Alzare il velo sulla psoriasi: tra cure convenzionali (e no) e riflessioni a fior di pelle
Osservare la psoriasi dalla sua superficie, dalla teatralità degli eventi che la malattia mette in moto quasi per mascherare la sua vera natura è limitativo come valutare l’imponenza di un iceberg dalla semplice escursione della sua superficie o come pensare di studiare un terremoto senza scrutare nelle profondità della crosta terrestre, restando in balia assoluta degli eventi.
Secondo i dettami del buon senso (e non solo della medicina naturale) curare il sintomo, sfoderare «proiettili magici» contro fantomatici bersagli biologici, rimuovere la sgradevole apparenza che la malattia produce non solo non basta all’ambizione di una autentica terapia ma espone ai rischi di approfondimenti, complicazioni e successive recidive (cosa che puntualmente accade).
Tutti i più insigni medici e studiosi di medicina dell’antichità, almeno dal I (es. Celso) al XVII secolo d.C., insistono molto sulla raccomandazione di evitare trattamenti soppressivi esterni di manifestazioni dermopatiche per scongiurare il rientro di scorie umorali nell’organismo, causando mali più gravi; le affezioni dermatologiche e osteoarticolari sarebbero infatti dovute, secondo questi sistemi epistemologici, ad un anomalo sforzo di eliminazione di tossine mediante vie «sussidiarie» ed improprie.
Se il sintomo produce un profondo disagio psico-emotivo che merita l’intervento del terapeuta, nello stesso modo, la tragica consapevolezza della persistenza del male, l’attesa rassegnata delle ricadute non ha conseguenze esistenziali meno devastanti.
Bisogna restituire la dolorosa e dovuta grandezza e dignità agli eventi patologici che ci colpiscono, alle Malattie, oltre il pericoloso riflesso di onnipotenza che una certa Medicina Tecnologica e Biotecnologica esprime in modo fin troppo saccente e paranoide.
Solo con questo bagno di umiltà il terapeuta si può preparare ad ascoltare, alla presa in carico, ad affrontare il difficile cammino di guarigione col suo paziente.
L’individuo tipo della società moderna industrializzata che passa molte ore del suo tempo al chiuso di uffici o abitazioni (senza esporsi al sole, come avveniva fino a non molti anni fa), sottoposto al carico tossico di un ambiente divenuto sempre più ostile, di una dieta alterata ed impoverita nella sua varietà e ricchezza, di un patologico stress sociale (lavoro, trasporti, burocrazia, avvelenamento dei rapporti interpersonali, ecc.) che inietta nel suo organismo altrettante «scorie» non meno pericolose di quelle chimiche, sembra trovare in certe «sindromi» incurabili dalla medicina moderna una modalità drammatica di espressione vitale.
Troppo spesso la medicina moderna, quella «seria» perchè basata su evidenze generali (e non di rado generiche), poco interessata a combattere i fattori socio-economici patogenetici, ha obiettive difficoltà a fare i conti con la multiforme e specifica variabilità individuale dei quadri morbosi (e dei relativi percorsi terapeutici) e la psoriasi è, in tal senso, uno degli esempi più pertinenti dei limiti di questo approccio.
Introduzione
Malattia nota fin dall’antichità da Babilonesi, Ebrei, Egizi, al greco Ippocrate si deve la descrizione delle lesioni caratteristiche col termine “psora”.
Il termine deriva da una parola greca che indica prurito, anche se, in effetti, il prurito non rappresenta un sintomo costante.
La psoriasi è una malattia cronica, non contagiosa, recidivante, ad evoluzione imprevedibile, di probabile base autoimmune, caratterizzata soprattutto (ma non esclusivamente) da manifestazioni cutanee con placche arrossate, rilevate, desquamanti, nettamente delimitate, talvolta pruriginose, fessurate o pustolose; l’estensione della superficie cutanea colpita è molto variabile ma spesso colpisce giunzioni degli arti, estremità, cuoio capelluto, talvolta coinvolgendo anche unghie, mucose (più raramente) ed articolazioni (artrite psoriasica), con malessere e febbre.
Sembra che vi sia una certa correlazione tra l’interessamento di certe aree cutanee (come le unghie) e il successivo sviluppo articolare della malattia.
Anche la psoriasi articolare presenta polimorfismo e variabilità di localizzazione ed intensità del quadro sintomatico; talvolta può anche diventare progressivamente mutilante ed invalidante.
Le lesioni cutanee non tendono a lasciare esiti cicatriziali.
Circa la metà dei pazienti ha un interessamento ungueale e, talvolta, questo può essere l’unico sintomo di malattia.
Talvolta anche certe forfore eccessive a livello del cuoio capelluto possono nascondere l’esordio di una psoriasi.
La psoriasi nella forma a placche è la più frequente (circa 80 % dei casi) che, fortunatamente, di solito si limita a colpire una superficie corporea non superiore al 2 %.
Circa un terzo dei soggetti psoriasici può sviluppare un interessamento articolare.
La malattia si considera grave se si estende oltre il 10 % della superficie corporea [1]; la rara forma pustolosa, a causa delle possibili sovrainfezioni, è tra quelle più pericolose per la salute del paziente, assieme all’eritrodermia psoriasica, che porta a grave stato di prostrazione e febbre.
La malattia colpisce dal 2 al 4 % della popolazione (di norma non di razza nera), circa 130 milioni di soggetti al mondo (di cui circa un milione e mezzo in Italia) più spesso in soggetti giovani (tra 10 e 40 anni), non se ne conoscono esattamente le cause, possiede tuttavia una certa familiarità (e predisposizione genetica) [2], una componente autoimmune e legata all’ambiente ed allo stile di vita.
Sul piano dell’ereditarietà si considera multigenica, essendo coinvolti almeno 8 geni, implicati non solo nella regolazione del normale trofismo e ricambio dell’epidermide, ma anche nell’quilibrio della risposta immunitaria.
Negli orientali (giapponesi) la malattia sembra il doppio più frequente nei maschi delle femmine, tuttavia la prevalenza della malattia in Giappone è solo dello 0,1 % (a fronte del 3,1 % registrato in Italia – Studio Praktis) e la frequenza sembra comunque crescere nei paesi più distanti dall’Equatore: in certe nazioni come quelle Scandinave la malattia è particolarmente diffusa mentre certe popolazioni piuttosto isolate (es. Eschimesi, Nativi Americani) essa è praticamente sconosciuta.
Quasi la metà dei malati di psoriasi (46 %) sottovaluta il problema e circa un paziente su quattro ricorre all’automedicazione (ricerca A.D.I.PSO.); questo potrebbe, in parte, spiegare il grande ritardo con cui arrivano i pazienti (mediamente circa 9 anni dopo l’esordio) alle cure dei centri specializzati (Psocare).
Presenta spesso una variabilità stagionale, migliorando in estate, peggiorando in autunno, stabilizzandosi d’inverno e riacutizzandosi in primavera; il miglioramento col clima caldo ed assolato può non riguardare alcuni soggetti con fototipo di pelle chiara (in ogni caso l’esposizione al sole non deve essere eccessiva).
Lo stress è generalmente considerato un fattore scatenante e condizionante sull’andamento della malattia, sia quello di natura emotiva che quelli, locali (e non solo) di natura traumatica, fisica e chimica (comprendendo tra questi anche farmaci come FANS, indometacina, sali di oro, beta-bloccanti, ACE-inibitori, antimalarici, prostatici, sali di litio, tetracicline, interferone, brusca sospensione di terapia cortisonica). In tale contesto vanno ricompresi anche l’inquinamento ambientale (e le intossicazioni professionali), il tabagismo (fuma circa il 70 % dei pazienti di psoriasi) e i fenomeni di sensibilizzazione sempre più diffusi: intolleranze, allergie, idiosincrasie.
