L’unità corpo/psiche nella somatotopia auricolare
La relazione tra la posizione fetale e il padiglione auricolare è uno dei punti cardine dell’auricoloterapia (figura in alto).
L’intuizione di Paul Nogier nel 1951, fu quella di immaginare una vera e propria carta geografica che riproducesse l’anatomia umana in varie zone del corpo umano.
Quale spunto ci offre questa straordinaria figura ancestrale? La possibilità per ogni punto dell’orecchio di teorizzare una corrispondenza riflessa con ogni parte del corpo[1].
Partendo dal presupposto che la stimolazione di un determinato punto possa produrre l’effetto terapeutico di ristabilire una omeostasi interna dell’organo, apparato o funzione psicofisiologica “malata” in disequilibrio, che può provocare nella persona una sintomatologia specifica e corrispondente.
Il processo di omeostasi è dunque fondamentale nell’auricoloterapia quanto in psicologia, per cui un organismo vivente per ri-stabilire o stabilire un buon contatto con se stesso ha il bisogno di “uscire” da una modalità “malata”, fissata e coercitiva, per il corpo come per la psiche; cercando internamente una risposta che consenta una maggiore autoregolazione interna organismica.
Questa riposta interna avviene neurofisiologicamente attraverso la stimolazione di un determinato punto del padiglione auricolare a cui è collegata una determinata zona cerebrale (via afferente), passando successivamente (via efferente) per l’organo o il sistema fisiologico interessato; attraverso i normali processi di feedback psicofisiologici che coinvolgono il nostro organismo vivente.
Quindi per essere meno dotti ma forse più chiari, la stimolazione passa nel nostro cervello, crea un effetto nel caso dell’Auricoloterapia prevalentemente endorfinico[2], e va a posizionarsi nell’area corporea a cui quella particolare zona cerebrale è interessata.
Di ritorno c’è un ulteriore effetto soggettivo e psicologico che avviene durante e dopo l’avvenuto, quanto auspicabile, processo omeostatico dell’organismo.
A questo punto vi starete domandando se sia più importante l’aspetto organico o quello psicologico nell’Auricoloterapia?
Una risposta precisa non esiste, ma è inconfutabile come, nel momento in cui ci si domanda questo, si compia implicitamente una operazione mentale artificiale, rispetto a quello che può essere facilmente osservabile.
Uso il termine “facilmente osservabile” per questo motivo, di fatto specificare l’importanza e la validità dell’ Auricoloterapia se prevalente o da un punto di vista corporeo o da un punto di vista psichico, se volete da un punto di vista oggettivo o soggettivo, è come voler specificare se in, questo stesso momento, voi stiate osservando maggiormente il feto oppure l’orecchio nella figura precedentemente illustrata (figura in alto).
Vi propongo un cosa per uscire da questa dicotomia, un piccolo esperimento sul hic et nunc[3], provate a guardare la figura con attenzione ed incominciate ad immaginare che il feto sia la psicologia e l’orecchio sia il corpo.
Noterete che esse esistono co-abitando senza sforzo alcuno, come se le due entità fossero complementari ed assemblate armoniosamente tra loro.
Il problema, vostro malgrado, è che non potete dividere nulla nel caso in cui anche voleste farlo, sforzatevi pure di guardare o solo il feto o solo l’orecchio, ma il risultato sarà sempre lo stesso; perché le due figure si muovono dinamicamente con la conseguenza di rappresentare una unità indissolubile: una Gestalt[4] tra corpo e psiche.
È probabile che i vostri movimenti oculari incominceranno a “ballare” insieme alla figura, questo avviene non perché state impazzendo ma semplicemente perché, che lo vogliate o meno, i vostri occhi hanno un senso del movimento molto più spontaneo e armonioso a dispetto dalla vostra corteccia cerebrale superiore, in cui l’aspetto più razionale è custodito come se fosse “tutto l’oro del mondo”.
Non a caso l’elaborazione dell’informazione visiva è mesencefalica (collicoli inferiori) precedente a quella della corteccia cerebrale superiore.
A questo punto sono convinto che qualcuno di voi radicato com’è nei suoi convincimenti dicotomici e scissori starà provando a vedere solamente l’orecchio? Inutile non ci riuscite, l’effetto che otterrete potrà essere solo un vago senso di nausea di fronte al “dover compiere” una operazione forzata, come normale reazione a “un qualcosa” che non reca in sé una sola “cosa”, ma bensì due integrabili tra loro, quanto intellettualmente lontane tra loro.
