La malattia come manifestazione del Logos (3/3)
Marcel Pauget più di cinquant’anni fa, scriveva:
Se i genetici potessero tener conto di questa indicazione, se riuscissero cioè ad ottenere che l’uomo futuro rivolga la propria coscienza verso il microcosmo con la stessa energia e la stessa perseveranza che impiega per affrontare la sua vita sociale, allora forse vincerebbero la loro battaglia. […] Perché, nonostante l’opinione della scienza oggettiva, ogni creatura infinitamente piccola, come la cellula, possiede una coscienza che, d’altronde, mira quasi esclusivamente alla soddisfazione delle immediate necessità vitali. Ora, tra queste, il bisogno di libertà occupa un posto preponderante, assai più importante a questo livello evolutivo di quanto lo sia nel mammifero. D’altra parte è forse questo bisogno formidabile di libertà, tanto più grande quanto più piccolo è l’essere, che sta all’origine della “indeterminazione”, caratteristica della vita intra-atomica di certe particelle elementari. […][1].
La riflessione di Pouget sull’indeterminazione della vita intra-atomica e il collegamento con il senso di libertà, merita ancora oggi considerevole attenzione da parte nostra. Quali effetti inspiegabili possono infatti sortire nel porre dei limiti a qualcosa che non può essere determinato, proprio perché ha in sé l’aspirazione alla libertà? Può da questa necessità di determinare ciò che determinabile non è, scaturire un ‘conflitto’ alla base delle malattie e in particolare delle patologie autoimmuni? Abbiamo visto come la scelta dell’organismo di deviare dall’equilibrio è in qualche modo funzionale all’economia dell’insieme, del sistema. La malattia è la ricerca di un nuovo equilibrio dinamico. Il corpo, dunque, sceglie la malattia? Potremmo azzardare di sì. La scelta è principalmente quella di esercitare la propria libertà e palesare la propria sovranità. Ne deriva che le cellule sono in grado di compiere una scelta. Logos, termine che deriva dal greco légο (λέγω), significa sì raccontare, pensare, parlare, ma ha anche significato di scegliere. Nella manifestazione del Logos si compie dunque una scelta e tale scelta rappresenta l’aspirazione alla ricerca dell’ordine e dell’equilibrio in un sistema divenuto disordinatamente instabile. Disidentitario. La nostra personale libertà di scelta rimasta inespressa, compressa, diviene creazione centrifuga che si manifesta nel corpo attraverso il Logos e il cui obiettivo è di instaurare nuovi, diversi ulteriori legami e, dunque, cercare di attuare il riconoscimento, la ‘risocializzazione’ di quelle parti del corpo che si sono escluse e riconoscere allo stesso tempo la sovranità di ognuna di esse.
Le trame invisibili diventano, grazie al Logos, visibili. Grazie a Sheldrake oggi possiamo vedere i sistemi regolati non soltanto dalle leggi conosciute dalla scienza fisica, ma anche dai quelli che il biologo definì campi morfogenetici, ossia campi organizzativi invisibili. Il Logos diviene lo spazio ‘logico’ attraverso cui l’informazione passa dal livello invisibile a quello visibile e sensibile (dal latino “sensibĭlis”, sentire, percepire). Nel contesto storico-culturale sappiamo quanto la parola Logos svolga un ruolo decisivo alla genesi dell’idealismo nella tradizione della filosofia classica tedesca e del romanticismo. Verrà recuperato in pensatori come Hamann e Herder nel significato platonico di unità di discorso e ragione, ma qui si vuole evidenziare come una concezione astratta, dunque invisibile, si trasmuta in forma visibile e concreta abitando uno ‘spazio fisico’, (il corpo), un luogo in cui il Polemos si emancipa in Logos. La malattia è un canale di espressione di un disagio, attraverso la malattia questo disagio diviene visibile ai nostri e agli altrui occhi (vorrei si tenesse in considerazione, tra l’altro, che il pensiero stesso non è così astratto come sembra; è prodotto da cellule cerebrali e mediato da molecole proteiche, segue quindi processi fisici, materiali). Il Logos si contrappone al Caos, al disordine. Nelle antiche culture il mondo è diviso in una parte di Caos e in una parte di Logos che si alternano e si bilanciano e rappresentano i grandi princìpi di creazione e distruzione che in fisica si spiegano con la legge dell’entropia (grado di disordine di un sistema) che causa il decadimento, e la legge della sintropia o neghaentropia per cui pian piano le cose si aggregano, crescono, si sviluppano, evolvono. Queste due energie sono opposte ma complementari. Nel Caos domina il conflitto, Polemos, che è l’aspetto dinamico del Logos, la condizione che permette la creazione del Logos, dal conflitto e dal contrasto nasce una nuova armonia, la possibilità dell’evoluzione.
