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Pace quando?

Giorni or sono mi sono imbattuto in un cartello di un gruppetto di testimoni di Geova, come capita sovente nelle nostre città.

Il cartello recitava: PACE QUANDO?

Al di là di ogni interpretazione religiosa, mi è venuta spontanea una risposta.

“Pace quando? ” Qualcuno si chiede e la risposta è semplice, anche banale se vogliamo, se siamo però su di un certo cammino interiore, altrimenti la risposta è sempre giustificata nei comportamenti dell’altro. La risposta è: “Quando si fa pace…ma con chi !? Semplice, con se stessi!”

Il nostro approccio a questo tema, a questo desiderio che è poi di tutti, perché nessuno razionalmente desidera la guerra, non è il cercare fuori quello che semplicemente è dentro di noi Solamente se elaboriamo, se indaghiamo dentro di noi , se cerchiamo di aprire la nostra coscienza potremo trovare la pace che cerchiamo fuori.

Dunque l’istanza è ESSERE, è vivere in quello stato che noi tutti del resto vogliamo. Da qui si deve ripartire.

Prima serve consapevolizzare che non godiamo della pace dentro di noi, che non la viviamo nel profondo, che il nostro agire è di frequente reattivo e di parte. Molto spesso seguiamo degli schemi o mode che ci vengono proposti che seguono leggi commerciali o di interesse privato, o di opportunismo politico, schemi legati ad una economia di una società di parte governata dalla legge del più forte ovvero in definitiva di convenienza.

Secondo le filosofie induiste siamo nel pieno dell’era del Kali Yuga, l’ultimo dei quattro tempi, il più decadente e nefasto di tutti, un’epoca oscura dominata dall’ignoranza e dai conflitti e dall’abbrutimento dell’animo umano, anche se, nello stesso tempo si può vedere un germogliare di una nuova presa di coscienza. Di fatto a questa epoca seguirà la rinascita.

Inoltre noi stessi siamo legati a quello che nel buddhismo viene chiamato il “piccolo Io”, quell’io non maturo, cioè dipendente dalla fenomenologia cangiante della vita e che si trasforma inevitabilmente in Ego.

Dunque serve prima conoscere per poi liberare questa piccola ma potentissima istanza interiore che governa irrimediabilmente le nostre vite per aprirci al vero e al nuovo. Altrimenti resteremo ancorati sempre più ad una dualità che inevitabilmente ci logora.

Bisogna superare questa polarità, che permea tutta la nostra vita e la nostra stessa mente condizionata e allora potremo parlare di libertà. Necessita una ricerca interiore, una trasformazione radicale di pensiero e di azione che soltanto una pratica, che vada oltre l analisi razionale, può dare.

Questo si ritrova nel contatto con se stesso, ancor prima che nell’altro, come dice il grande Krishnamurti nei suoi scritti, affermando come la meditazione sia la “via di salvezza dell’ uomo”, con la sua pratica unita ad esercizi fisici che vadano a smuovere sapientemente e in modo mirato l’energia di base.

Solamente allora si potrà vivere l’altro come espressione di un “Sé” maturo che nell’ induismo si esprime nel concetto del “Namastè”, famoso saluto rivolto a chi s incontra, riconoscendo così nell’altro il divino che è in lui.

E allora potrà nascere un nuovo sentimento globalizzato che darà vita a quel “uomo nuovo” profetizzato dai vari Aurobindo o da Nietzsche.

Bruno Franconi

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Bruno Franconi

Dall’approccio tipicamente occidentale come istruttore di ginnastica della FGI sono arrivato al movimento consapevole come espressione di una interiorità manifesta nel corpo, successivamente dalle ginnastiche dolci al training autogeno, passando attraverso esperienze del Taj ji Quan e del Qi Gong e di diverse scuole esoteriche ( Gurdjieff e Gnosi ) sono arrivato nel 1995 a diplomarmi alla scuola Keiraku Shiatsu stile Masunaga. La scuola mi ha dato la direzione e l’impronta di un' indagine dell ' interiorità. Il sistema olistico, con le sue tecniche energetiche e l’interazione con l’altro hanno permesso questa esperienza legandola sempre alla ricerca di un equilibrio tra il personale e il sociale. Contemporaneamente le diverse scuole di yoga e il pensiero orientale hanno portato a ricercare quella maturità di una libera espressione individuale nel praticare e nell’insegnare lo Yoga visto come mezzo evolutivo dell’uomo nella società. La scuola Brahmananda Yoga di Roma, la scuola Yoga ODAKA di Roma e l’ ISYCO di Bologna hanno contributo ad una maggiore conoscenza e “apertura” delle tecniche adeguate all’evoluzione dei tempi, unite congiuntamente ad uno sviluppo della consapevolezza. Gli aspetti psicologici del buddismo e la pratica della meditazione Vipassana hanno dato un’impronta chiara al percorso.