I linguaggi non verbali
Per definizione, i linguaggi non verbali sono quelle forme linguistiche come il movimento corporeo, la danza, la mimica gestuale o l’enfasi espressiva che si accompagnano alla comunicazione pur non ricorrendo all’uso della parola.
Oltre a un “linguaggio verbale” molto articolato, l’Essere Umano possiede, infatti, diversi “linguaggi non verbali” che possono manifestarsi con i movimenti corporei, specialmente delle braccia (il gesticolare) e del volto.
Tra i linguaggi non verbali sono da prendere in considerazione anche l’uso dello spazio (una stanza più grande a una persona più importante, il tenere a distanza una persona in segno di rispetto o starle vicino in segno di confidenza) e l’utilizzo di certi artefatti come abiti [1], cosmetici e persino tatuaggi che molto spesso si rivelano più eloquenti delle parole nel manifestare un’idea o nel lanciare un messaggio.
La Semiotica (o Semiologia) [2] è un termine della logica contemporanea che indica la teoria generale dei “segni” [3] sia di quelli di ordine linguistico che di qualunque altro “codice”. [4]
Il cosiddetto “codice linguistico” è un complesso di correlazioni tra un sistema di “significanti” che concerne il piano dell’espressione e un sistema di “significati” che riguarda il piano del contenuto. [5]
Tale teoria è articolata in una triplice ripartizione comprendente la pragmatica [6], la semantica [7] e la sintassi. [8]
Oltre alla Semiotica e alla Semiologia, un importante “linguaggio non verbale” legato alla capacità di sentire o di parlare è la lingua dei segni che veicola i propri significati attraverso un sistema codificato dei segni delle mani, delle espressioni del viso e dei movimenti del corpo ed è prettamente utilizzata dalle comunità dei segnanti a cui per la maggior parte appartengono persone audiolese.
Persino il silenzio rappresenta una forma di comunicazione nel sistema paralinguistico e non verbale e le sue caratteristiche possono essere fortemente ambivalenti.
Ilromantico silenzio tra due innamorati, ad esempio, ha un differente significato rispetto al silenzio tra due persone che s’ignorano perché non si conoscono o perché hanno litigato, ma anche in questo caso gli aspetti sociali e gerarchici assumono una connotazione fondamentale: un professore che parla ai suoi studenti in un’aula universitaria o un ufficiale che si rivolge ai suoi subalterni o alle truppe parleranno nel generale silenzio considerato una forma di rispetto per il ruolo che essi ricoprono.
Tuttavia, quello medesimo silenzio può indicare, a seconda dei casi, una eccellente o una pessima relazione; un assenso o un dissenso; una forma di concentrazione o una distrazione per cui non risponde a verità quel vecchio adagio popolare secondo cui «chi tace acconsente». [9]
Chi tace sta zitto e basta per delle ragioni che rimarranno oscure proprio perché non esplicitate e non rivelate attraverso un “linguaggio non verbale”.
Giusy Negro
[1] Utile, a riguardo, ricordare i giovani “paninari” e “dark” degli Anni Ottanta del Ventesimo secolo.
[2] Per uno studio panoramico sulla Semiotica si vedano i seguenti volumi: Maurizio De Ioanna, Elementi di Semiotica, Esselibri, Napoli, 2002, e Stefano Gensini, Elementi di Semiotica, Carocci, Roma, 2002.