L’organismo reagisce con la nausea, il disgusto di fronte a situazioni che richiedono uno sforzo inutile ed eccessivamente intenso di fronte a situazioni ambientali e percettive del tutto naturali e spontanee, che invece richiederebbero soltanto l’”abbandonarsi” a ciò che si presenta nella sua naturalezza senza “dover” ricercare chissà cosa.
È come sa a un bambino di fronte al suo giocattolo preferito in cui egli vede due forme diverse e che nel suo processo creativo egli fa giocare in due modi diversi, ci fosse una madre[5] che gli stesse accanto a dirgli: “Smettila! Devi vedere solo quello per cui ti ho fatto il regalo”.
Il bimbo sarebbe costretto a introiettare una sola “cosa”, mal digerita, e a doversi sforzare nel far esistere quell’unico introietto, dettato dall’esterno, a tutti i costi, passando la vita a sforzarsi in modo coercitivo nel far esistere una sola immagine interna, quando egli ne vedeva, a buona ragione, due integrabili tra loro che si muovevano spontaneamente senza alcuno sforzo.
Ecco fate un cosa a questo punto nel guardare l’immagine ancestrale del feto rovesciato di Paul Nogier, smettetela di guardare con gli occhi da adulto e ri-prendete quegli occhi ingenui di quel bambino, prima che una madre rompiscatole[6] vi abbia detto di “dover” guardare quello che non vedevate, facendovi sentire inutilmente in colpa.
Rimpadronitevi dell’ambiguità percettiva perché ormai da adulti, si spera, voi siate in grado di gestirla e, forse, di capire che essa non è poi così tanto cattiva come culturalmente la nostra società occidentale ci ha sempre fatto credere e tendente a stigmatizzare ogni cosa “incerta” e poco chiara.
Ad ognuno poi la libertà di esprimere e di guardare maggiormente o uno o l’altro, se si preferisce l’aspetto del feto (Psiche) o l’aspetto dell’orecchio (Soma)[7]. Fatelo pure liberamente ma l’unità della figura vi riporterà all’esatto opposto nel suo straordinario movimento danzante e spontaneo.
La somatotopia, in questo caso auricolare ma ce ne sono diverse all’interno del nostro corpo, ci insegna così come quel termine tanto trendy ai giorni d’oggi di Olismo (dal greco “holon”, cioè tutto), basato sull’idea che le proprietà di un sistema non possano essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti, abbia una sua esistenza semplicemente guardando con gli occhi “di un bambino” senza dover pensare a chissà quale pre-giudizio nei confronti dell’immagine stessa osservata; come purtroppo ci hanno spesso insegnato per diventare “adulti”.
Le Gestalt tra corpo e psiche, visibili nelle somatotopie, sono rappresentate nell’orecchio come nell’occhio[8], nei piedi come nelle mani, ne siamo pieni.
Come si fanno a vedere? Bé Provate a immaginare come fece Paul Nogier e come i cinesi fecero già circa 5000 anni fa, prima dell’avvento di Internet quando l’”era analogica”, dettata dall’emisfero cerebrale destro era molto più avanzata della nostra amata e odierna “era digitale”, in cui i percorsi sono già prestabiliti e siffatti.
Mentre la percezione non segue nessun binario unico ma è frutto della nostra esperienza interna, creativa e soggettiva.
[1] A buona ragione la tecnica di Auricoloterapia è denominata anche Riflessologia Auricolare.
[2] L’endorfina (o endorfine) è una sostanza chimica di natura organica prodotta dal cervello, dotata di proprietà analgesiche e fisiologiche simili a quelle della morfina.
[3] Locuzione latina che significa: “Qui e ora”.
[4] Il tutto è più della somma delle semplici parti.
[5] Nel senso anche di un qualcosa di “esterno” al proprio agire autonomo.
[6] Quasi tutti ne abbiamo avuta una.
[7] Da qui la “Grande Guerra” sempiterna tra coloro che credono nell’oggettività e coloro che credono nella soggettività delle cose.
[8] Un esempio evidente è quello dato dall’Iridologia.
Dr. Alessandro Drago
Psicoterapeuta – Bioterapeuta
Specializzando in Psicoterapia Gestaltica Integrata