione cellulare in condizioni di noxa, non è possibile al momento fare delle ipotesi probative, anche se il rallentamento metabolico farebbe pensare ad un coinvolgimento del meccanismo e quindi ad una modifica del ritmo di apertura/chiusura dei canali di trasmissione.
In ogni caso, il quadro teorico per una possibile spiegazione del meccanismo di funzionamento dei preparati omeopatici può, come si vedrà tra poco, prescindere da questa osservazione.
La contestazione più frequente che viene posta alla possibile efficacia del farmaco omeopatico è relativa alla completa assenza di materia a diluizioni molto alte, da cui deriverebbe l’impossibilità fisico-chimica ad agire in qualunque modo sull’organismo.
Ora, la semplice osservazione che la presenza di un campo elettromagnetico- ipotesi tutta da verificare ma concettualmente possibile-  ancorché molto debole,sia in grado di agire sulla consistenza dei flussi ionici intracellulari facendo entrare in oscillazione di risonanza le cariche elettriche coinvolte in questi flussi, evidenzierebbe immediatamente l’infondatezza di tale contestazione.

L’acqua omeopatica
A questo proposito è opportuno ricordare come numerosi studi abbiano evidenziato con chiarezza- già a partire dalla metà degli anni ottanta- la capacità delle molecole di acqua di mantenere e restituire forme di energia al loro interno, ove opportunamente sollecitate (per esempio per via elettrica o meccanica).
La spiegazione di tale fenomeno- noto comunemente come memoria dell’acqua- è stata ricercata nella capacità delle molecole d’acqua di formare clusters molto ampi nei quali i dipoli elettrici delle molecole vibrano in modo coerente.
È – alla luce di queste osservazioni- plausibile, anche se necessario di idonee verifiche sperimentali- che il farmaco omeopatico trasferisca la propria frequenza di risonanza al campo vibrazionale con cui diversi  clusters dell’acqua usata come solvente oscillano  e che questi siano in grado, per un certo periodo di tempo- di emettere una radiazione di debolissima intensità proprio centrata su tale frequenza, anche dopo aver eliminato completamente le molecole di soluto.
È quindi ragionevole pensare, sotto l’ipotesi altrettanto plausibile che l’acqua “dinamizzata” e gli  ioni presenti nella cellula abbiano la stessa frequenza di risonanza, che l’effetto di ripristino della corretta intensità delle correnti ioniche intracellulari, indebolite dalla noxa, sia causato proprio dal fenomeno di risonanza indotto dalla radiazione elettromagnetica trasferita dai dipoli acquosi oscillanti in modo coerente, alle cariche ioniche presenti nel tessuto cellulare.
È da notare come questa visione dei fenomeni fisico-chimici sia in pieno accordo con le moderne teorie ed osservazioni della biologia che ha individuato nell’ambiente esterno alla cellula, l’elemento fondamentale nella regolazione delle attività delle proteine presenti nel citoplasma.
Non deve, infine, trarre in inganno il valore assai piccolo delle grandezze in gioco; basti pensare , a titolo di esempio, che, proprio in ragione delle dimensioni cellulari (10 micron di diametro, mediamente), i campi elettrici presenti all’interno della membrana possono raggiungere i valori di 10000 volt per metro!
La logica delle dosi inversamente proporzionali all’efficacia sarebbe, in questo quadro, ascrivibile alla  capacità insita nei campi elettromagnetici di percorrere distanze notevoli (almeno grandi come le strutture coerenti che li contengono, pari a vari micron) prima di essere   assorbiti o deviati, specie se confrontati con le distanze medie in cui assume valore significativo la probabilità di reazioni biochimiche, notoriamente  a corto raggio, non superiore ai 4-5 diametri molecolari di una proteina ( non più di un centesimo di micron), reazioni presenti e responsabili completamente dell’efficacia terapeutica, solo a concentrazioni più significative di farmaco (dosi cosiddette “ponderali”).
Le reazioni biochimiche attivate dal meccanismo ligando-recettore, detto comunemente chiave-serratura, sarebbero,secondo questa analisi, molto improbabili a livello microscopico, almeno fino a quando la dose di farmaco non diventa ponderalmente significativa (medicina allopatica).

La bio-risonanza indotta  dall’effetto Zhadin
Nel caso di presenza di micro-dosi o addirittura di soli debolissimi campi elettromagnetici in assenza di materia,  il meccanismo di funzionamento potrebbe essere indotto o almeno potenziato dal cosiddetto effetto Zhadin. Vediamo di che si tratta.
Il fisico russo Zhadin  ha dimostrato già dai primi anni novanta del secolo scorso, che, in presenza di un debolissimo campo magnetico variabile di frequenza uguale ad un ben preciso valore, la corrente ionica in direzione perpendicolare ad esso, subisce un picco di intensità, superando la barriera delle membrane cellulari.
Da notare che questo effetto si verifica solo se la frequenza del campo magnetico applicato è uguale al  valore caratteristico di ciascuna specie ionica, la cosiddetta frequenza di ciclotrone e  che il valore dell’intensità del campo non deve mai un valore di soglia molto piccolo, oltre il quale l’effetto non si manifesta.
Si potrebbe ipotizzare, quindi, nel caso di presenza di un difettoso funzionamento dell’apertura dei canali ionici, indotto dalla noxa, che il debole campo magnetico prodotto dalla radiazione biofotonica dell’acqua precedentemente “caricata” con una opportuna sostanza,la cui frequenza è correlata con il tipo di sostanza con cui è venuta in contatto, produca picchi di intensità in grado di ripristinare, nel tempo, la corretta alimentazione cellulare e con essa la normale fisiologia.

Luciano D’abramo
Laureato in Fisica e studioso delle nuove frontiere della scienza, svolge attività di formazione in campo scientifico e di trasferimento tecnologico presso diverse strutture pubbliche e private
Autore del libro “Fisica & Psiche” ed. Il Minotauro

Iscriviti per ricevere periodicamente i nostri articoli.

Non inviamo spam!
Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.

Luciano D'Abramo

Laureato in Fisica con lode all’ Università “La Sapienza” di Roma nel 1974, ha svolto per molti anni la sua attività professionale nell’ambito della progettazione e realizzazione di grandi Sistemi Informativi, principalmente per Enti pubblici quali la Ragioneria Generale dello Stato ed il Ministero dei Beni Culturali. Particolarmente interessato, sin dall’età giovanile, alla ricerca di una possibile sintesi tra le varie discipline scientifiche, oggi ancora troppo frammentate, ha pubblicato nel 1998 il libro “Fisica e Psiche”, trovando possibili collegamenti ed analogie tra le relazioni interpersonali e le leggi della fisica. Dal 2002 svolge interamente la sua attività professionale alla progettazione ed alla erogazione di corsi presso scuole ed istituti superiori ed universitari su materie scientifiche. Fa parte, sin dalla sua costituzione del corpo docenti e del Comitato Scientifico della Scuola di Naturopatia Borri ora Campus FRAMENS, per la quale svolge seminari e corsi di Biofisica, con particolare riferimento ad argomenti di ricerca di frontiera sulle leggi e le teorie della Fisica applicate ai sistemi viventi, riconducibili alle tecniche ed alle metodiche della medicina naturale.