La questione però è complessa e non va banalizzata.
Infatti il più potente induttore di Il-10, citochina chiave nella tolleranza immunitaria e della difesa antiinfiammatoria, viene secreto dalla midollare surrenale durante lo stress acuto (come quello che si produce durante l’attività sportiva): è l’adrenalina; l’IL-10 è in grado di contrastare i fenomeni infiammatori prodotti nel corso di certe patologie autoimmuni in senso Th1 [3] (come la psoriasi), dominate da citochine come TNF e IL-12.
Certi cambiamenti ormonali (connessi con la pubertà, la gravidanza o la menopausa), metabolici (es. ipocalcemia, aumenti ponderali), reazioni allergiche e, soprattutto, modifiche delle abitudini esistenziali (es. fumo, alcolici, diete iperproteiche, ecc.) possono, a loro volta, scatenare o interferire negativamente sulla storia clinica della malattia.
Tra gli approcci teorici più diffusi alle cause dominano due chiavi interpretative:
1) la malattia è un fenomeno locale e dermatologico, legato ad un disturbo della riproduzione dei cheratinociti;
2) la malattia è un disordine immunitario i cui sono le citochine prodotte dai linfociti T (es. TNF-a) e ciò è confermato nella terapia convenzionale (es. cortisonici, immunosoppressori).
Il ciclo delle cellule dell’epidermide, certamente, appare anomalo ed accelerato, compiendosi in un paio di giorni anzichè in due settimane.
Tuttavia il secondo approccio teorico sembra quello più vicino alla realtà, tuttavia anche l’alterazione della funzione barriera della cute e fattori ambientali (es. dieta) hanno un ruolo probabile nella patogenesi della malattia; inoltre nel tessuto cutaneo si evidenziano segni di una abnorme sensibilità (elevati livelli di NGF, fattori angiogenetici, beta-endorfine, ecc.).
A livello del derma si registra un processo infiammatorio in cui, oltre a vasodilatazione, essudato ed edema, si rilevano cellule immunitarie (neutrofili polimorfonucleati, linfociti T CD4 e T CD8, macrofagi, cellule di Langerhans.
In modelli animali il modello 2 non sembra confermato (per quanto sia difficile riprodurre la malattia umana), in quanto l’eliminazione dei linfociti T non abolisce i sintomi della malattia; sulla stessa linea anche l’osservazione che l’infezione da virus HIV può produrre una immunodepressione capace di scatenare o peggiorare la malattia (si ritiene che ciò sia spiegabile mediante un’attivazione delle cellule CD8 legata al calo di CD4 ed alla predominanza di citochine della serie 2 su quelle della serie 1).
Probabilmente il coinvolgimento dei T CD8 e dell’INF-g sono importanti nella patogenesi della psoriasi; non trascurabile è anche l’apporto di altre citochine come TNF-a, IL-1b, Il-6 e IL-22 (quest’ultima di stimolo alla proliferazione dei cheratinociti); anche NGF, il fattore di crescita nervosa, una volta «confinato» al SNC, viene secreto dalle cellule immunitarie cutanee e dai cheratinociti, favorendo la stimolazione immunitaria e la degranulazione dei mastociti e l’iperproliferazione dei cheratinociti stessi.
Tra gli agenti infettivi coinvolti (specie nella forma guttata [4], sovente connessa, ad es., a infezioni delle alte vie respiratorie):
1) batteri: streptococchi, stafilococchi (es. Staph. aureus)
2) miceti: Candida albicans
3) virus: es. HIV, virus varicella-zoster.
Germi e funghi possono essere purtroppo responsabili di sovrainfezioni delle tipiche lesioni della malattia [5].
J. Seignalet sottolineò soprattutto la possibile componente infettiva: focolai infettivi faringei o del cavo orale, spesso a partecipazione streptococcica, sono stati osservati nel 40 % dei bambini e nel 10 % degli adulti; anche virus come VIH o EB potrebbero essere coinvolti.
Si ricorda che la proteina M6 dello Streptococco beta-emolitico presenta strette analogie con la cheratina 14 (ai fini di una possibile risposta autoimmune), tuttavia non è ancora chiaro se tutti i casi di psoriasi siano spiegabili in una prospettiva autoimmune, non avendo ancora identificato gli antigeni responsabili della malattia.
Secondo Seignalet, infatti, le manifestazioni della psoriasi potrebbero essere dovute all’eliminazione attraverso la pelle di tossine batteriche ed alimentari, assorbite attraverso l’intestino; le differenze genetiche andrebbero quindi viste alla luce di variabili riguardanti la fase digestiva (polimorfismi di mucine, enzimi, ecc.).
Le tossine alimentari, trasportate dai neutrofili polimorfonucleati, potrebbero comprendere anche piccole molecole peptidiche in grado di interagire con HLA-Cw6 e, conseguentemente, di provocare la risposta dei T CD8 ed il processo infiammatorio; la presenza dei linfociti T CD4 sarebbe connessa col processo di iperproliferazione delle cellule epidermiche: i cheratinociti, attaccati dalle cellule immunitarie, producono citochine che stimolano ulteriormente i linfociti (circolo vizioso autopotenziato) e rallentano il loro turnover ed i processi di apoptosi. Le cellule dendritiche (APC) contribuiscono a sostenere il processo infiammatorio [6].
A conferma dell’ipotesi di Seignalet vi è anche il riscontro che flogosi croniche intestinali (morbo di Crohn, colite ulcerosa) possono favorire la comparsa della malattia.
Una significativa percentuale di soggetti psoriasici produce anticorpi (IgA e IgG) verso la gliadina del frumento, cui si associa attivazione della reazione linfocitaria; in tali pazienti si osserva una eccellente miglioramento del quadro sintomatico con diete senza glutine.
Lo stress, come le infezioni virali, possono indurre la liberazione di INF-g, capace di aumentare la permeabilità della mucosa intestinale (e stimolare la sovraespressione di MHC I e II sulle cellule APC), mentre alcuni farmaci possono aumentare la quantità di tossine liberate e/o assorbite.
Anche secondo altri studiosi come Edgar Cayce l’origine della psoriasi è nel tubo gastroenterico: specialmente nel tratto duodeno-digiuno (del tenue) si assiste ad un aumentata permeabilità alle tossine, con assottigliamento delle pareti intestinali e riduzione marcata delle «plicae circulares» (valvole di Kerkring); ciò comporterebbe un sovraccarico di organi emuntoriali (fegato e reni) che, portando, a supporto, un’iperattivazione anche dell’emuntorio tegumentario, provocherebbe le classiche manifestazioni della malattia.
Tra le tossine Cayce include anche alcuni alimenti che non sarebbero tollerati nei malati di psoriasi, favorendo uno stato di acidosi metabolica che dovrà essere corretta.
V’è anche chi solleva il dubbio che i processi infettivi siano soprattutto conseguenza e non origine della malattia, ma la questione della comorbidità è, nel suo complesso, di non facile soluzione.
Infatti la psoriasi è correlata, con evidenze abbastanza documentate, ad aumentato rischio di malattie cardiovascolari e dismetaboliche e, all’inverso, il trattamento dell’iperlipidemia può portare ad un miglioramento.
