Giocare con la musica
“Il ritmo e la musica, grazie al loro carattere sentimentale, sono particolarmente atti a penetrare nell’anima e a commuoverla; allo stesso tempo, mitigano l’elemento irascibile presente nell’anima.” [1] Platone, La Repubblica
La parola non è il solo mezzo di comunicazione che distingue l’uomo fra tutti gli abitanti del mondo animale. Ne esiste un altro: la musica.
Di fondamentale importanza la parola chiave: la musica. Essa coinvolge, trascina ed per questo che va vissuta sia fisicamente che emotivamente, così da contribuire alla crescita individuale.
Musica è arricchirsi l’un l’altro e scambiarsi stati d’animo ed esperienze, crescere e star bene con gli altri, ma nello stesso tempo stimolare e conservare la propria esperienza individuale. Essa è uno stimolo che tocca sensibilità ed emozioni, influendo sull’equilibrio psichico, e, in certi casi, agendo come condizionante anti-stress.
La musica si presenta come uno dei terreni più adeguati allo sviluppo della personalità del bambino con le sue facoltà creative, con la sua sensibilità, con la sua corporeità, capacità di progettare e diventare attore del proprio apprendimento.
I bambini hanno tante cose da dire con le parole, coi disegni, ma anche con i suoni. Ed è proprio il suono, con le sue caratteristiche, che, unito ad altri suoni, fa nascere la musica vera e propria.
La musica non viene ascoltata solo da un certo tipo di pubblico, ma è universale; infatti, ognuno di noi, quotidianamente, è a contatto con suoni, rumori, e non manca la musica vera e propria: dai clacson delle auto all’ascolto della radio nei supermercati e, come sottofondo, anche da fisioterapisti, dentisti, insomma ovunque ci si trovi, c’è sempre una fonte sonora che ci accompagna nel corso delle nostre giornate.
In modo particolare, la musica ha un effetto benefico nel bambino fin da piccolissimo, o meglio, da quando è nel grembo materno; gli effetti positivi che comporta l’ascolto musicale, prima nel feto e poi successivamente, si trovano a livello percettivo, affettivo, motivazionale, creativo e, più di tutti, comunicativo. Rumori e suoni sono parte inscindibile dell’infante già dalle prime settimane di gestazione e, per il resto della vita, saranno fonte di emozioni, cura per l’anima e per il corpo, nutrimento per il cervello.
Infatti, dalle ultime ricerche effettuate in campo scientifico, anche in gravidanza la musicoterapia è vista come tecnica di prevenzione: il nucleo degli interventi effettuati prima e durante la gravidanza, in un sistema che nasce grazie ad un nuovo modo di concepire il concetto di salute e dello star bene. L’itinerario musicoterapico [2] si pone completamente nella prevenzione del disagio comunicativo e relazionale; in effetti, grazie ad un punto importante della musicoterapia attiva, il corpo è il primo strumento a disposizione della donna che i percorsi di musicoterapia aiutano a percepire quale mezzo privilegiato di comunicazione con il bambino.
Da quanto è stato finora evidenziato, la musica, o meglio, la musicoterapia, è stata al centro di molte ricerche indirizzate allo sviluppo positivo del livello cognitivo, che molti ricercatori hanno confermato già presenti nel nascituro, perché sviluppati durante la fase gestazionale.
Negli anni ci sono state molte scoperte che riguardano il suono e i suoi effetti; infatti, qualche anno fa alcuni ricercatori si dissero convinti di aver scoperto quello che poi è stato definito l’effetto Mozart [3]: subito dopo aver ascoltato una sonata del compositore, alcune persone sembravano in grado di svolgere meglio certi compiti cognitivi.
Anche se oggi la maggior parte dei ricercatori è abbastanza scettica sull’esistenza di una specifica funzione della musica di Mozart, nel frattempo è diventata talmente famosa che i cd del compositore hanno fatto la loro apparizione anche nei corsi pre-parto, sperando di sviluppare l’intelligenza dei nascituri.
In qualche modo già si intravede, in questi esempi, la funzione di quella che chiamiamo musicoterapia.
Il termine, in sé, potrebbe confondere la persona comune, in quanto letteralmente assume un unico significato, appare come una terapia che cura solo delle patologie particolari, e invece esiste un ulteriore utilizzo di tale tecnica: la prevenzione del disagio nella scuola dell’infanzia.
Prima di introdurre il progetto che ho ideato per la scuola dell’infanzia, è doveroso preparare il terreno, cercando di spiegare le basi della musicoterapia. I riferimenti sicuri in questo campo sono da attribuire ai fondatori di questa disciplina, e in particolare a Carl Orff e al suo strumentario [4].
Ma per poter parlare di possibili proposte didattiche, c’è la necessità di fare un passo indietro nel tempo e vedere quali siano stati i passaggi che hanno portato alle norme attuali. Quindi si tratterà di riassumere la storia degli orientamenti didattici e la pedagogia musicale elaborata dagli studiosi, in genere pedagogisti famosi che in passato hanno inteso la musica come pratica specifica per l’educazione. Oltre ai riferimenti storici alle esperienze passate nella scuola dell’infanzia, anche a quelle contemporanee e alle scoperte successive, si sono potuti notare anche i metodi migliori e sicuramente più adeguati per l’educazione all’ascolto, seguiti dalle esperienze già sperimentate da Giordano Bianchi e dall’invenzione musicale di Monique Frapat.
