Dal mondo orologio ai sistemi non lineari
Verso un nuovo rapporto tra scienza e natura
La scoperta che i sistemi biologici si comportano come sistemi non lineari comporta un cambiamento essenziale nei modi di operare e nelle finalità della scienza e della tecnologia.
Se in un mondo lineare , come lo si intendeva prima della nascita della teoria dei sistemi, un mondo che potremmo definire “newtoniano”, dove tutto è predicibile e scomponibile nelle sue parti componenti, una piccola perturbazione produce un effetto limitato e governabile, nei sistemi non lineari sappiamo che una piccola perturbazione può produrre effetti molto grandi o addirittura catastrofici per il sistema stesso.
La teoria del caos, applicabile ai sistemi complessi e non lineari, non garantisce nulla infatti sul comportamento del sistema nel caso in cui, al verificarsi di certe condizioni non conoscibili a priori, una delle molte variabili del sistema assuma un valore anche di poco differente da quelli che lo mantengono stabile nel tempo.
La conseguenza più eclatante dell’approccio sistemico riguarda la necessità per chi si occupa di scienze naturali, considerate nella sua più ampia accezione possibile, di coinvolgere esperti e strutture in rami “collaterali” al suo “sapere” e possibilmente raggiungere una visione “corale” che esprima la sintesi delle conoscenze maturate sul sistema esaminato. E, una volta maturata questa visione unitaria, ne consegue naturalmente la necessità di modificare la struttura stessa della “conoscenza scientifica”.
In sostanza si tratta del superamento definitivo dell’approccio riduzionistico , ancora oggi dominante che, se può ancora andar bene per analizzare in profondità singoli fenomeni, non è più sufficiente se l’oggetto è un sistema complesso. Uno dei problemi principali da affrontare in questo senso è ammettere che la causa “materiale”, l’unica considerata dal paradigma scientifico attuale, non è sufficiente a spiegare tutti gli effetti di una funzione sulle altre che agiscono sul sistema che può, di conseguenza, generare il mantenimento dell’equilibrio oppure la sua instabilità.
Come ha scritto il fisico teorico Marcello Cini (vedi libro di Marcello Cini “Un paradiso perduto”, Feltrinelli Editore-1994) siamo probabilmente di fronte alla rivincita di Aristotele che nella sua immagine del mondo identificava una causa finale nello scopo per cui il sistema ha avuto origine, un aspetto forse troppo frettolosamente abbandonato dalla scienza moderna.
L’importanza dello studio a livello sistemico diventa fondamentale se l’oggetto in esame è il nostro ecosistema che non può più essere considerato il semplice “ospite” della vita nei suoi molteplici aspetti bensì il regolatore naturale degli equilibri che ne permettono la continuazione e lo sviluppo. D’altra parte le leggi cui obbediscono i fenomeni naturali non ammettono eccezioni e l’approccio della scienza non può fare a meno di tener conto che le risorse del pianeta sono necessariamente finite e che la conoscenza delle interrelazioni tra le parti, a causa della sua complessità, travalica le nostre possibilità di analisi e di governo.
L’altra conseguenza di questo cambio di paradigma, forse ancora più cogente, è costituita dalla necessità di considerare l’ambiente, non solo nei suoi aspetti sociali e culturali ma anche come vincolo determinante ai fini delle regole che lo scienziato deve seguire nei propri compiti di studio e ricerca.
In altri termini possiamo affermare che la scienza non può più essere neutrale rispetto al contesto in cui opera e dunque il suo codice deontologico non segue regole universali ma è costretto ad adeguarsi alle emergenze che il contesto stesso le impone.
Più specificatamente,se ci riferiamo a come continuare ad indagare ed a modificare i rapporti dell’uomo con la natura e le sue risorse, la domanda , o la sfida, come ha affermato il filosofo della scienza Philippe Roqueplo (vedi libro di Marcello Cini “Un paradiso perduto”, Feltrinelli Editore-1994) che la scienza in generale si deve porre oggi non è più come dominare la natura ma come sopravvivere alle conseguenze di questo dominio.
Un esempio lampante di questa necessità è la continua quanto affannosa stipula dei Trattati di non proliferazione delle armi nucleari allo scopo di cercare di evitare la catastrofe definitiva del pianeta che la scoperta dell’energia nucleare , con tragici fatti, ha dimostrato come possibile…
Un’attenzione critica alla filosofia della scienza aiuterebbe sicuramente tutte le persone che operano nello studio dei sistemi complessi a indirizzare i loro sforzi per una comprensione delle relazioni piuttosto che sulle funzioni dei singoli componenti. In definitiva l’approccio filosofico può condurre ad una visione che riunisce i diversi aspetti della realtà che la visione attuale della scienza tenderebbe a spezzettare in mille rivoli ,cercando significati che può trovare solo nella sua integrità.