L’ipertensione e tutti gli aspetti della sindrome metabolica (squilibrio ponderale, insulino-resistenza, cattivo controllo dei livelli ematici di glucosio, colesterolo, trigliceridi ed acido urico) si possono accompagnare a psoriasi e in tali pazienti l’evoluzione di questi quadri morbosi può essere peggiore; inoltre le psoriasi più gravi presentano una prevalenza maggiore di rischi (es. ipertensione ed obesità).
Sono state proposte varie spiegazioni:
– aumentato stress ossidativo;
– aumentata produzione di endotelina-1 e di citochine pro-infiammatorie;
– alterato funzionamento del sistema renina-angiotensina.
Taluni farmaci impiegati nella terapia sono sospettati di favorire l’insorgenza del diabete (es. steroidi, chemioterapici, certi immunosoppressori, ecc.) e dell’arteriosclerosi (fototerapia), anche se la questione non è stata ancora completamente chiarita.
Un’altra ricerca ha stabilito anche un possibile nesso, indipendente da quelli precedenti, tra psoriasi (specialmente se grave) e insufficienza renale cronica; non è chiaro in che misura i trattamenti convenzionali possano contribuire all’insorgere di questa complicazione.
In questa malattia è spesso complicato distinguere tra fattori eziologici e semplici effetti del processo morboso (ciò vale anche nei rapporti con lo stress), anche per l’estrema varietà di manifestazioni cliniche ed istologiche della malattia; in ogni caso la comorbidità rende la psoriasi, ancorchè direttamente non mortale, un male comunque insidioso per la sopravvivenza del paziente.
Oltretutto la malattia, per il suo andamento cronico, soprattutto nei soggetti più giovani e fragili, si accompagna solitamente ad un profondo disagio sociale, psichico e fisico (legato alle disabilità che talvolta intervengono ad ostacolare le normali attività quotidiane), anche con blocchi nella vita affettiva (es. anche per la presenza di lesioni a livello genitale), disturbi del sonno, isolamento, depressione, ecc.
Secondo Seville più del 39 % dei casi di psoriasi sarebbe scatenato da un evento stressante e ciò avrebbe serie conseguenze anche sulle funzioni digestive e sulla capacità assimilativa (e sui fattori eziologici intestinali cui si è precedentemente accennato).
L’infiammazione e la desquamazione sono le manifestazioni cliniche più evidenti di un profondo conflitto tra la mente e la pelle.
In effetti la psoriasi è considerata tra le patologie che possono incidere più negativamente sulla qualità della vita dei pazienti.
Dal punto di vista psicosomatico la difficoltà a scambiare emozioni con l’ambiente esterno, tanto da costruirsi una «corazza» di diffidenza (le placche) anche se talvolta emerge dal profondo la voglia di comunicare, un’aggressività repressa (aree di rossore e bruciore); tali soggetti non riescono mai a comunicare completamente quello che hanno dentro, non riescono mai ad esprimersi con immediatezza, negano le proprie fragilità e non affrontano la propria insicurezza mostrandosi autonomi.
Questa debolezza dell’io porta, in tal modo, ad un inconscio bisogno di cambiare pelle, di rinnovamento.
Non di rado si tratta di persone che hanno avuto un’infanzia difficile, talvolta veri e propri traumi che ne hanno bloccato lo sviluppo emotivo, inducendo pessimismo e sensi di colpa.
Spesso questa energia interiore inespressa sfocia anche in altri malesseri (sindromi cefalgiche o colitiche).
Secondo l’impostazione ayurvedica la patologia nasconde una tensione irrisolta a livello del Terzo Chakra, un’eccessivo autocontrollo ed autorepressione verso la libertà di essere sè stesso, per cui il percorso di guarigione porta a smettere di accontentare il prossimo ed a recuperare sè stesso, rafforzando il plesso solare.
Il dialogo paziente col terapeuta ed un approccio graduale può essere affiancato anche da specifiche tecniche di rilassamento (yoga, meditazione, biofeedback, ecc.) e, eventualmente, da una sana attività sportiva (capace di ridurre la tensione nervosa e di ridurre lo stress ossidativo dell’organismo).
La medicina del XIX secolo era già arrivata alla conclusione che la malattia è sistemica, riferibile ad alterazioni degli organi interni e squilibri del sistema nervoso.
Il quadro delinea quindi una grossa partecipazione del ” terreno” e del network psico-neuro-immunologico del paziente, il che comporta la necessità di un approccio complesso e multidimensionale anche dell’approccio terapeutico.
Si possono così trovare, soli o in combinazione
- trattamenti convenzionali farmacologici
- trattamenti fitoterapici
- trattamenti omeopatici e floriterapici
- cure termali: balneoterapia (es. sali del Mar Morto), fanghi, grotte di sale (haloterapia)
- dietoterapia
- fototerapia
- tecniche di rilassamento, sport, psicoterapia (mirate anche al recupero di una accettabile qualità della vita).
Purtroppo nessuna terapia può dirsi definitivamente risolutiva e curativa, ma può favorire remissioni più o meno lunghe, migliorare il controllo e attenuare il quadro sintomatico.
Si delinea comunque un modello di approccio integrato e personalizzato, uno schema utile da applicare anche verso altre malattie complesse come quella in discussione.
Trattamenti convenzionali della psoriasi
Gli antichi Egizi impiegarono accanto a prodotti di una qualche efficacia (catrami) anche altri piuttosto bizzarri (es. deiezioni animali).
I Romani (Celso, Galeno) oltre ad approfondire l’osservazione della malattia contribuirono a svilupparne anche l’approccio terapeutico con balneoterapia, unguenti grassi e rimedi a base di zolfo.
Nei secoli successivi si alternavano, in terapia, prodotti di una qualche possibile efficacia (sali marini, acque minerali di tipo sulfureo) altri più discutibili e/o tossici (brodi di vipera, preparati di mercurio, rame o arsenico).
Ancora oggi nelle terapie convenzionali si impiegano diversi rimedi di origine naturale e su di essi ci soffermeremo maggiormente.
I farmaci attualmente impiegati topicamente comprendono, oltre a generici reidratanti (spesso in forma di unguenti),
- salicilati ed altri cheratolitici, catrami, antralina; più raramente eosina o preparati al mercurio;
- cortisonici (non utili in pediatria)
- vitamina D3 e analoghi della vitamina; questi ultimi e i cortisonici (eventualmente in associazione) sono i trattamenti di scelta (e con efficacia paragonabile) nelle forme non gravi;
- derivati della vitamina A (retinoidi)
mentre il trattamento sistemico (da operare in cicli strettamente monitorati) comprende una rosa più ristretta di rimedi tra cui
- retinoidi (etretinato, acitretina)
- immunosoppressori (ciclosporina)
- agenti biologici [7] (es. anticorpi monoclonali su bersagli come TNF-a, IL-12, IL-23, citochine, proteine di fusione, fattori di crescita tessutali)
- antistaminici
I farmaci biologici sono particolarmente indicati nei soggetti con problemi epatici e/o renali, negli ipertesi e nei soggetti refrattari ad altre terapie.
Le applicazioni topiche, specialmente se su piccole superfici, spesso si attuano in forma occlusiva per meglio favorirne l’assorbimento (le ampie superfici sconsigliano medicazioni di questo tipo che favorirebbero un eccessivo assorbimento sistemico e più rilevanti effetti collaterali, ad es. coi salicilati e i cortisonici).
Tra le sostanze emollienti, cheratolitici e cicatrizzanti spicca l’allantoina (gliossil-diureide), capace, per idrolisi, di liberare urea, favorendo l’idratazione cutanea ed il rinnovamento degli strati epidermici. L’allantoina è presente (fino allo 0,8 % circa) nella Consolida (Symphytum off., borraginacea), accanto a mucillagini, amido, tannini, triterpeni e, purtroppo, alcaloidi pirrolizidinici epatotossici (fortunatamente poco penetranti per uso esterno, purchè su cute integra).
