Reportage dalla Cina
Pochi giorni per fare il gioco delle parti tra la coscienza olistica crescente in occidente e l’antica cultura medica cinese, con il mio bagaglio da naturalista viaggiatrice, ma soprattutto turista riflessologa!
Sono sicura che l’andare direttamente all’origine di tanto mio studiare mi regalerà una consapevolezza diversa nel mio agire come operatore olistico. Non mi sono sbagliata … anche se ciò che riporto indietro è un pò diverso dalle mie aspettative!
Pochi giorni, ma sufficienti per girovagare nella grande Pechino, una vera metropoli sviluppata in altezza e larghezza, cinque anelli a quattro corsie (il sesto in costruzione) sospesi a mezz’aria, consentono di evitare le strade cittadine sottostanti, anch’esse grandi, tutto comunica movimento, funzionalità, efficienza. Le macchine scorrono come fluido senza sosta e senza intoppi, gli autisti dei taxi isolati da pannelli dai passeggeri, per puro desiderio di non contatto e non per difesa come nei taxi americani, non emettono mai un disappunto per i folli che “cambiano direzione”.
Gli hotel ed i mega centri commerciali ( una quantità impressionante e in aumento, con grande orgoglio degli abitanti sembra) definiscono il panorama, come atolli tra un mare di auto in movimento sospese tra il quarto ed il quinto piano degli edifici attorno.
La globalizzazione ci ha resi vittime e carnefici ma credevo, chissà perché, che in questa terra avrei trovato comunque i segni geneticamente indelebili della loro magnifica antica ricerca dell’armonia con l’ambiente, la delicatezza dei colori e dei paesaggi dei racconti dei tempi degli antichi imperatori, una eredità alla quale non avrebbero potuto comunque rinunciare. In realtà ho tremato mentre atterravamo vedendo la cappa indecifrabile che ricopriva tutta l’area.
Dopo l’atterraggio non si ha più scampo, ci si sente come quei poveri pesci dell’acquario di casa quando li lasci nell’acqua sporca .
La cosa più disarmante è che per rendere vivibile a livello “respiratorio” questa città – è necessario che si “provochi” la pioggia, normalmente il fine settimana, tuoni vento e la mattina dopo si vede il cielo- così mi ha raccontato una gentilissima italiana che lavora lì da molti anni.
Ok, ora so che alla fermata dell’autobus zona Piramide non mi lamenterò più così tanto per i tubi di scarico e le polveri sottili!
Questa modernità ha tolto molto all’antico fascino di questa civiltà ed è evidente quando si visita il Palazzo d’Estate e lo si immagina avvolto da colori e riflessi, tramonti e fioriture, doveva essere davvero emozionante, i luoghi storici sono tutti caratterizzati da spazi ampi, edifici avvolti da elementi naturali ed elementi naturali adornati da splendide architetture, l’armonia, il seguirsi e compenetrarsi dello yin e dello yang, le regole del Feng Shui, tutto è riconoscibile, questo è ciò che studiamo della cultura cinese, questo ci aspettiamo di trovare noi occidentali che riconosciamo i benefici dei loro insegnamenti.
Ma qui tutto parla di malesseri della modernità. I palazzi abitativi di 15, 20 piani sono forniti di balconi tutti successivamente chiusi da vetrate a causa dell’inquinamento e delle tempeste di sabbia che periodicamente travolgono la città, provenienti dai territori della Mongolia afflitti dalla desertificazione.
Così niente finestre … condizionatori per ogni appartamento, milioni di condizionatori appesi all’esterno degli edifici che bruciano ventiquattro ore al giorno. Questo grande popolo a Pechino vive in abitazioni molto piccole con i vestiti stesi ad asciugare al chiuso, per lo più lavorano in mini stand o mini negozi compressi tra prodotti-copie di grandi marche, piani e piani trasformati in alveari, spazi commerciali enormi, dove il compratore gioca il suo ruolo.
Il turista ha denaro da spendere, con un cambio favorevole, ma soprattutto non conosce quanto sia poco costosa la produzione di quei prodotti, quanto poco valga il lavoro ripetitivo di tanta manodopera disponibile, così i venditori hanno capito che il prezzo può essere davvero come quello di una bottiglietta d’acqua a San Pietro in pieno agosto.
Business è la parola che più senti pronunciare da tutti, cinesi e stranieri i quali vengono qui per questo da ogni parte del mondo. Qui la mia natura tutta “recupero dei valori e del sano” perde la bussola: come piccoli illuminati in Italia parliamo ai nostri figli di benessere vero, di rispetto di ciò che si ha, di educazione al non consumo eccessivo, di riciclaggio, poi arriviamo qui e la frase magica è “abbasso la qualità a 360°, viva il comportamento autolesionista per noi e per i nostri vicini di casa”.
Mi butto nella mischia, mi faccio tirare da una parte all’altra, contratto sui prezzi, gioco seguendo il ritmo e l’atmosfera, ma mi sento trasformata comunque in un elemento di un sistema che mi sconcerta e intristisce. Compro foulard per le amiche, regalini per le persone care e aspetto con ansia di trovare quello che sono venuta a cercare.