Nelle malattie autoimmuni il conflitto assume tutta la sua connotazione di forza e di energia che ha necessità di concretizzarsi in uno spazio fisico ben definito. La risposta immunitaria consiste nella reazione del sistema immunitario ad un antigene, dunque nell’instaurarsi di un conflitto, della Polemos. Tuttavia, non sempre il sistema immunitario è in grado di attivare una risposta adeguata contro i microrganismi invasori ed è quello che avviene nel caso del disturbo da immunodeficienza e nel caso, appunto, delle malattie autoimmuni in cui tale conflitto sembra non giungere a conclusione, o meglio a trasformazione. Può accadere, infatti, che il sistema immunitario scambi l’endogeno per l’esogeno e attacchi i tessuti dell’organismo causando un disturbo autoimmune, mantenendo la Polemos attiva incessantemente, con le cellule in continuo stato di difesa e di attacco. In fase di disimmunità la persona ha in sé una energia considerevole, tale energia è introiettata, in un certo senso può essere definibile come ‘energia protetta‘, in quanto tale si accumula fino alla naturale necessità di sprigionarsi dando il via a processi di auto-distruzione cellulare. Come insegna la Medicina Tradizionale Cinese, è l’eccesso di energia (che causa infiammazione e intossicazione) a determinare la carenza di energia ed è nella carenza di energia che si fa strada la malattia. Un’energia ‘protetta’ equivale a stagnazione, significa non permetterle di circolare e rinnovarsi, questo va contro la legge della dinamicità dell’Universo. L’Universo è dinamico, così l’uomo e tutti gli esseri viventi. La stagnazione non può che allontanare dall’evoluzione.
La parola controllata e repressa, il non detto e il non espresso ristagnano, fino a formare il ‘grande sasso’. Per questo è necessario intervenire prima, nella fase di disimmunità, per individuare, liberare e reindirizzare verso nuovi lidi questa energia.
Il conflitto ci mostra che c’è qualcosa di importante da apprendere, forse anche una reiterata modalità comportamentale, il modo di affrontare e di elaborare le esperienze. È interessante notare in proposito come Bach utilizzava i Fiori Chestnut Bud e White Chestnut nelle patologie croniche, patologie che ricorrono e si ripetono, ma che evidenziano probabilmente il ripetersi di una modalità di comportamento che va a ripercuotersi evidentemente sul funzionamento cellulare[2]. La pratica iridologica in questo si rivela fondamentale e insostituibile, in grado di cogliere le dinamiche fisiche, emotive, energetiche e spirituali dell’individuo.
Disposizione genetica, ambiente, patogeni, traumi, sembrano avere un ruolo scatenante nell’emergere della malattia autoimmune, ma batteri e virus non troverebbero porte aperte se il terreno della persona fosse ben ‘concimato’. Anche uno stressor non avrebbe la stessa incidenza se non venisse percepito come tale. Questi sono aspetti basilari sui quali il Naturopata pone estrema attenzione. Tra le domande da porsi vi sono: «Cosa incide sull’equilibrio del terreno dell’individuo in un determinato “tempo” e in un determinato “spazio”, e perché?» e «Cosa interviene a far sì che il sistema immunitario cada nel caos?».
È fondamentale tener conto che qualsiasi stimolo dipende dalla percezione che si ha della realtà, per questo trovo illuminante il concetto di «false percezioni» di cui parla il Dott. Sankaran. Egli ci offre un’interpretazione necessaria alla comprensione delle dinamiche interne all’individuo. Secondo Sankaran le «false percezioni» rappresentano «un’alterazione illusoria della realtà e la malattia rappresenta anch’essa una falsa percezione del presente. L’intero stato mentale di un individuo è l’espressione di questa illusione (o falsa percezione). […] La guarigione coincide con il ristabilimento della salute e l’Uomo la ottiene se si rende conto della propria falsa percezione della realtà»[3].
Tuttavia, l’evoluzione dell’Uomo ritengo sia possibile se, oltre al rendersi coscienti delle dinamiche interne, si affianchi l’impegno costante nel modificare le modalità consolidate di percezione. La coscienza, unita all’esperienza, può divenire fulcro e al contempo frutto di quello che definisco Metabolismo del dolore, in grado di trasformare un ‘peso invalidante’ (il ‘grande sasso’) in un’inquietudine feconda, di cui la coscienza umana si nutrirà a sua volta, andando ad arricchire quell’eredità che i nostri genitori e i nostri avi ci hanno lasciato, facendo sì che i nostri geni esprimano la loro straordinaria potenzialità.
Sappiamo che la cellula mantiene la memoria di tutti i processi a cui è sottoposta, ma sappiamo anche che è in grado di scegliere e di decidere quale informazione far entrare o meno. Attraverso il processo epigenetico un comportamento che si replica in maniera costante diviene proprietà genetica, si tratta di una trasmissione non attraverso il codice genetico, ma tramite l’influenza del comportamento sul codice genetico. Quindi credo sia naturale chiedersi se possa essere possibile ripristinare la memoria del funzionamento corretto della cellula attraverso diversi comportamenti reiterati nel tempo. Forse uno dei primi passi è quello di scegliere e discernere le informazioni che vogliamo fare entrare, scegliere e discernere i comportamenti che vogliamo mettere in atto e reiterare, scegliere e discernere quel che vogliamo comunicare al nostro prossimo e a tutti gli esseri viventi, scegliere e discernere dove rivolgere il nostro sguardo, la nostra osservazione attenta, il nostro pensiero cosciente. Nella scelta possiamo renderci liberi, liberi di volgerci verso l’adempimento del nostro progetto personale e universale.
Prima che a guidarci sia il ‘grande sasso‘.
Maria Laura Gargiulo
[1] M. Pouget, L’immortalità fisica, Edizioni Mediterranee, Roma 1973, p. 44.
[2] Per un approfondimento si veda R. Orozco, Fiori di Bach. Principio Transpersonale e Applicazioni Locali. Territori Tipologici, Edizioni Centro Benessere Psicofisico, Torino 2021
[3] Rajan Sankaran, Lo Spirito dell’Omeopatia, Salus Infirmorum, Padova 2004, p. 31.