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La valenza didattica dei “linguaggi non verbali” (2/3)

L’Educazione all’Immagine

Per quanto riguarda, la valenza educativa del “linguaggio non verbale” nell’ambito dell’Educazione all’Immagine, essa riguarda sempre, come per tutte le discipline del resto, l’impegno dell’Istituzione Scolastica a promuovere la piena formazione della personalità dell’alunno in una prospettiva che non soltanto lo renda capace di portare avanti il processo di costruzione della sua identità personale, ma che lo conduca anche ad essere in grado di interagire con la realtà che lo circonda nel suo contesto socio-culturale.

La società contemporanea tra i suoi “linguaggi non verbali” (soprattutto con l’avvento, o meglio, il sopravvento della tecnologia e di questo nuovo “dio” chiamato Internet) adatta in maniera sempre più diffusa il cosiddetto “linguaggio inconscio”.

L’alunno, infatti, è letteralmente immerso in situazioni che presentano un’utilizzazione dell’immagine per trasmettere significati, messaggi, indicazioni sia in casa che fuori.

In casa il bambino coglie le immagini attraverso la televisione, lo smartphone, il tablet o il notebook oppure attraverso le confezioni sui prodotti medicinali o sui prodotti alimentari; fuori casa, invece, percepisce le immagini relative ai cartelli della segnaletica stradale, ai vari tipi di manifesti o alle insegne pubblicitarie.

Tutto questo pone in evidenza ai suoi occhi che la comunicazione umana non si esprime soltanto attraverso la “parola”, ma anche tramite forme, colori, simboli e raffigurazioni.

Con la diffusione a livello esponenziale della tecnologia e di internet, la cultura dell’uomo contemporaneo è stimata come caratterizzata addirittura dalla prevalenza dell’immagine che riesce ad essere più facilmente comunicativa della parola scritta.

Tra l’altro la massima confuciana secondo cui «un’immagine vale più di mille parole» è antichissima, proprio perché l’immagine con la sua grafica sinteticità si rivela un mezzo di comunicazione molto intenso e penetrante.

Il linguaggio umano deve essere considerato e valorizzato in tutta la sua importanza culturale e se i linguaggi costituiscono lo strumento attraverso cui l’uomo traduce il suo pensiero e i suoi sentimenti in segni grafici (parole), in disegni, simboli o icone, ne consegue che la scuola deve promuovere una competenza d’uso dell’alunno non soltanto del “linguaggio verbale” al quale, comunque, deve essere riconosciuto un ruolo fondamentale, ma anche dei “linguaggi non verbali” quali il “linguaggio inconscio”, il “linguaggio iconico”, il “linguaggio musicale”, il “linguaggio corporeo”, il “linguaggio mimico” e il “linguaggio gestuale”.

Pur venendo, in ordine d’importanza, dopo il “linguaggio verbale”, tutti questi “linguaggi non verbali” risultano comunque complementari se si desidera veramente promuovere al massimo la capacità espressiva e comunicativa del bambino.

Da un punto di vista pedagogico, la complementarietà dei “linguaggi non verbali” è giustificata dall’esigenza di rendere l’alunno sempre più capace di esprimere e comunicare nell’ambito delle più diverse spiegazioni interdisciplinari, nonché in ordine a qualsiasi codice utilizzato a livello sociale.

La valenza didattica del “linguaggio iconico”, ad esempio, promuove nell’alunno la competenza, la comprensione e l’interpretazione nell’uso dell’immagine nelle due fondamentali procedure che caratterizza la comunicazione, vale a dire il “ricevere” un messaggio e “produrre” un messaggio.

La comunicazione, infatti, viene generalmente impostata con “fasi ricettive” e “fasi produttive” per cui, proprio da un punto di vista strettamente didattico, occorre impostare delle unità di apprendimento che promuovano da una parte una crescente capacità di “lettura” delle immagini e dall’altra una crescente capacità di “creazione” di immagini per trasmettere un pensiero, un’idea o anche uno stato d’animo.

Oltre alla valenza didattica, il “linguaggio iconico” dispone di una importantissima valenza pedagogica finalizzata a far superare al bambino un comportamento tipico della seconda infanzia che è quello di osservare e considerare la realtà prettamente sotto un’ottica psicologica egocentrica alla luce soprattutto delle esperienze affettive ed emotive.

Sul piano formativo, invece, occorre condurre l’alunno verso una capacità di attenzione costante e di osservazione più continuativa dato che senza tali atteggiamenti egli non può veramente esercitare il suo potere di analisi oggettivo.

Questo potere di analisi è indispensabile per impostare il passaggio dall’esplorazione percettiva dell’immagine presa in considerazione alla sua rappresentazione mentale costruita con i vari significati che l’analisi ha consentito di cogliere, per cui tanto più efficace risulta il potere di analisi tanto migliore sarà la rappresentazione mentale di quell’immagine.