Pechino è stata trasformata a tavolino, via il vecchio assetto urbano e spazio al nuovo utilizzando la prospettiva consumistica, ciò avrebbe potuto non significare impoverimento culturale ed ambientale , al contrario avrebbe potuto essere davvero una prova di vera avanguardia, la vera rappresentazione per tutto il resto del mondo degli antichi insegnamenti fondati sul profondo benessere dell’uomo.
Dietro piazza Tian’an Men vi è una zona chiusa al traffico con vicoli stretti e polverosi, strade non asfaltate e macerie, vecchie insegne che raccontano al contrario dell’aspetto di spazi vissuti. Le guide raccontano che quella zona verrà presto sostituita da nuovi palazzi abitativi, della vecchia città sono state conservate solo due strade principali in quella zona e Hutong (viuzze che portano alle antiche residenze con corti interne che univano più famiglie, ambienti poveri molto caratteristici) a scopo turistico.
La ricchezza di questa città sembra che trovi e dovrà trovare espressione nella maestosità degli elementi architettonici del passato e del futuro, in un tutto esteriore che sacrifica e comprime l’uomo che vive in esso. Ma è proprio al chiuso invece che gli abitanti di questa città vivono, all’interno di queste enormi strutture multi funzionali, vi passeggiano nella pausa pranzo, preferiscono muoversi lungo infiniti corridoi che collegano un edificio all’altro.
La loro stessa percezione del contatto fisico in spazi limitati è diversa. Si ha la sensazione a volte che siano davvero un unico elemento in movimento. L’equilibrio lo cercano in magnifici parchi sparsi nella città (a pagamento come ogni altra cosa), curati nei minimi particolari, davvero fondamentali in una città come questa.
La vigilanza nelle strade è costante, sembra che non vi sia delinquenza, vi sono ovunque militari impettiti che sostano sull’attenti, ruotano a destra ed a sinistra con fare severo la testa e si spostano su linee immaginarie con geometrie perfette, tutto molto in contrasto con la percezione che si ha nelle nostre città.
La cultura militare si avverte nell’ordine e nelle regole silenziose. Una splendida donna cinese mentre visitiamo il Tempio dei Lama mi racconta del suo essere atea perché figlia di militari e quindi educata ad una visione unicista della vita e di come la sua espressione spirituale la realizzi nello studio e nella conoscenza, anche questo un diritto acquisito in questi ultimi decenni di storia. Mi racconta delle regole tacite di questa società, di relazioni difficili tra uomini e donne.
Per comprendere alcuni aspetti del loro sentire mi racconta che i cinesi al tempo della costruzione della Grande Muraglia si sposavano molto giovani e facevano subito figli, consapevoli che poi sarebbero dovuti partire per la “grande costruzione”, necessaria per la difesa del popolo cinese dagli invasori, una sorta di servizio militare che non li avrebbe mai più fatti tornare a casa poiché morivano per la fatica e le condizioni estreme che si trovavano a vivere.
Questo senso di obbedienza e di mancanza di individualità è forte, tutto funziona perché nessuno si esprime fuori dal coro, negli stessi luoghi di lavoro pubblici che ho potuto frequentare, i dipendenti lavorano controllati da un loro collega di grado superiore che trascorre la giornata alle loro spalle, a volte persino con un piccolo banchetto strategicamente posizionato, pronto ad intervenire nel caso di un piccolo rallentamento.
Sono tanti i volti di questo popolo che colpiscono: rimanevo a guardare gli anziani condotti per mano, con grande reverenza . Nei luoghi turistici, la maggior parte delle persone è costituita dagli stessi cinesi provenienti dalle campagne, ammirati dalle grandezze della loro storia e dei loro antichi imperatori, come dal buco di una serratura, cercano di possedere ed essere parte di ricchezze così inimmaginate.
È ora di buttarsi in uno dei tanti “Massage center” della città, sono davvero numerosi, posizionati su strada come negozi e aperti anche di notte.
La scelta va su un centro di ciechi massaggiatori, i più apprezzati mi dicono. L’ambiente è una variazione di un nostro piccolo centro estetico. Poltrone con poggiapiedi si dividono lo spazio con la cassa dei pagamenti, un acquario e l’immancabile televisore su una parete.
L’ambiente è stretto, diviso da pareti che permettono la presenza di alcune stanzette dove viene fatto il body massage in tutte le sue varianti ( intero, parti, normal guasha, hot pot). La mia scelta è senza esitazioni il “foot heat massage”, sono pronta a lasciarmi andare per un’ora e seguire consapevole tutte le manovre. Mi siedo su una delle poltrone e tolgo le scarpe, pronta arriva una tinozza di legno dove metto i piedi.
È bollente, resisto … la massaggiatrice comincia con l’allentarmi la tensione sulle spalle ed il collo in modo deciso, troppo per i miei gusti, ad un cenno di dolore la sua azione si fa più decisa, resisto … finalmente mi stendo. Si siede su uno sgabellino molto basso e mi asciuga i piedi, lasciandone uno avvolto nel panno per dedicarsi al massaggio un piede alla volta.