[3] I segni rappresentano quello che in un “codice” viene utilizzato per trasmettere informazioni e, contrariamente ai simboli (oggetti o raffigurazioni di qualcosa di concreto per rappresentare un concetto astratto come, ad esempio, il patetico disegno del cuoricino per rappresentare l’innamoramento, oppure l’àncora quale simbolo di salvezza, la croce rossa per il pronto soccorso o la bandiera come simbolo della patria), possono rivelarsi arbitrari, cioè privi di un legane naturale con quanto effettivamente esprimono. Il “segno linguistico” unisce un “significante” (un’immagine acustica) ad un “significato” (un concetto). Per altre indicazioni sul «segno linguistico», si veda Maurizio De Ioanna, “Il segno”, in Elementi di Semiotica, op. cit., pp. 79-80: «Il segno è per Saussurre l’unione di un significante e di un significato: un’unione strettissima, così come accade per il recto e per il verso di un foglio di carta. Questa formulazione dà luogo a un importante chiarimento, in quanto, prima di essa, il termine ‘segno’ era rimasto, per molti versi, ambiguo: esso, infatti, tendeva a confondersi con il solo significante. […] Il termine ‘arbitrario’ non vuol dire che il segno, come ineludibile unione di significante e significato, è rimesso alla libera scelta del parlante, ma dice solo che il segno è tale, cioè, arbitrario, solo all’interno della lingua come sistema. A queste condizioni, non si tratta solo dell’arbitrarietà del rapporto che passa fra le parole, i segni verbali, e le cose, quello di cui, nel nostro breve excursus storico, abbiamo già avuto modo di vedere la difficoltà. Si tratta, invece, di un’arbitrarietà tutta interna al segno stesso. Un’arbitrarietà che riguarda il rapporto che tiene insieme il significante e il significato. […] Questo carattere arbitrario del segno è una condizione assolutamente ineludibile e che tale resterebbe per l’organizzazione e la concreta funzionalità di una lingua anche se questa fosse la sola lingua esistente. Il che, normalmente accade per tutti quelli che parlano una lingua sola.
[4] Cfr. Stefano Gensini, “Che cos’è un codice?”, in Elementi di Semiotica, op. cit., pp. 18-21.
[5] Per maggiori particolari sul “codice linguistico”, vedi Stefano Gensini, “La potenzialità del codice”, in Elementi di Semiotica, op. cit., pp. 88-106.
[6] Nello studio del Neopositivismo (indirizzo della Filosofia Contemporanea sorto nel 1928 e meglio conosciuto come Empirismo Logico secondo cui risulta indispensabile l’analisi logica del linguaggio con particolare riferimento ai linguaggi scientifici), la pragmatica è lo studio dei rapporti tra il linguaggio e le persone che ne usufruiscono. Per ulteriori dettagli sulla pragmatica vedi Maurizio De Ioanna, “La pragmatica”, in Elementi di Semiotica, op. cit., pp. 31-34.
[7] Letteralmente il termine “semantica” significa “scienza del significato” ed è un ramo della Linguistica (o Glottologia) che si occupa dei significati delle parole e dei mutamenti di essi. Per ulteriori dettagli sulla semantica, vedi Maurizio De Ioanna, “La semantica”, in Elementi di Semiotica, op. cit., pp. 29-31.
[8] La sintassi (o sintattica) riguarda sia lo studio delle relazioni che le parole hanno all’interno di una frase e sia l’insieme delle norme che regolano queste relazioni. Nella tradizione scolastica, la sintassi viene distinta dalla “grammatica” che si occupa, invece, della fonologia (settore della Linguistica differente dalla fonetica che studia i suoni in relazione alle loro funzioni distintive di significati classificandoli in unità astratte chiamate “fonemi”) e della “morfologia” (disciplina che studia le forme della lingua, specialmente quelle variabili come le declinazioni e le coniugazioni). Per ulteriori dettagli sulla sintattica si veda Maurizio De Ioanna, “La sintattica”, in Elementi di Semiotica, op. cit., pp. 34-36
[9] Cfr. Riccardo Schwamenthal, Michele Luciano Straniero, Dizionario dei proverbi italiani, Rizzoli, Milano, 1991, ad vocem: «Chi tace acconsente (Qui tacet, consentire videtur).»
Bibliografia
- AA.VV.: Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione – Ministero della Pubblica Istruzione, Roma, 2007
- De Ioanna Maurizio: Elementi di Semiotica – Esselibri (Ellissi), Napoli, 2002
- Gensini Stefano: Elementi di Semiotica – Carocci, Roma, 2002
- Schwamenthal Riccardo, Straniero Michele Luciano: Dizionario dei proverbi italiani – Rizzoli, Milano, 1991
- Scurati Cesare, Calidoni Paolo: Nuovi Programmi per una scuola nuova, – Editrice La Scuola, Brescia, 1985.
Discografia
- Lo Cascio Giorgio: Il poeta urbano – 1976 Divergo