Un’immagine, inoltre, può presentarsi non soltanto con una funzione denotativa, ma anche con una funzione connotativa che impegna il bambino in un’interpretazione di azione più oggettiva.

Questo impegno interpretativo deve essere poi applicato a livelli più complessi nell’interpretazione non più soltanto di azioni, ma anche di veri e propri stati d’animo.

Il “linguaggio iconico” ovviamente coinvolge anche il disegno in quanto anche il disegno è visto come un’immagine di comunicazione.

Con la nuova riconsiderazione interpretativa della disciplina di “Arte e immagine” si è superata la concezione che reputava il disegno come una mera espressione inerente ad un’attività mentale fortemente ancorata ad un’abilità di carattere innato per cui al disegno veniva riconosciuto un valore espressivo a condizione che si trattasse di un disegno libero, cioè di un’attività in cui l’insegnante non doveva interferire per non distogliere l’attività creativa dell’alunno.

Con le nuove Indicazioni Nazionali, [11] invece, sul piano pedagogico il disegno è stimato non soltanto come libero mezzo espressivo, ma anche come strumento di comunicazione di “linguaggio non verbale”.

Pertanto, quando il disegno viene utilizzato per comunicare, occorre riconoscere che si può intervenire didatticamente per aiutare l’alunno ad impostare meglio tale comunicazione, ossia per migliorare la sua abilità in quest’arte figurativa.

klimkin / Pixabay

I problemi fondamentali che il fanciullo presenta nel disegnare sono quelli relativi da una parte all’uso dell’intero foglio e al rispetto dei fondamentali “assi spaziali” (destra-sinistra, avanti-dietro, sopra-sotto) e dall’altra a quelli inerenti alla rappresentazione della figura umana.

Tali problemi vengono però positivamente risolti proprio grazie all’insegnamento dell’Educazione Fisica la quale, con il suo “linguaggio corporeo non verbale”, consente al bambino di acquisire un crescente controllo degli assi spaziali insieme, come si è detto, all’elaborazione del suo schema corporeo.

Per quanto concerne, infine, la valenza didattica del “linguaggio musicale non verbale”, l’insegnamento della Musica può essere utilizzato sia come traduzione ritmica dei movimenti corporei compiuti e sia come commento di sottofondo sonoro delle medesime azioni rappresentate.

Sia nella prima che nella seconda ipotesi l’insegnante dovrà puntare alla reciproca valorizzazione espressiva delle due forme di linguaggio: quella corporea e quella sonora con particolare attenzione all’aspetto ritmico per il quale l’alunno manifesta una spontanea propensione.

Da parte sua, la danza si riallaccia strettamente a tutte le attività gestuali e corporee e il modo più semplice d’insegnarla ai bambini della Scuola Materna (ora Scuola dell’Infanzia) e della Scuola Elementare (ora Scuola Primaria) è quello di fare inventare a loro stessi dei passi di danza o una elaborazione coreografica mediante una sollecitazione musicale.

Tra l’altro, a mio dire, essendo la musica qualcosa di magnifico, di misterioso e di universale, già in età prescolare il bambino manifesta il desiderio di esprimersi con un “linguaggio non verbale” come, ad esempio, battere il palmo delle mani, battere i piedi, percuotere diversi oggetti a tempo di musica oppure muoversi assecondando la musica, cioè ballare.

 

Giusy Negro

 

[10] Cesare Scurati, Paolo Calidoni, Nuovi Programmi per una scuola nuova,Editrice La Scuola, Brescia,1985.

[11] Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Roma, 2007


Bibliografia

  • AA.VV.: Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione – Ministero della Pubblica Istruzione, Roma, 2007
  • De Ioanna Maurizio: Elementi di Semiotica – Esselibri (Ellissi), Napoli, 2002
  • Gensini Stefano: Elementi di Semiotica – Carocci, Roma, 2002
  • Schwamenthal Riccardo, Straniero Michele Luciano: Dizionario dei proverbi italiani – Rizzoli, Milano, 1991
  • Scurati Cesare, Calidoni Paolo: Nuovi Programmi per una scuola nuova, – Editrice La Scuola, Brescia, 1985.

Discografia

  • Lo Cascio Giorgio: Il poeta urbano – 1976 Divergo

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Giusy Negro

Laureata in Filosofia, Diplomata in Pianoforte presso il Conservatorio di Lecce, Master in Operatore Psicopedagogico, Master in Musicoterapia, Master in "Comunicazione e relazione didattico educativa con l'adolescente", Master in "Innovazione Didattico Educativa dell'insegnamento disciplinare: Filosofia, Storia", Master in "Perito Psicopedagogico", Master in "Criminologia, Autrice di Pubblicazioni e libri, Docente specialista di lingua Inglese e di Educazione Musicale. Docente della Scuola di Naturopatia Borri ora Campus FRAMENS