Il trattamento farmacologico classico (sistemico solo nelle forme più gravi o farmacoresistenti, es. quelle che interessano le estremità degli arti) possiede alcuni limiti definiti e noti:
- non è causale ma solo sintomatico;
- richiede adeguata perizia nell’adeguare il percorso terapeutico al soggetto (es. età, sesso, funzioni epatiche e renali, ecc.), al tipo di manifestazione, alla fase clinica della malattia;
- non ha successo sempre (specialmente nel lungo periodo) e nella stessa misura in tutti i pazienti;
- poco maneggevole e gravato da effetti collaterali abbastanza rilevanti (per questo il trattamento non è continuativo ma ciclico e conviene combinare più farmaci per ridurne la posologia);
- talvolta la malattia migliora o guarisce spontaneamente mascherando i benefici terapeutici.
Studi recenti indicano l’azione terapeutica promettente, praticamente priva di importanti effetti collaterali (particolarmente importante es. in pediatria), della vitamina D [8] per cicli terapeutici di 4-6 settimane.
Del XX secolo è l’impiego sperimentale della fototerapia (raggi X) nella terapia della malattia, oggi perfezionata da altre metodiche meno aggressive, in particolare gli ultravioletti UVA eventualmente combinati a psoraleni PUVA), più penetranti e pericolosi, e UVB [9], diversi per lunghezza d’onda.
La fototerapia, anche applicata ad altre dermopatie (come dermatite atopica, vitiligine, micosi fungoide, alopecia areata), può essere gravata di effetti collaterali più o meno gravi (a seconda del grado di esposizione), come arrossamento, dolore fino alla degenerazione neoplastica.
Gli psoraleni sono sostanze di origine naturale capaci di sensibilizzare la pelle agli effetti della luce UV, consentendo l’applicazione di radiazioni meno aggressive, più brevi e meno intense.
Gli psoraleni (e composti analoghi), dal punto di vista chimico, appartengono alla famiglia delle cumarine, lattoni insaturi, alle quale si riconoscono diverse proprietà
- anticoagulanti (es. dicumarolo di Melilotus off.) e pro-emorragiche, interferenti con la funzione della vitamina K; per alcune si sarebbe anche un’azione locale vasoprotettiva di tipo vitaminico-P
- sedative, calmanti, anticonvulsivanti sinegiche con quelle di certe molecole di esteri ed eteri presenti in vari oli essenziali; ipotensivanti;
- debolmente ipotermizanti;
- antiinfettive (es. ombelliferone);
- fotoprotettive (es. umbelliferone, esculetina)
- spasmolitiche (es. scopoletina), specie a livello di coronarie, bronchi e vie urinarie;
- epatotossiche e cancerogene (es. aflatossine, prodotte da varie specie di Aspergillus).
Si tratta di sostanze cristallizzabili, dotate di un assorbimento UV caratteristico, con proprietà biologiche molto potenti [10] ancorchè spesso siano presenti in quantità molto limitate nei fitocomplessi vegetali. Ad es. negli oli essenziali spesso sono presenti in tracce di poche ppm nella frazione di coda ma ne determinano nettamente la nota olfattiva.
Nella somministrazione per os sembra che la bioflora intestinale possa più o meno profondamente alterare le molecole cumariniche, primo del processo di detossificazione operato dall’organismo.
Sia le furocumarine che le pirocumarine possiedono un’azione fotosensibilizzante, con accelerazione della melanogenesi.
Gli psoraleni appartengono alla categoria delle cumarine complesse con catena laterale mono-, di- o tri-isoprenilica, distinte dalle cumarine semplici; lo psoralene è una furanocumarina lineare mentre l’angelicina è una furanocumarina angolare, strutture che possono subire nei vegetali ulteriori modificazioni (es. ossigenazioni e O-metilazioni).
Gli psoraleni si trovano soprattutto nelle famiglia delle Apiacee e Rutacee (es. xantotossina, bergaptene, imperatorina, trimetilpsoralene) e sono spesso causa di fenomeni di fotosensibilizzazione cutanea (e di questo se ne deve tener conto utilizzando certi preparati erboristici). Ne sono esempi i frutti di Ammi Majus, frutti e radici di Angelica archangelica (fra le Apiacee), la scorza di Citrus bergamia (fra le Rutacee), le foglie di Ficus carica (tra le Moracee).
Gli psoraleni possono interagire con le membrane cellulari, con le proteine (es. enzimi) e gli organuli del citoplasma, oppure, fatto più insidioso, con gli acidi nucleici e la cromatina; i siti reattivi della molecola sono i due doppi legami coniugati all’anello aromatico centrale capaci di formare entrambi legami con altre molecole (es. basi pirimidiniche del DNA).
I limiti delle terapie convenzionali spingono molti pazienti [11], specialmente quelli affetti da forme non gravi, a non aderire ai protocolli terapeutici, spesso peggiorando lo stato di cose.
Trattamento dietetico-nutrizionale, oligominerale e termale
W. Melocchi nel 1982 affermava che solo un regime senza grassi si era dimostrato di una qualche utilità nel trattamento della malattia, fermo restando l’incertezza complessiva di efficacia della terapia dietetica e, ancora oggi, persiste molto scetticismo, anche di tipo ideologico, sulle reali possibilità di quest’approccio.
Di fatto la medicina ufficiale non propone nessuna dieta di riferimento in questa malattia, anche se vi sono lodevoli eccezioni a questo scetticismo (es. dott. M. Picardo del Ist. Dermatologico S. Gallicano IRCCS di Roma).
Eppure da quanto si è visto all’inizio la dieta appare molto promettente nella psoriasi non solo in chiave preventiva ma anche in vista di un miglioramento del quadro sintomatico, di remissioni più prolungate e di una migliore risposta alle terapie.
Basta pensare al ruolo sempre più fondamentale attribuito alla vitamina D in ambito terapeutico (cui si è accennato in precedenza e di cui ho trattato in precedenti pubblicazioni).
Quando un nutriente arriva a svolgere un ruolo conclamato di agente terapeutico di una certa patologia c’è da chiedersi se esso sia semplicisticamente da intendere come farmaco oppure andrebbero riconsiderati ed approfonditi i cosiddetti apporti «normali» dei nutrienti stessi (LARN), spesso distanti dagli apporti necessari ad assicurare benessere, e se le patologie stesse non vadano inquadrate in un generale fenomeno carenziale, piuttosto che in un’oscura fatalità multifattoriale da curare solo con costose «pillole magiche».
Nell’ambito dell’alimentazione naturale vi sono alcuni dati preliminari che segnalano alcuni successi es. della dieta Kousmine.
Secondo studiosi come Cayce e Seignalet ridurre il carico tossico sull’intestino e ridurre la sua permeabilità devono essere tra i pilastri di un autentico trattamento eziologico della patologia.
La dieta ipotossica o «ancestrale» di Seignalet, che favorisce il consumo di alimenti crudi ed esclude dal regime alimentare tutti i cereali ed i latticini, ha mostrato su malattie praticamente incurabili per la medicina ufficiale tassi di successo dell¢80% circa, non liquidabili semplicisticamente attraverso l’effetto placebo.
Nell’ambito della psoriasi, considerata patologia di eliminazione, si sono ottenuti benefici nell’83 % dei casi, migliorando anche alcune frequenti comorbidità, con abbassamento della colesterolemia (calo di circa il 35 % nel 98 % dei casi) e del sovrappeso (72 % di successo).
