La Filosofia del Benessere
“Mens sana in corpore sano”: questa massima latina, tratta da Giovenale (Sat. X, 356), esprimeva l’ideale della perfezione umana, e però, più che un’affermazione apodittica, era una preghiera da rivolgersi alla Divinità (il che confermerebbe un altro detto secondo il quale “non si muove foglia che Dio non voglia”).
Ma la frase è circolare, nel senso che può anche essere rovesciata in “Corpus sanum in mente sana”.
Da dove partire, dunque?
E perché partire, perché porsi il problema, se tutto è già stabilito nelle Alte Sfere e, come dice Dante, ogni cosa “cade a provveduto fine”?
Ma questa è filosofia pura, e del resto un’altra massima dice: “Aiutati che il ciel ti aiuta”.
Una cosa è certa: senza una mente organizzatrice il corpo non potrebbe sussistere, almeno così com’è.
La mente, dunque, viene prima del corpo.
Più che la mente diciamo la coscienza.
E la coscienza non è il risultato di un processo chimico, come vogliono i positivisti, secondo i quali i pensieri, i sentimenti, i vizi e le virtù sono dei prodotti chimici, come il vetriolo e lo zucchero: è la coscienza la grande organizzatrice e ordinatrice di tutte le cose, quindi anche del corpo umano.
C’è, naturalmente un’interazione fra mente e corpo, perché la Coscienza originaria, da cui tutti deriviamo, una volta imprigionata nel corpo che lei stessa si è costruita, si modifica, da universale si fa individuale, ristretta, relativa (“Perduta / nello spazio infinito / la Coscienza / si è costruito un cervello / e vi è rimasta / intrappolata”), ma se si riesce a invertire il processo partendo dalla coscienza, si possono ottenere risultati davvero sorprendenti.
Se noi, prima di educare il corpo, cerchiamo di crearci una mentalità e una disposizione d’animo favorevole, una sorta di fiducioso abbandono, nei confronti del corpo, questo può esserne influenzato: è noto che anche quella che noi chiamiamo suggestione riesce ad influire sul fisico.
A questo proposito la meditazione trascendentale o mantra yoga (consistente nella semplice ripetizione, a livello sottile, di un mantra, l’esercizio più facile del mondo, reintrodotto in Occidente dal Maharishi), torna indubbiamente utile.
Questa pratica si pone come un’alternativa alla psicanalisi e alla psicosintesi, che muovono rispettivamente, come dicono le parole, da una analisi e da una sintesi, valide entrambe allo scopo, ma che presentano dei limiti e delle difficoltà.
È vero, infatti, che la psicosintesi (la nuova scienza fondata da Assagioli), al contrario della psicanalisi, si propone non di rimuovere i conflitti della psiche (che con tale cura non scompaiono mai del tutto e definitivamente), ma di risolverli attraverso una sintesi armonica e totale, ma ciò non toglie che anch’essa abbia appunto dei limiti.
La meditazione trascendentale, invece, possiede entrambi i requisiti, dell’analisi e della sintesi, col vantaggio che i due processi si svolgono pressoché simultaneamente e vengono portati avanti dal soggetto stesso, senza l’intervento di altri, conducendo ad una stabile unità e quindi all’equilibrio e alla risoluzione dei contrasti.
Sul piano fisiologico i primi effetti sono una riduzione della velocità del metabolismo, un rallentamento del battito cardiaco e della respirazione, nonché una variazione nell’attività elettrica del cervello e un forte aumento della resistenza della pelle, il che significa una diminuzione del livello di ansietà.
In questo modo il sistema nervoso viene purificato automaticamente e spontaneamente dagli stress e dalle tensioni emotive.
Ma c’è di più.
Una volta ottenuti buoni risultati sul piano fisiologico e ristabilito l’equilibro fra il corpo e la psiche, il soggetto sentirà la necessità di procedere oltre, verso nuove dimensioni, inesplorate e affascinanti, cosa che non accade con altre pratiche o esercizi fisici o spirituali.
Nel campo mentale, infatti, questa tecnica conduce verso livelli di pensiero raffinati, inquantoché l’impulso che determina il pensiero arriva alla nostra percezione in qualità di pensiero soltanto nelle ultime fasi del suo sviluppo, e perciò attraverso questo processo di raffinamento la mente trascende la più sottile attività pensante, raggiungendo la sorgente del pensiero e quindi uno stato di pura consapevolezza.
Solo provocando il silenzio mentale si può procedere sulla strada della vera conoscenza, e la vera luce nasce laddove il buio è più profondo.
Diceva Graham Greene: “Dove più presente è Dio, là si trova anche il suo nemico, e dove il nemico è assente noi disperiamo talvolta di vedere Dio”.
È ovvio che anche la meditazione trascendentale può non funzionare, ma se la si pratica con metodo, con costanza, con fiducia, senza ansia e senza fretta di ottenere dei risultati, con la mente, con l’animo e col corpo sgombri da preoccupazioni, e sotto la guida e il controllo di un esperto, i primi risultati sul piano fisiologico non tardano ad arrivare.
Naturalmente ad una simile pratica deve accompagnarsi l’assunzione di cibi e di bevande che non le siano di impedimento, e anche qui bisogna tenere presente un altro detto (questa volta di Feuerbach) secondo cui “l’uomo è ciò che mangia”.
Utile, a tale proposito, la dieta macrobiotica.