In questo quadro, la mia proposta di progetto è indirizzata ai bambini di età compresa tra i tre e sei anni come prevenzione del disagio nella scuola dell’infanzia, ed ha come obiettivo quello di creare un gruppo che “giochi” con i suoni cercando di ascoltare, produrre, imitare, inventare, con tutto ciò che si può definire musica, sempre ricordando che in bambini così piccoli il concetto è collegato ad attività molto concrete con una connotazione però magica e fantastica.
Un linguaggio gioioso che tende a far dimenticare le difficoltà del relazionarsi agli altri mediante espressioni che possono utilizzare senza sforzo e in differenti modi, senza competizioni e contatti del tipo giusto-sbagliato, ma accettando tutti i possibili stili espressivi messi in atto dai bambini stessi.
Insomma, il linguaggio musicale, in quanto linguaggio universale, facilita l’integrazione di alunni con difficoltà d’apprendimento, alunni con disagio e alunni appartenenti a diverse culture.
Uno degli obiettivi principali è quello di stimolare la naturale fantasia dei bambini per attuare un processo il più possibile creativo, tenendo conto delle difficoltà di verificare quanto c’è di guidato e quanto c’è di spontaneo. Il lavoro è basato su un principio elementare: il bambino apprende fin dalla nascita (in realtà da molto prima) dall’ambiente circostante e la sua mente si struttura pian piano in un continuo gioco di scambi principalmente con le figure per lui più significative.
Egli sarà in grado di elaborare, mediante connessioni sempre più complesse, la realtà che lo circonda, la quale diverrà la sua “realtà”, in modo che possano essere in lui stimolate fantasia e creatività.
Inoltre la musica, essendo uno dei famosi linguaggi non-verbali, stimola l’espressione e la comunicazione e contribuisce perciò a far sì che il bambino stia bene con se stesso e con gli altri: come ogni attività artistica, stimola l’autonomia e la creatività, ma nel frattempo si avvantaggia della cooperazione (pensiamo ai giochi musicali d’insieme, al cantare in coro, all’animazione di gruppo) e incoraggia dunque alla socializzazione e alla collaborazione.
Come per tutti i linguaggi, anche quello musicale si può sviluppare solo in presenza di un gran numero di stimoli per poter essere poi elaborato originalmente.
Questo progetto implica un percorso creativo con un altro, più strutturato e guidato, in cui il bambino apprende principalmente per imitazione; questo è anche il modo in cui impara a parlare: ascolta i genitori e tutti gli altri e pian piano cerca di imitarli, e ciò avviene grazie all’utilizzo di canzoni adatte agli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Ideato per mettere alla prova i sensi e la capacità del bambino, l’educazione musicale è rivolta a migliorare ulteriormente i fattori fondamentali per il pieno sviluppo del bambino.
Infatti, le attività dei giochi sonori, le canzoncine accompagnate da esercizi di psicomotricità e simili, affinano nel bambino la capacità di operare discriminazioni tattili; inoltre le attività di animazione, svolgendosi essenzialmente con movimenti del corpo, delle dita delle mani, delle braccia, contribuiscono alla struttura dell’immagine e al miglioramento della coordinazione (ad esempio tra l’occhio e la mano, tra una mano e l’altra, tra mani e piedi, ecc..). I giochi, le attività sono sempre diverse, poiché i bambini si stancano di fare sempre le stesse cose e vogliono cambiare gioco.
Perciò, questo intreccio di attività non è solo bello e divertente per loro, ma è un modo per stare insieme e scoprire tante cose. Diventa così un modo per parlare e relazionarsi agli altri.
Tale progetto è solo l’inizio di un percorso che continuerò a seguire nel corso dei miei studi futuri, perché è un mondo che va scoperto continuamente nelle sue sfaccettature, come il bambino: va osservato attentamente, per scoprirne lati sempre nuovi.
Tutto ciò è la chiave di una passione verso il mondo infantile, che mi accompagna fin dai primi studi pedagogici e psicologici, seguiti con un interesse particolare sempre maggiore.
[1] Platone, La Repubblica, III, 800d-805e, trad. it. di F. Gabrielli, introd. di F. Adorno, Rizzoli, Milano 1994. Platone conosceva i profondi legami che congiungono sensibilità e musica affermando, che «la migliore educazione scaturisce dalla musica perché l’armonia e il ritmo penetrano nel più profondo dell’anima e se ne impossessano donando a colui che ne benefica saggezza e ragione» (ivi, II, 37be). Nel II e III libro della Repubblica Platone analizza la funzione della poesia e della musica nella formazione dei guardiani. Questa antica forma di educazione è per Platone insostituibile, finché poesia e musica, grazie al loro potere suggestivo, penetrano facilmente nell’anima dei giovani e la formano come nient’altro potrebbe fare: la poesia mediante le immagini e gli esempi, la musica mediante le armonie che possono ingentilire o rafforzare il carattere. Ma proprio l’efficacia educativa che Platone riconosce alla poesia e alla musica lo spinge a sottoporle al superiore vaglio della filosofia.
[2] Cfr. R. Coluzzi (a cura di), Musicoterapia e gravidanza, il Minotauro, Roma 2004, p. 13.
[3] www.bintmusic.it
[4] G. Orff, Musicoterapia-Orff. Un’attiva stimolazione dello sviluppo del bambino, trad. it. di L. Mauro, riv. da A. Dal Bianco, Cittadella, Assisi 2005.
Dott.ssa Giusy Negro
Dottore in filosofia, docente di musica, musicoterapeuta e psicopedagogista
clinica
negro.giusy@libero.it