Di seguito sono i grafici tratti dalle esperienze di Seignalet riportate sul suo testo.
Una dieta ragionevole dovrà complessivamente essere ricca di antiossidanti (e di vegetali), abbondando in vitamina A, C, E, D, acido folico, selenio, zinco ed acidi grassi della serie omega 3 (alimenti ittici, tranne i crostacei), mentre occorre limitare fortemente carne, latte e latticini, cibi conservati, fritti, insaccati, alcolici).
Uno studio danese ben condotto ha evidenziato anche l’utilità di una riduzione delle calorie ingerite (circa 800-1000 al dì) nel migliorare il quadro clinico e la qualità della vita dei malati, allontanando il rischio di sovrappeso e dismetabolismi.
Analoghi della vitamina D sono già entrati in terapia ed è noto come l’esposizione al sole possa produrre benefici sulla malattia.
Sperimentalmente uno stato di carenza di vitamina D può favorire lo sviluppo di patologie autoimmuni, infatti epidemiologicamente le regioni settentrionali europee caratterizzate da bassi apporti di vitamina D e minore irradiazione solare sono caratterizzate da una maggiore incidenza di sclerosi multipla, artrite reumatoide e diabete (in quest’ultimo caso si è notata anche una certa variazione stagionale nell’insorgenza di nuovi casi, con picco maggiore in inverno).
La vitamina D può esercitare almeno 3 interessanti effetti, probabilmente interconnessi, sulla psoriasi:
- modulazione della difesa immunitaria con potenziamento della risposta Th2 rispetto a quella Th1, promozione degli effetti regolativi ed antiinfiammatori Th3, inibizione di linfociti B, cellule citotossiche, NK ;
- possibili effetti benefici sugli eventuali stati di flogosi intestinale;
- modulazione dell’attività dei cheratinociti.
In effetti un analogo della vitamina D3 (tacalcitolo) esercita un’azione di contrasto su un modello d’infiammazione cutanea (TPA sulla pelle di topo), suggerendo una possibile azione regolativa sul processo di differenziazione dei cheratinociti in patologie come la psoriasi attraverso meccanismi come
1. riduzione nella secrezione di citochine proinfiammatorie tipo IL-8;
2. riduzione della degranulazione delle mast-cellule;
3. inibizione della infiltrazione dei neutrofili.
Alcuni effetti benefici della vitamina D sono probabilmente in relazione col riequilibrio dei livelli del Calcio.
Il selenio possiede un’importante azione regolatrice del sistema immunitario, favorendo la risposta anticorpale, la biosintesi di glutatione e riducendo l’aggregazione piastrinica (importante azione antiinfiammatoria) e ciò è stato impiegato anche nella terapia della psoriasi.
Gli acidi grassi omega-3, ampiamente collaudati nel trattamento di sindromi infiammatorie come artrite reumatoide, flogosi intesinali ed asma, possono ridurre l’infiammazione anche in caso di psoriasi, anche se non c’è accordo sulle dosi necessarie; secondo alcuni studiosi (F. Firenzuoli) l’efficacia degli omega 3, in base ai riscontri scientifici disponibili, sarebbe di uso più sicuro e raccomandato anche rispetto all’aloe, dove si ritiene possibile una certa efficacia.
Lo zinco possiede un’azione «bifasica» sul sistema immunitario: per apporti di poco oltre la norma stimola il sistema Th1 (e potrebbe peggiorare la psoriasi), per apporti nettamente più alti (otto volte superiori) sposta l’equilibrio verso il Th2.
Anche l’apporto di graminacee, dopo quanto precedentemente illustrato, va sottoposto a rigido controllo e drastiche limitazioni (e ciò vale anche per l’eventuale impiego di integratori e fitoderivati come crusca, avena sativa, triticum repens, ecc.).
Particolarmente importante l’apporto di pre- e pro-biotici completi (ricchi di bifidobatteri e lattobacilli) ed in quantità congrua, accanto ad un’eventuale idrocolonterapia (1-2 trattamenti a settimana).
Tra gli alimenti più interessanti in prospettiva di un possibile trattamento sono, in particolare:
- il succo e l’acqua di vegetazione delle olive [12], ricchissimi in bio-polifenoli (circa 300 volte più dell’olio di oliva extravergine), con effetti antiinfiammatori, antiossidanti ed immunoregolanti, che sembrano efficaci anche sulle infiammazioni articolari (R. Crea);
- l’aglio, che conterrebbe un composto dermostabilizzante, aspirino-simile, con effetti favorevoli sulla psoriasi (P. L. Da Silva).
Se è vero che potenti induttori di stress ossidativo (come il fumo di sigaretta) sono in grado di scatenare o aggravare reazioni psoriasiche (a livello delle lesioni si registrano alti livelli di radicali liberi), al contrario, potenti antiossidanti naturali potrebbero contrastare il quadro morboso prodotto dalla patologia.
Dall’olivo sono stati isolati vari composti degni della massima attenzione:
- l’oleocantale (isolato dall’olio extravergine), capace di potenziali effetti antiinfiammatori per inibizione di enzimi COX-1 e COX-2 (ricerca del 2005 del Monell Chimical Senses Center di Filadelfia;
- l’oleuropeina (isolato dalle foglie, dove è maggiormente presente) capace di prolungare la vita media dei fibroblasti umani per stimolazione del proteasoma fibroblastico, proteasi multicatalitica non lisosomiale (ricerca della National Hellenic Research Foundation di Atene);
- verbascoside [13] (isolato dall’olivo);
- l’idrossitirosolo (isolato dall’oliva), che è anche uno dei cataboliti intestinali dell’oleuropeina.
Di seguito sono mostrati alcuni composti antiossidanti presenti nell’oliva ed il loro potere antiossidante raffrontato con quello di altri composti naturali.
I polifenoli vegetali (es. quelli presenti in tè verde, vino rosso, pepe verde, aglio, zenzero, cacao, olivo, timo, agrimonia, ecc.) hanno mostrato in recenti studi sperimentali anche un effetto modulativo complesso, diretto ed indiretto [14], sul microbiota intestinale con attività
- inibente su vari ceppi patogeni;
- prebiotico e favorente la crescita di bifidobatteri e lattobacilli.
Gli effetti antiossidanti e quelli intestinali sulla bioflora possono almeno in parte giustificare i benefici dell’olivo (e di altri fitocomplessi presenti in alimenti ed integratori) sulla malattia psoriasica.
I processi di trattamento e conservazione dell’olio di oliva possono ridurre fortemente il tenore di polifenoli antiossidanti presenti; tale aspetto allarmante riguarda però molti altri cibi presenti quotidianamente sulla nostra tavola.
Il paziente dovrebbe essere allertato sulla possibile relazione tra l’assunzione di certi alimenti e la possibile insorgenza o recrudescenza della malattia; anche certe solanacee alimentari (es. pomodori, melanzane, peperoni, peperoncini, patate), grano, mele, caffè e talune spezie sono sospettate di essere potenzialmente dannose per taluni soggetti.
Per tali ragioni un approfondimento dell’esistenza di eventuali intolleranze alimentari può giovare al percorso terapeutico.
Riguardo agli oligoelementi da suggerire, fermo restando la necessità di una specifica analisi del contesto individuale, si possono indicare, in trattamento abbastanza protratto (due-tre mesi almeno)
- litio, regolativo dell’umore, tutte le sere;
- manganese/cobalto, antidistonico, a mattine alterne, alternando col seguente
- selenio, regolativo immunitario.
