La malattia come manifestazione del Logos (2/3)
È indubbio che i mutamenti esistenziali esercitano inevitabili ripercussioni sul nostro comportamento determinando un maggiore sforzo di ricondurre la propria vita alla realtà dell’esperienza. Un sistema vivente è attraversato da innumerevoli stimoli e cambiamenti, l’uomo ha instancabile necessità di capire come rispondere a tali stimoli. In virtù di ciò, il nostro benessere non può confinarsi a singoli aspetti, strutture o organi, ma relazionarsi alla sua complessità, la stessa complessità che ci avvolge e coinvolge ogni giorno. La comprensione di tale relazione offre la possibilità di avere non soltanto coscienza della propria azione, ma anche e soprattutto coscienza delle cause dalle quali l’Uomo è guidato all’azione.
Il disturbo fisico, emotivo, energetico, diviene dunque strumento di accesso alle specifiche diversità, è ciò che ci differenzia e che porta con sé tutto il bagaglio genetico, archetipo e non soltanto biologico, ma legato a archetipi comportamentali e al diverso modo di percepire e vivere eventi ed emozioni. Esso delinea i tratti più importanti della nostra vicenda umana materica, spirituale e archetipa. Grazie all’epigenetica sappiamo ormai con certezza che il nostro comportamento influenza l’espressione genica. Ereditiamo i geni, è vero, ma li ereditiamo come un set di potenzialità e insieme ad esso ereditiamo anche modalità di comportamento. A questo proposito la Psicogenealogia e le Costellazioni familiari hanno apportato, insieme alla già cospicua ricerca scientifica, un prezioso contributo alla comprensione dell’eredità comportamentale, sostenendo che si eredita una specifica malattia in quanto si eredita la modalità di comportamento, di vita: «Per comprendere cosa accomuna due o più familiari nel destino clinico, dobbiamo guardare al legame segreto di fedeltà che li lega: dobbiamo per così dire, guardare all’amore speciale che li accomuna e che fa sì che alcuni, per amore di altri, ne seguano anche il destino di malati»[1].
Più recentemente l’omeopata Rajan Sankaran ha avvalorato questa tesi parlando di «radici della malattia». Ma Sankaran è andato oltre, spiegando come queste tendenze comportamentali siano legate anche alla nascita di quelle che definisce «false percezioni»:
Le radici sono tendenze che, se sollecitate, portano alla manifestazione di stati patologici specifici. Queste tendenze rappresentano delle impressioni lasciate da determinate situazioni vissute in passato dal soggetto (o da qualcuno delle generazioni precedenti), che lo inducono a provare sensazioni identiche o a reagire come se si trovasse realmente nella situazione che ha dato origine alla falsa percezione[2].
Ecco perché la malattia merita di essere interpretata al di là del disagio propriamente fisico, essa è nella logica della nostra fisiologia, della nostra vita e ha un valore e un significato che travalica il piano funzionale, coinvolgendo l’intero individuo nella sua meravigliosa complessità e integrità. Come Naturopata, prendo a prestito quotidianamente il suggerimento di Edward Bach di non rivolgere la mia attenzione alla malattia in sé, compito spettante al medico, ma alla prospettiva e al punto di vista che la persona sofferente ha della propria vita.
La constatazione di Dethlefsen, gli studi di Psicogenealogia e della sua fondatrice Schutzenberger, le ricerche e gli esperimenti di molti loro colleghi, le conoscenze approfondite negli anni legate alla mia stessa esperienza personale, mi orientano a formulare la seguente ipotesi riguardo allo scatenarsi delle malattie autoimmuni: esse sono la manifestazione tangibile, visibile e percepibile del Logos. Energia pura, forza creativa che si manifesta.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi
(Il Vangelo secondo Giovanni 1,1-14)
L’identità può formarsi ed esprimersi soltanto nella libertà, libertà di essere, di manifestare la propria divinità e sovranità all’interno del ‘sistema’. È molto indicativo che le malattie autoimmuni siano diffuse particolarmente nel sesso femminile, è un aspetto che induce a riflettere offrendoci anche una preziosa indicazione sulle possibili modalità di intervento del naturopata. La stessa Tiroidite di Hashimoto si manifesta maggiormente nelle donne e coinvolge il V Chakra, centro energetico legato alla comunicazione, all’espressione di sé, o sarebbe più corretto dire all’espressione del Sé. La comunicazione per l’essere vivente è elemento vitale. Per l’essere umano, dotato di parola, la comunicazione acquisisce l’ulteriore significato di libertà: comunicare rende liberi[3].
