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Koutamakou e i Batammariba: l’intreccio perfetto tra Uomo e Natura

Foto di T. Joffroy, CRATerre-EAG – Copyright UNESCO

“Koutammakou” è il nome di una grande regione semi-montana del nord-est del Togo, che si estende oltre il confine col Benin.
La regione è un paesaggio culturale vivente¹ occupato dai “Batammariba”, un popolo caratterizzato culturalmente dalla continua ricerca di armonia tra Uomo e ambiente.
Il paesaggio presenta nel suo insieme i tratti di una società agricola che vive in accordo con una natura, base delle credenze, dei riti e di tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Koutammakou è un esempio di relazione diretta e di scambio costante tra l’essere umano e l’ambiente nel quale egli vive; alla base di questa relazione c’è il rispetto dei ritmi e dei tempi della natura e la consapevolezza della dipendenza della vita dell’uomo dalla terra.

Patrimonio dell’UNESCO
La forte volontà dei Batammariba di conservare la loro indipendenza e la loro libertà, unitamente alla particolare posizione geografica di Koutammakou, hanno favorito il buono stato di conservazione del sito e della sua identità.
Nel 2004 il sito è iscritto nella lista dei siti Patrimonio Mondiale dell’UNESCO² come esempio di patrimonio materiale e immateriale, e come prova reale della possibilità di organizzazione sostenibile della vita degli uomini, nel rispetto del loro territorio e del loro ambiente.

Storia e origini
I Batammariba appartengono all’area culturale Paragourma e occupano il territorio che va dal nord-est del Togo fino a 15 km oltre il confine col Benin.
La regione è montuosa, occupata dal massiccio dell’Atacora e caratterizzata dalla savana.
L’origine dei Batammariba resta ancora incerta. Secondo alcune tradizioni orali, i Batammariba sono i figli di Fawaafa, un serpente che ha covato le sue uova in un posto segreto.
Da queste uova sono nati i loro primi antenati. Secondo altri racconti, sono degli autoctoni venuti dal cielo, in un luogo in precedenza disabitato.
Una delle ipotesi, inoltre, è quella di una discendenza dai Dinaba³. Dinaba è anche il nome del re dei Mossi, Moro Naba.
Questa credenza supporta la tesi secondo la quale i Batammariba hanno soggiornato presso i Mossi e i Gulmatchéba e che siano dunque originari della regione ad ovest o nord-ovest dell’Atacora.
Considerando le tradizioni orali di questi popoli, in effetti, questa resta l’ipotesi più probabile.

Struttura della società
I Batammariba si sono opposti con forza, nel corso degli anni ,alle dominazioni esterne e, all’interno della loro società, rifiutano l’idea della concentrazione del potere in un’unica persona.
Secondo un proverbio tammari (dei Batammariba) “L’uomo è uomo”: gli uomini, dunque, sono tutti uguali, e pertanto soggetti alle stesse regole.
Questa visione non implica una struttura orizzontale della società: quest’ultima è organizzata in classi d’età, alle quali corrispondono precisi diritti e doveri.
La famiglia fondatrice del villaggio gode di alcuni privilegi, così come i capifamiglia (“Okoti”) responsabili del culto.
Gli Okoti sono scelti in base all’età, ma anche in base alla loro intelligenza e capacità di esprimersi.
Un forte spirito comunitario caratterizza ogni villaggio.
Una figura molto importante per la gestione di quest’ultimo è il “Katenkaya” (“Prete della terra”), discendente dei fondatori del villaggio e rappresentante dei diversi clan che lo compongono.
Egli è responsabile delle funzioni religiose e della ripartizione delle terre. Un aspetto interessante della gestione dei terreni è la presenza di un “gestore” diverso dal proprietario.
La persona che si occupa di un terreno appartiene sempre ad un clan diverso da quello di colui che lo possiede; quest’ultimo, a sua volta, sarà responsabile del terreno appartenente alla persona che si occupa del suo terreno, stabilendo così un rapporto di reciprocità nel dualismo gestore-proprietario.
Gli alberi presenti sui diversi terreni appartengono al Katenkaya che si occupa della ripartizione equa dei loro prodotti, evitando situazioni di conflitto.
Ogni anno, inoltre, vengono organizzate grandi battute di caccia comuni.
Queste attività hanno una grande valenza simbolica e cerimoniale e il loro scopo è quello di rafforzare lo spirito comunitaristico all’interno del villaggio.