Le terapie termali, note da tempo immemorabile per le loro ricadute positive sulla malattia, sfruttano i benefici sia dell’esposizione al sole (moderata) che dei minerali presenti nei fanghi e nelle acque; si stima che almeno 4/5 dei casi di psoriasi rispondano a tale terapia, tuttavia mancano studi clinici approfonditi in materia.
Inoltre alcuni farmaci sistemici (es. metotrexato, acitretina) possono creare più facilmente reazioni avverse in associazione alla fototerapia.
Trattamento fitoterapico
Un approccio naturale e complessivo alla patologia prevede un intervento su più livelli, essendo la malattia stessa, come si è visto, espressa su più livelli interdipendenti.
I livelli interessati da questo approccio sono:
- sistema emuntoriale: si deve favorire la detossificazione dell’organismo senza sovraccaricare ulteriormente il comparto tegumentario colpito, in prevalenza, dalla patologia; in particolare va ottimizzata la funzione intestinale (anche con eventuale idrocolon-terapia [15]) ed epatica;
- sfera psico-emozionale con fitocomplessi rilassanti e migliorativi dell’umore, ma anche di riequilibrio a livello neurovegetativo tra simpatico e parasimpatico;
- azione calmante specifica, sia locale che sistemica.
I preparati erboristici è opportuno assumerli in forma non alcolica (tisane o, meglio, estratti secchi titolati, laddove disponibili), per evitare gli effetti negativi dell’alcool.
A livello drenante molte piante con spiccato epatotropismo (cardo mariano, carciofo, tarassaco, rosmarino, fumaria, ecc.) possono risultare utili.
Tradizionalmente quelle più interessanti per l’apparato tegumentario sono la bardana (arctium lappa, composita) e la viola tricolor [16], mentre il cedrus libani MG 1DH è indicato nelle dermopatie secche e pruriginose.
Soprattutto nella stagione estiva, i trattamenti erboristici delle dermopatie potrebbero indurre un aggravamento del quadro sintomatico che, se da un lato può essere un segno positivo nel percorso di guarigione, può tuttavia indurre ad abbandonare il trattamento naturale; la questione va gestita con grande professionalità e informando adeguatamente il paziente.
Le cure termali (come il sambuco ed il tiglio, rimedi diaforetici) avrebbero il significato di riattivare direttamente l’emuntorio tegumentario favorendo la sudorazione; tra le migliori acque termali quelle salso-bromo-iodiche.
L’azione antiinfiammatoria può essere favorita da rimedi sistemici come
- Ribes nigrum MG
- Boswellia serrata e.s.
- Curcuma longa e.s.
- Uncaria tomentosa e.s.
- Salix alba e.s.
- omega 3 (es. da olio di lino)
La modulazione immunitaria di ed antinfiammatoria dell’Echinacea somministrata i.m. sembra dare buoni risultati nella psoriasi.
La Commissione E tedesca riporta circa una quindicina di piante ad azione genericamente antiinfiammatoria per la cute, alcune delle quali, teoricamente, promettenti anche per la psoriasi (es. camomilla, calendula, oli poliinsaturi di lino, borragine o enotera).
L’azione rilassante può essere ottenuta con piante come
- melissa, in soggetti neurodistonici con somatizzazione gastrointestinale e leggera iperattività tiroidea [17] (sottintesa dall’iperattività dei cheratinociti)
- escolzia, in soggetti in cui la componente dolorosa e pruriginosa è particolarmente significativa (anche al punto di disturbare il sonno)
- valeriana, nei soggetti ansiosi e con difficoltà ad iniziare il sonno, pur in assenza di una importante sintomatologia dolorosa e/o pruriginosa.
Passiflora, Luppolo (rilassante fitoestrogenico e digestivo) e Biancospino possono essere eventualmente aggiunte di supporto, tenendo conto dell’azione riequilibrante del Luppolo in situazioni in cui cambiamenti ormonali possono aver scatenato l’esordio della malattia della specifica valenza del biancospino come rimedio dell’affettività e con tropismo circolatorio (utile soprattutto in soggetti meno giovani).
L’iperico può, in certi casi, tornare utile per la sua azione antiflogistica e, soprattutto, miglioratrice sull’umore (piuttosto lenta e graduale) e di aiuto nel mantenimento del sonno, cercando di limitare le associazioni rischiose, tenendo conto delle possibili e numerose interferenze che ha questo fitocomplesso con altre terapie chimiche e fitoterapiche.
La cura topica da tempo comprende, tradizionalmente, vari rimedi naturali: mentolo (Mentha piperita), canfora (Cinnamomum zeylanicum), crisarobina [18] (dalla polvere del legno di una leguminosa, l’Andira Araroba Aguiar, detta polvere di Goa), l’aloe vera (tra i pochissimi fitoterapici per il quale siano disponibili studi clinici di un certo rilievo), la colchicina (antimitotico da Colchicum autumnalis), la capsaicina ed i catrami.
Numerose sono comunque le possibilità d’impiego di rimedi vegetali segnalati in letteratura:
- la papaina e la chimopapaina, enzimi ricavati dal latice di Carica papaya (frutto immaturo), possono avere un utile impiego come esfolianti;
- foglie di mirto (ricche in olio essenziale, tannini e resine) come astringente e decongestionante;
In effetti tra gli scarsi studi clinici ben condotti (e normalmente positivi, riguardo ai benefici mostrati nella malattia), cioè randomizzati, in doppio cieco e controllati vs placebo, riguardano soltanto:
- un gel d’aloe in crema allo 0,5%, utile nell’83 % dei soggetti; successivi studi (in ambito veterinario) hanno ritenuto l’azione comparabile a quella dei cortisonici, mentre altri non l’hanno ritenuta superiore al placebo (anche a causa della bassa concentrazione);
- un preparato topico di estratti di Cereus grandiflorus (fiori), Opuntia coccinellifera (frutti), tarassaco, limone (succo), aceto, glicerina, acido ascorbico;
- un preparato a base di capsaicina vs veicolo (Ellis, 1993)
- una crema al 0,1 % di berberina da Mahonia aquifolium (Berberidacea).
L’oleolito di calendula, localmente, eventualmente addizionato di opportuni oli essenziali (es. lavanda, menta, elicriso, cannella, gaultheria) e oli grassi (es. olio di germe di grano, olio di cocco) può rappresentare un buon trattamento locale, accanto ad unguenti contenenti estratti di ippocastano, rusco, liquerizia (cortison-like) e/o centella.
La centella in particolare, da studi in vitro, sembra in grado non solo di frenare la degenerazione sclerotica dei fibroblasti ma anche l’iperproliferazione dei cheratinociti.
Anche l’olio di fegato di merluzzo, per il suo eccellente contenuto in vitamine D ed A, può giovare (anche come veicolo per oli essenziali), purchè adeguatamente miscelato e corretto.
La stessa propoli (in estratto glicolico), per l’azione antiossidante, antiinfiammatoria ed antisettica, può essere utile localmente, in special modo per prevenire sovrainfezioni.
Interessante l’azione locale dimostrata dal Cardo mariano: fitosomi di silimarina hanno un effetto inibente sull’AMP-ciclico-Fosfodiesterasi.
Nella balneoterapia o per preparare compresse di garze tiepide rimedi come malva e piantaggine, ricchi in mucillagini, o la consolida (radice) possono essere di un qualche sollievo sintomatico, mentre l’avena sativa va considerata con prudenza visto la sua appartenenza alle graminacee (vedi quanto detto in precedenza).
I catrami vegetali, annoverati nella categoria dei riducenti [19] si ricavano dalla distillazione secca di parti legnose di varie piante [20]; il risultato è un condensato liquido oleoso contenente vari idrocarburi, fenoli e terpeni; esercitano un’azione cheratolitica, antiinfiammatoria ed antiseborroica.