La terapia attraverso l’espressione vocale e scritta ritengo sia tra gli strumenti più prolifici del quale il Naturopata può avvalersi, coadiuvato dall’importante sostegno della Floriterapia, dell’Omeopatia e della Gemmoterapia. Se riflettiamo, un organo si cura con la stessa materia che utilizza per funzionare: il colon con il cibo, il polmone con l’aria, i reni con l’acqua e così via, e dunque è naturale che la funzione comunicativa si ‘curi’ con la Parola, orale o scritta. Comunicare è un atto naturale, nasce per favorire le relazioni interpersonali, per esprimere i propri bisogni, desideri, sentimenti. Ognuno di noi deve confrontarsi con la necessità di tradurre in ‘parola’ la propria visione del mondo, inteso come mondo circostante e come mondo interiore. La parola è per l’uomo esigenza, rischiara le tenebre dell’animo e scioglie i conflitti con il mondo attraverso un messaggio che torna mondo, offrendo a sua volta una nuova prospettiva. L’essenza del comunicare sta proprio nel far capire a chi ascolta il nostro messaggio, per esprimere all’altro chi siamo, come siamo, cosa vogliamo e perché lo vogliamo. La parola permette di esprimere se stessi per mezzo del linguaggio, una capacità propria solo dell’uomo e che lo distingue da tutte le altre specie. Ma ciascuno di noi comunica di sé sempre meno di quanto può, così compiamo incoscientemente il tradimento verso noi stessi, non permettiamo alla nostra creatività di esprimersi, alla nostra anima di venire alla luce.
L’assioma fondamentale di Paul Watzlawick, il fondatore della Scuola di Palo Alto, è che noi non possiamo non comunicare, perché comunicare è il gesto costitutivo delle relazioni umane. La dott.ssa Anne Ancelin Schutzenberger ha documentato molto attentamente come ciò che non viene espresso a parole «si imprime e si esprime con i mali»[4].
Se è vero, come afferma Rudolf Steiner, che siamo veri uomini solo in quanto siamo liberi e che «non possiamo pensare fino in fondo il concetto dell’uomo, senza arrivare allo spirito libero come all’espressione più pura della natura umana»[5], allora non possiamo esimerci dal domandarci come possa il corpo privato della sua libertà di esprimersi, non influenzare in qualche modo l’evoluzione dell’individuo che lo accoglie. In che modo tale privazione, che equivale alla soppressione della ‘sovranità’ della cellula, agisce nelle invisibili e intricate trame della comunicazione cellulare? Libero è l’uomo quando in ogni momento della sua vita è in grado di ubbidire a se stesso, ci ricorda sempre Steiner, «un’azione morale è una azione mia soltanto se può, in questo senso, dirsi libera»[6].
Le cellule, non mi stancherò di ripeterlo, si ispirano a un modello comportamentale che è quello del loro macrocosmo, cioè al nostro modo di relazionarci e di esprimerci nel mondo, quindi la domanda ultima da porsi forse è: «Cosa impedisce loro di sentirsi libere tanto da scatenare un’anarchia cellulare?».
Maria Laura Gargiulo
[1] G. Policardo, La malattia come relazione sospesa, Spazio Interiore, Roma 2017, p. 23. Si rimanda anche alla lettura di Anne Ancelin Schutzenberger, Psicogenealogia. Guarire le ferite familiari e ritrovare se stessi, Di Renzo Editore, Roma 2020 e S. Fumagalli, F. Gandini, Riflessologia della memoria, Edizioni Il Punto d’Incontro, Vicenza 2009.
[2] Rajan Sankaran, Lo Spirito dell’Omeopatia, Salus Infirmorum, Padova 2004, p. 30.
[3] R. Di Giovan Paolo, M. R. Moro, Comunicare rende liberi. Dieci modi di comunicare nel XXI secolo, con prefazione di Tullio De Mauro, Nutrimenti, Roma 2007.
[4] Anne A. Schutzenberger, Psicogenealogia. Guarire le ferite familiari e ritrovare se stessi, Di Renzo Editore, Roma 2020, p. 31.
[5] R. Steiner, La Filosofia della Libertà. Linee fondamentali di una moderna concezione del mondo. Risultati di osservazione animica secondo il metodo delle scienze naturali, Editrice Antroposofica, Milano 1966, p. 141.
[6] Ivi, p. 138.