L’equilibrio
La cultura tammari crede profondamente nella necessità di equilibrio.
Tutto sembra tendere a questo fine: la struttura familiare allargata è a carattere patrilineare e matrilineare, l’abitazione è suddivisa equalmente in uno spazio maschile e uno femminile e tra vivi e morti.
A livello culinario, per esempio, i Batammariba hanno una grande varietà di piatti che permette loro di avere un’alimentazione equilibrata.
Grazie alle loro competenze di coltivatori e allevatori, infatti, essi hanno a disposizione una grande varietà di animali, ortaggi e cereali.
La ricerca di equilibrio la si ritrova anche nella presenza sistematica di due clan all’interno di ogni villaggio: i “rossi” e i “neri” che abitano in due zone distinte.
Questa ripartizione territoriale è interrotta dalla presenza di alcune abitazioni dei rossi nei territori dei neri e viceversa. Ciò testimonia, ancora una volta, lo spirito comunitario di questo popolo, la sua costante tensione verso l’”unità nella diversità”.

La religione
I Batammariba sono animisti. Il loro mondo è popolato di forze che s’incarnano in elementi naturali e in animali. Alcuni esseri umani, in quanto veggenti, hanno la facoltà di comunicare con queste forze.
Ciò che predomina è il culto degli antenati e del dio creatore, Kuyé, rappresentato dal sole. I defunti non soltanto influenzano il destino dei vivi, ma sono anche “donatori di vita”, in particolare quelli che vengono chiamati “Grandi Morti”, cioé gli spiriti di coloro che si sono distinti particolarmente, in vita, nella guida dei rituali sacri.
Secondo i Batammariba, in ogni essere vivente c’è il soffio vitale di un defunto che ha voluto la sua nascita.
Ecco perché è indispensabile per gli umani ricordare i nomi degli antenati, al fine di mantenere una comunicazione con loro.
La “Takienta” (l’abitazione tradizionale) rappresenta innanzitutto uno spazio favorevole al riposo e al culto degli antenati.
Ogni membro della famiglia ha un altare per offrire, all’interno dell’abitazione, sacrifici agli dei.
Quando un uomo o una donna muore, il suo altare viene immediatamente distrutto.
In seguito, la persona viene rappresentata sul muro della Takienta. Altri altari sono situati all’esterno della Takienta, per gli spiriti degli animali uccisi durante la caccia o per gli spiriti sotterranei.
Il luogo preferito dagli spiriti degli antenati è di solito un posto lasciato allo stato brado, che non sia coltivato e dove non ci siano costruzioni. L’accesso a questo luogo è limitato ai momenti cerimoniali.
In questo luogo gli antenati si incarnano in elementi naturali (alberi, pietre, rocce, acqua ecc.), facendone così un boschetto o una foresta sacra.

Il villaggio e i suoi spazi
Koutammakou è una regione dove si pratica prevalentemente un’agricoltura di sussistenza e l’allevamento di bovini.
I raccolti rappresentano uno dei momenti più importanti sia per la sopravvivenza del villaggio sia per la vita sociale dello stesso. Essi sono accompagnati da riti e da cerimonie, momenti durante i quali si fanno offerte agli dei.
Dal punto di vista tecnico, i villaggi sorgono sempre in prossimità di risorse idriche,e le abitazioni sono sempre costruite in maniera tale da lasciare quanto più spazio possibile ai terreni coltivabili.
Il villaggio è costituito da un raggruppamento di più abitazioni, abbastanza lontane le une dalle altre.
Secondo alcune leggende, la distanza tra le abitazioni è determinata dallo spazio percorso da una freccia scoccata. In realtà questa distanza è dovuta all’esigenza di indipendenza delle famiglie.
Ogni abitazione può funzionare come un’unità autonoma e autosufficiente grazie alla presenza di terreni coltivabili intorno.
Il villaggio prevede la presenza di altri membri della stessa fratria del fondatore o quelli di un altro clan o lignaggio.
Ogni clan dispone di uno spazio comprendente boschetti sacri, boschetti-cimitero, alberi, pozzi, rocce sacre e posti riservati alle iniziazioni. L’accesso limitato ad alcune zone della regione per pratiche sociali e religiose permette, inoltre, di proteggerle e preservarne la biodiversità.