I catrami vegetali, come quelli di schisti bituminosi [21], contengono soprattutto idrocarburi alifatici, al contrario del catrame di carbon fossile (coaltar), ricco soprattutto in idrocarburi aromatici.
L’azione è probabilmente simile a quella degli antroni (con riduzione dell’attività di alcuni enzimi, es. della glicolisi, della sintesi degli acidi nucleici e delle ossidoriduzioni), compresi i possibili effetti collaterali (infiammazioni e/o allergie); solo nell’uso cronico e protratto vi può essere un rischio significativo di degenerazione neoplastica.
I catrami si usano al 5-10 %, aumentando gradualmente la concentrazione, monitorando la sensibilità cutanea.
I catrami sono indicati in varie dermopatie croniche e secche.
Nelle psoriasi ribelli vale la pena di ricordare le osservazioni di R. Weiss, grande fitoterapeuta tedesco, sul valore delle droghe a saponine, in particolare:
- la salsapariglia
- l’erniaria
accanto ad una tisana antidscrasica riequilibrante il metabolismo es.
- solanum dulcamara, carex arenaria, ortica, tarassaco, senna, finocchio
e a trattamenti locali con olio di lino (ev. potenziato con 1-2% di olio di iperico).
Tra le prospettive future vi sono alcune piante provenienti dalle medicine tradizionali
- Polypodium decumanum, una felce del Sud-America
- Cyclopia spp (Fabacea) del Sud-Africa
- Mangifera indica (mango) da Cuba, di cui si impiegano preparati ottenuti dalla corteccia
- diversi preparati (es da Indigo naturalis) della medicina tradizionale cinese
- varie piante a polifenoli antiossidanti come Gingko biloba, Capparis spinosa e Tagetes lucida, alcune delle quali hanno evidenziato una buona azione di contrasto verso gli eritemi cutanei.
Elicriso (Helichrysum italicum) fam. Asteracee
Pianta molto ramificata e tomentosa, foglie lineari alterne convolute e sessili, infiorescenze terminali a corimbo di circa una dozzina di capolini (fioritura estiva da giugno ad agosto), frutti acheni con pappo (disseminazione anemofila).
Diffuso in Italia soprattutto nella zona Appenninica, nei terreni asciutti pietrosi o nelle vicinanze del mare.
Il termine elicriso è legato alla forma ed al colore dei capolini dorati che richiamano il disco solare; è suggestivo pensare alla teoria della signatura che, in questo caso, porta ad accostare lo studio di questa pianta nei confronti di una patologia, come si è visto, sensibile ai condizionamenti rappresentati dall’esposizione al sole.
L’H. italicum presenta capolini relativamente piccoli (sotto i 4 mm) mentre in medicina popolare si impiegano anche altre specie con capolini più grandi (es. H. Stoechas).
Della specie italica si impiega la pianta fiorita contenente:
- flavonoidi: es. naringenina (e suoi diastereoisomeri al C2 come elicrisina A e B), kaempferolo, apigenina, luteolina, quercetina, e relativi glicosidi;
- olio essenziale contenente nerolo, neril-acetato, aeb pinene, geraniolo, bdichetoni, ecc. (vedi oltre);
- cumarine: es. scopoletina, umbelliferone, esculetina
- acidi fenolici (ac. caffeico), ftalidi, pirano-derivati, elipirone (e derivati), fluoroglucinolo (e derivati);
- lattoni sesquiterpenici amari, fitosteroli, acido ursolico, tannini, cere;
- sostanze ad azione antibiotica non ben caratterizzate («arenarina»)
- oligoelementi come Si, Fe, Ca, Mg, Al, Co, Cu, e tracce di altri.
L’uso della pianta nella psoriasi si deve agli studi del prof. Santini [22] che, nel secondo dopoguerra del secolo scorso, riprese certe applicazioni tradizionali veterinarie della pianta soprattutto nell’ambito delle affezioni respiratorie; in sostanza i risultati delle sue osservazioni cliniche hanno mostrato benefici in
- bronchiti subacute, croniche, asmatiche con o senza enfisema, pertosse, rinopatie di vario genere; alla fine del trattamento, solitamente combinato (sciroppo ed aereosol), l’autore notòun miglioramento anche di patologie reumartritiche e cutanee concomitanti, il che lo indusse a successivi approfondimenti;
- patologie su base allergica [23] non solo respiratorie (asma) ma anche gastrointestinali (es. coliti, gastriti) e cutanee (eruzioni urticarioidi, edemi); molto interessante, in particolare, il successo nelle «sindromi perivisceritiche addominali», prevalenti nel sesso femminile e caratterizzate da sintomi locali (dolenzia addominale, diarrea alternata a stipsi, nausea e/o vomito) e generali (astenia, apatia, febbricola, parestesie, disturbi dell’equilibrio, del sonno, della memoria e dell’attenzione); anche cefalea ed emicrania hanno mostrato una buona risposta al trattamento con elicriso;
- patologie epatobiliari, grazie forse alla presenza di composti simili a quelli presenti nel carciofo (altra asteracea); questo spiegherebbe, tra l’altro, gli effetti ipocolesterolemizzanti riscontrati in alcuni studi su modelli animali; sul piano metabolico dati sperimentali suggeriscono una certa stimolazione, con un’azione anabolica verso i glucidi e catabolica verso i protidi (effetto che si avrebbe non solo a livello epatico ma anche muscolare); sul piano endocrino estratti della pianta sembrano anche sensibilizzare verso gli effetti dell’insulina, il che sarebbe implicato nell’effetto metabolico complessivo;
- patologie reumartritiche di vario genere;
- patologie cutanee tra cui psoriasi (circa 20 casi), eczemi, ittiosi, ustioni, geloni; in particolare si è evidenziata anche una certa azione preventiva sull’eritema da raggi UV [24];
- patologie vascolari degli arti inferiori (azione locale decongestionante ed analgesica), congiuntiviti ed edemi della regione oculare; ci sarebbe anche una certa interferenza sui meccanismi della coagulazione del sangue (dimostrata in vitro) che deve far temere per possibili interferenze su terapie anticoagulanti in atto.
L’autore arrivò ad impiegare 200 ml di decotto al 5 % al giorno anche per 1 mese – 1 mese e mezzo, in frequente combinazione con prodotti ad uso locale (pomate, unguenti e bagni); vista poi l’azione piuttosto incostante del decotto sono state poi studiate frazioni ottenute mediante estrazione con solventi organici, senza giungere, per altro, a conclusioni definitive in merito all’azione corticosurrenalica, almeno sul piano della dimostrazione sperimentale, mentre più netta sarebbe l’azione clinica.
Molte delle osservazioni del Santini e dei primi studiosi della pianta sono state abbastanza confermate sia da studi sull’uomo, in modelli animali ed in vitro, anche se si attendono ulteriori conferme sul piano clinico.
Attualmente gli si attribuiscono, pertanto, azioni
- antiinfiammatoria, antiallergica, antiedematosa (per la presenza di composti steroidei e triterpenici si è ipotizzata un’azione cortison-like [25], simile a quella dell’Agrimonia eupatoria) ed antijaluronidasica;
- fotoprotettiva
- bechica, balsamica
- epatoprotettrice.
da cui gli usi prevalenti (via interna)
- dermopatie (es. psoriasi, eczemi)
- epatopatie
- broncopneumopatie anche asmatiche
mentre per via esterna si impiega soprattutto su infiammazioni ed allergie di cute, mucose, occhi.
