La salute e la mente
Jesshu, grande Maestro Zen affermava: “Al corpo e alla mente unificati Cosa sarà impossibile”
Secondo alcuni vocabolari medici la salute s’identifica oggi, con uno stato di benessere psico-fisico e sociale in cui si trova un individuo. Ed è vero, come altrettanto vero è il concetto che ci è appartenuto fino a ieri (e forse ancora in parte ci appartiene) di salute come mancanza di malattia.
Com’è stato possibile che il potere della malattia sull’uomo abbia contagiato e prevaricato ogni sua manifestazione espressiva?
Sicuramente come conseguenza di una gestione di profitto della salute nel sociale arrivando a diventare una vera e propria industria, portando la persona a dipendere esclusivamente da un pensiero di una élite. Questo ha portato altresì, insieme ad uno sviluppo caotico e consumistico della società in campo medico/assistenziale anche a un decadimento dei valori umani e ad un allontanamento da tutto ciò che è naturale, come pure dalle nostre emozioni e dal non riuscire a viverle in modo consapevole, semplice e naturale.
Inoltre “troppo spesso l’assistenza sanitaria moderna manca di intelligenza emotiva” (Daniel Goleman – Intelligenza emotiva). Dunque abbiamo perso il contatto tra il “fuori” e il “dentro” di noi, abbiamo dimenticato il gran privilegio di avere un potere su noi stessi e lo abbiamo rivolto in modo deviato sugli altri.
Da qui la paura della malattia/morte e il delegare sempre più ad altri la nostra responsabilità, in questo caso ad una struttura codificata socialmente che si fa garante di “guarirci”. E noi vogliamo, come disse tempo fa un medico riguardo ai pazienti “… essere ubbidienti ed essere condotti per mano fino alla guarigione”.
In altre parole non vogliamo/possiamo prenderci cura della nostra salute e deleghiamo, sembra assurdo, facilmente ad altri la cosa, sperando di essere soccorsi.
La gestione della salute sì fatta non può dare i suoi frutti, non può aiutare veramente chi soffre, può solamente “aggiustare” quando ci riesce, una parte del tutto che è andato in panne. Ma l’uomo è fatto si di parti, ma interagenti tali da costituire un “tutto unico”.
In questa situazione nasce l’esigenza della persona di chiedere di più, di essere ascoltata, e questo è esattamente ciò che possono dare le medicine così dette complementari o bionaturali.
Il punto cruciale sta nel contesto filosofico di dette metodiche che si rivolgono all’essere umano come interazione espressiva energetica e depositario di una sacralità che a noi oggi sembra fuori tempo, a noi che tutto cerchiamo di incasellare e protocollare, in altre parole di controllare.
La meta della salute non è illusoria se riusciamo a equilibrare le nostre energie interiori in un confronto sempre mutevole della società e se sappiamo rispettare la totalità del nostro essere.
E’ necessario un lavoro accurato sui diversi piani dell’esistenza e un’integrazione tra corpo mente e spirito che può portare ad una visione guaritrice del profondo che oltrepassi i limiti imposti dalla materia e dal tempo.
Bisogna espandere la coscienza perché concentrarsi sul particolare non fa che aumentare la separazione tra la mente e il corpo, tra la nostra anima e quello che è bene per lei.
Alexander Lowen, psicoterapeuta e psichiatra statunitense, affermava che se non si lavora anche con il corpo i cambiamenti restano superficiali e non duraturi, dunque ciò che interessa per un’evoluzione “… non è solo ciò che dice il paziente ma quello che avviene a livello del corpo”.
Dunque la salute è uno stato evolutivo che nasce dalla parte più intima di noi stessi e si proietta nel “fuori” realizzandosi nel sociale tale da poter così esprimersi nell’essere individuo/indiviso.
Bruno Franconi