La ricerca di equilibrio nell’architettura: la Takienta
L’abitazione tammari ha l’aspetto di una piccola fortezza.
La Takienta viene spesso chiamata “tata”; con questa parola si designano, in tutta l’Africa occidentale, tutte le costruzioni a scopo difensivo.
In ogni caso, se ci si limita a immaginare la Takienta come un mero spazio difensivo, si rischia di non comprendere a fondo la cultura tammari, di cui l’abitazione tradizionale è un ottimo esempio.
Lo spazio abitativo tammari è carico di significati simbolici e denota una continua ricerca d’equilibrio.
Nella Takienta, la dualità uomo-donna è segnata da una separazione secondo l’asse est-ovest.
La metà a sud, quella destra, è allo stesso tempo quella del sacro e quella dell’uomo; la metà a nord, quella sinistra, è destinata alla donna.
Questa separazione riguarda anche i granai: a sud c’è un granaio con semi a connotazione maschile (sorgo, riso, miglio), mentre a nord vengono conservati nel granaio delle donne prodotti a connotazione femminile (fagioli, frutta, arachidi).
La facciata principale dell’abitazione, che prevede un’unica porta d’entrata, è sempre rivolta verso ovest, al riparo dalle pioggie e dal vento invernali.
Altra divisione simbolica è quella tra il piano terra, destinato ai morti e al bestiame, e il primo piano dell’abitazione, destinato ai vivi.
L’abitazione è considerata come un tempio e gli altari destinati alla protezione e al culto degli antenati sono postizionati principalmente al piano terra.
La terrazza, invece, ospita l’altare della dea della fertilità Litakon. Sulla terazza vi è anche un’apertura sacra, coperta da una pietra utilizzata come tavola per la cena.
È attraverso questa apertura che lo spirito di un defunro lascia la casa. All’occorrenza, essa viene utilizzata anche come pietra tombale.

La vita, la morte, la malattia
La cultura tammari dà molta importanza al culto degli antenati. I Batammariba comunicano con gli antenati attraverso i feticci e per mezzo dell’intervento degli Okoti. I morti vengono interpellati anche in caso di malattia, per conoscerne le cause e i rimedi. 
È anche per questa ragione che ogni abitante del villaggio possiede un altare al quale fare sacrifici al dio per domandare la guarigione.
La medicina cosiddetta “occidentale” non ha ancora raggiunto questa remota regione del Togo dove si preferiscono ancora tecniche di cura naturali, legate alla tradizione e alla religione.
La vita e la morte sono fra loro fortemente interconnesse. I due eventi sono codificati con precisione e non vedono la presenza di medici professionisti.
Il nascituro rappresenta la reincarnazione di un antenato. Durante la gravidanza la donna più anziana della famiglia fa delle ricerche e consulta degli indovini per idenficare con certezza l’antenato che sta per reincarnarsi.
In alcuni clan, per la prima gravidanza di una donna che possiede una dote, si organizzano alcune cerimonie intorno al terzo o quarto mese per confermare e proteggere il concepimento.
Dopo otto o nove mesi di gravidanza, secondo gli usi e costumi del clan, un indovino effettua le ultime cerimonie prima del parto con lo scopo di facilitarlo.
Quando la donna è pronta, un’anziana del villaggio l’aiuta a partorire: il neonato avrà il suo nome come nome popolare. Il suo nome proprio gli sarà dato qualche giorno dopo la nascita da una zia, uno zio o uno dei nonni.

I Batammariba oggi
La società tammari è in continua evoluzione. Il cambiamento avviene sia per cause endogene sia per gli apporti esterni.
Le guerre etniche, le invasioni, le colonizzazioni, la schiavitù, l’indipendenza hanno provocato dei cambiamenti nel paesaggio culturale di Koutammakou.
Nell’epoca contemporanea il cambiamento è dovuto allo sviluppo di nuove vie di comunicazione, al commercio, alla monetarizzazione, alle nuove religioni cosi’ come alle nuove pratiche mediche, alla scolarizzazione, alla centralizzazione amministrativa.
Questi fenomeni rappresentano allo stesso tempo una fonte di arricchimento e di aggressione per la società tammari.
Nonostante le circostanze, il senso di appartenenza ad una ben determinata cultura, con pratiche e tradizioni definite, resta forte e intatto.
Le espressioni culturali ed identitarie, quali ad esempio i riti d’iniziazione all’età adulta o la struttura abitativa, sono persistenti e mantengono la loro funzione di coesione sociale e di trasmissione culturale.
Certo, i giovani partono sempre più spesso dai villaggi, la “modernità” fa il suo ingresso attraverso il turismo o nuove tecniche mediche, ma la base della cultura tammari resta immutata.
L’equilibrio, il rispetto dell’ambiente, l’armonia continuano a caratterizzare questo esempio di comunità che pratica modi di vita sostenibili e rispettosi della natura e dell’Uomo.

Note
1 – Per la definizione di “Paesaggio culturale”:
http://it.wikipedia.org/wiki/Paesaggio_culturale
http://whc.unesco.org/en/culturallandscape/
2 – http://whc.unesco.org/fr/list/1140
3 – Popolazione del Chad
4 – Popomazione del Burkina Faso
5 – Popolazione del Burkina Faso

Fabiola Sica
Mediatrice culturale, Editor e Trainer nell’ambito di progetti socio-culturali e di volontariato internazionale in Italia e all’estero
fabiolasica@hotmail.com

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