I suoi movimenti sono decisi, scioglie la caviglia, le dita, poi comincia a percorrere dall’alto verso il basso il piede avvolgendolo con le mani lateralmente come se avesse diviso il piede in due parti longitudinalmente. Questo le permette di percepire con i pollici eventuali blocchi che lei prontamente lavora solo con le “nocchie”con un movimento rotatorio in profondità, un lato alla volta, dall’alto verso il basso.
Il piede, mi sembra di capire, per lei va lavorato per linee verticali con grande pressione , senza esitazioni e il dolore per alcuni blocchi deve essere portato con la manipolazione ad un livello molto acuto, capisco e resisto… completata la ricerca di resistenze su tutta la pianta, ripercorre la pianta con la mano chiusa a pugno, facendo scorrere le nocchie tutte insieme, sempre dall’alto verso il basso.
Ora si sposta sulla parte superiore, massaggia la zona sopra le dita con una spinta nella mia direzione, penso ai meridiani che vengono cosi stimolati, poi i lati del piede, spina dorsale non per punti, lato esterno del piede molto piacevole, sale e giunge ai malleoli… qui la sua azione per me è davvero inaspettata, si concentra sul malleolo mediale, caparbiamente sulla noce, spinge e ruota, confusa cerco una teoria che mi sostenga… non è nervo sciatico mi dico … non resisto! Nessuna pietà, ad ogni mio cenno di dolore, lei aumenta la pressione in modo spiazzante ( volevo alzarmi e toglierle le mani), mi aggrappo alla poltrona e resisto… (sono qui che scrivo abbracciando le zampe della sedia con le caviglie e al contatto sento ancora dolore: a distanza di due settimane, l’edema in quel punto si sta riassorbendo, capillari comparsi successivamente sono ancora visibili e non credo comunque che rientreranno).
Nel frattempo, dei cinesi si accomodano accanto a me per lo stesso massaggio, è tardi, mi dicono che dopo si dorme bene, li vedo rilassati presi dalla televisione. I loro massaggiatori sono più giovani ed il loro approccio non sembra così violento … lei sarà una della vecchia scuola … mi dico sono stata fortunata .. Il tutto si ripete sull’altro piede, ringrazio e mi alzo…!!
Il giorno successivo, ancora sconcertata, mi sembra giusto non far cadere così la cosa e trovare più elementi per avere una visione più consapevole e non solo sensazioni disarmanti. La percezione prima è quella di aver considerato erroneamente, in un primo contatto con questo paese, il “foot massage” di questi tipici locali riconducibile alla nostra attuale riflessologia plantare, mentre per il popolo cinese il “massaggio del piede” sembra rappresentare innanzitutto l’antico strumento popolare benefico e rilassante, per il benessere generale del corpo, senza una specificità di intervento di guarigione e sembra essere inoltre un altro elemento commerciabile della loro antica cultura.
I massaggiatori vengono formati con le nozioni antiche provenienti anche da diverse scuole di pensiero sulle modalità di approccio, ma il loro modo di lavorare rimane comunque relativo a questa applicazione socio culturale. Così, mi è sembrato necessario verificare l’esistenza di una posizione diversa nell’utilizzo di questo metodo da parte dei medici e la mia ricerca mi ha portata alla “Accademia di medicina tradizionale cinese”.
Lì, è stato subito evidente che il percorso ad ostacoli alla ricerca di conoscenza in Cina aveva mietuto vittime anche tra altri occidentali! L’appuntamento tacito tra operatori del settore stranieri sono le librerie specializzate che vendono testi scritti da docenti della stessa Accademia tradotti in inglese, mappe plastificate di mani, piedi e orecchie in inglese e cinese, manuali di agopuntura, ecc..
I testi parlano di aree riflessogene ed agopunti da trattare in digitopressione, come nella loro più antica tradizione, nelle mani e nei piedi e definiscono protocolli per ogni disturbo.
Capisco anche che essi riconoscono all’agopuntura il ruolo di tecnica di rango superiore, che il massaggio tradizionale cinese da strumento popolare viene preso in considerazione dalla classe medica solo quando successivamente, con le dinastie Ming e Qing, si combina con la teoria dei meridiani e degli agopunti, tanto altro.
Bene, torno a casa, undici ore di volo e poi aria più pulita, cibi meno ricchi e meno esotici. Questo viaggio è stato davvero particolare, un tuffo dall’altra parte del mondo per confermare che le differenze esistono, ma non nei bisogni profondi di ogni essere umano. Un pacchetto speciale che porto tra i miei souvenir è la maggiore consapevolezza dell’ottimo lavoro che siamo in grado di fare noi riflessologi occidentali, dell’efficacia terapeutica di questa disciplina, della bellezza del tenere sempre la mente aperta all’apprendimento ed alla conoscenza.
Stefania Falcinelli
Erborista, Esperta in Craniosacrale e Riflessologia Plantare, insegnante di lingue straniere, educatrice, collaboratrice professionale per attività scientifiche nell’ambito della tutela dell’ambiente e operatrice sociale in Italia ed all’estero per Ong
stefania.falcinelli@alice.it