Le iniziali osservazioni del Santini sulla psoriasi sono state successivamente riprese, confermate e precisate in ulteriori studi clinici ed osservazionali, tra cui quello di E. Campanini (1995) che ha evidenziato l›efficacia di un trattamento combinato, specialmente sulle forme recenti e non cronicizzate, a base di elicriso (e.f. via orale e oleolito 3-4 cucchiaini al dì + balneoterapia in uso topico) protratto per 2-3 mesi, con miglioramento già dopo circa 3 settimane di terapia; altri dati segnalano un concomitante beneficio sulle condizioni generali e, specificamente, sulle funzioni digestive.
È probabile quindi che il beneficio mostrato da questa pianta nel trattamento della psoriasi non sia semplicemente da imputare ad un’azione antiflogistica cortisono-simile ma che coinvolga anche la sua azione regolatrice profonda sul metabolismo, sulle funzioni epatiche e sull’attività intestinale (vedi anche quanto segnalato a proposito delle «sindromi perivisceritiche addominali»).
Per l’H. Stoechas la medicina popolare [26] ne sottolinea gli impieghi (non troppo distanti da quelli di H. italicum) verso
- patologie respiratorie di tipo flogistico o allergico: asma, bronchite, corizza, rinite, faringiti, tracheiti, in cui eserciterebbe un effetto balsamico, bechico, antisettico ed eupnoico;
- insufficienza epatica, dismetabolismi (obesità, gotta, uricemia);
- patologie osteoarticolari: artritismo, reumatismi, sciatica;
- patologie cutanee: ferite, eczemi;
- patologie renali: ematuria, stranguria, nelle quali manifesterebbe anche azione diuretica;
- patologie ormonali: amenorrea, vampe da menopausa.
Una monografia della Commissione E tedesca riporta l’Helichrysum arenarium (fiori) o elicriso germanico, tipico dell’Europa centro-orientale, contenente flavonoidi (simili a H. italicum), o.e., fitosteroli, triterpenoidi, con azione blandamente coleretica ed espettorante-bechica.
Franchomme e coll., sul loro testo di aromaterapia (riportato in bibliografia) descrivono l’olio essenziale di H. gymnocephalum [27] e quello di H. italicum ssp serotinum, contenente:
- esteri terpenici (acetato e butirato di nerile)
- sesquiterpeni
- chetoni (bdioni) neurotossici (attenzione ai soggetti sensibili)
- monoterpenoli (nerolo)
con proprietà:
- antiedemigeno (il più potente attualmente noto)
- ottimo mucolitico ed espettorante
- buon antispasmodico
- buon ipocolesterolemizzante e regolarizzante Apo A ed Apo B
- anticoagulante, antiflebitico
- cicatrizzante, antisclerotico
- stimolante dell’epatocita
- negativizzante
che precisano meglio il suo uso locale, anche sulle artropatie infiammatorie.
Trattamento floriterapico ed omeopatico
La psoriasi ha certamente rappresentato uno dei punti di riferimento, per i padri del pensiero omeopatico, nella costruzione del modello reattivo generale denominato psora [28], il quale, tuttavia, presenta anche specificità proprie che lo differenziano dalla malattia.
La malattia, oltre che caratterizzata da una elevata familiarità, psicosomatica, autoimmune, sul piano omeopatico si considera polimiasmatica, in cui vi è la caratteristica psorico-luesinica dell’accelerazione del ricambio delle cellule cutanee.
All’inizio la patologia è psoro, tubercolinico-luesinica (pustole, fissurate o sanguinanti) ma, col passare in forma cronica, tende a divenire anche sicotica (ipercheratosi).
Il trattamento omeopatico è quindi piuttosto complesso, basato sulla diatesi prevalente, e può essere qui solo accennato, variando molto le strategie ed i percorsi terapeutici a disposizione del medico.
Come nel caso della fitoterapia i migliori successi sembrano ottenersi soprattutto se il trattamento viene iniziato abbastanza precocemente, senza attendere il cronicizzarsi e l’approfondirsi della malattia; in quest’ultimo caso un miglioramento dei sintomi va considerato già un successo. Nelle forme gravi con vesciche o eritrodermia diffusa, febbre, il trattamento omeopatico non è di grande utilità.
Il trattamento specifico, da effettuare dopo attenta osservazione ed interrogatorio del paziente, si basa sul simmillimum tenendo conto dell›aspetto della lesione, ma tenendo conto anche della sua localizzazione e delle modalità di miglioramento e/o peggioramento (vedi tabella).
Oltre a quelli indicati in tabella non se ne possono escludere altri come Natrum muriaticum, Lycopodium, Antimonium crudum, Sulfur, Fluoricum acidum, Mezereum, Sarsaparilla, Silicea, Alumina, Anagallis, Medorrinum, ecc; non vanno trascurati anche i rimedi complementari per gli stati di stress o gli squilibri emotivi (es. Ignatia, Gelsemium, Nux vomica, ecc.)
Il rimedio verrà prescritto all’inizio in bassa diluizione (per evitare aggravamenti), anche in dose unica, aumentando poi gradualmente, in una seconda fase di trattamento, la diluizione dei rimedi (a 200, 1000 e 10.000 CH).
Essenziale è anche impostare un adeguato trattamento di fondo o di terreno, guardando alle caratteristiche generali del paziente.
I nosodi non si iniziano, solitamente, all’inizio della cura, a meno di rara corrispondenza col simillimum.
Il nosode va somministrato nella pausa tra le basse e le alte diluizioni del rimedio specifico.
Il nosode iniziale più utile (miasma psoro-tubercolinico-sicotico) è tubercolinum residuum (solitamente 200 CH), mentre luesinum si usa solo nelle forme fissurate o ulcerate peggiorate di notte.
La psora è solitamente il miasma più profondo, da trattare per ultimo (con l›introduzione di psorinum come nosode a trattamento avanzato).
Se dopo un periodo di circa due mesi non ci sono riposte o si cambia il rimedio specifico o, mantenendo tale rimedio, si cambia il nosode, es. passando a psorinum o ad altri meno frequenti (es. medorrinum) se il contesto lo consiglia.
RIMEDIO | ASPETTO LESIONI | LOCALIZZAZIONE | MODALITA’ |
acidum nitricum | squame, croste, fessurazioni su pelle secca | col caldo + | |
arsenicum album | polvere fine e bianca, prurito, bruciore | col caldo + | |
arsenicum bromatum | psoriasi circinata | col caldo + | |
arsenicum iodatum | squame larghe, infiltrate su pelle secca e ispessita, lichenificazioni pruriginose | col caldo + | |
borax | lesioni suppurative | mani | col freddo + |
calcarea carbonica | pelle pallida, biancastra, gessosa, acida | cuoio capelluto | col freddo umido – |
graphites | cute ispessita, dura, fissurata, malsana e lesioni con secrezioni spesse, gelatinose (come miele), maleodoranti, acide, irritanti | pieghe di flessione | col freddo – |
hydrocotile asiatica | inveterata con squame, inspessimento, ipercheratosi (a carta geografica) | diffusa | |
kalium arsenicosum | squame scagliose e fissurate, prurito | collo, gomiti, ginocchia | col caldo – |
kalium bromatum | lamelle ampie e stratificate | di notte – | |
kalium muriaticum | desquamazione furfuracea e secca | col fresco + | |
kalium sulphuricum | squame su pelle umida e ulcerata, giallastra, malsana, secrezioni gialle o verdastre, fluide | gomiti, arti inferiori, dolori erratici | col fresco, all’aria aperta e col movimento + |
manganum metallicum | forte prurito e cute malsana | con l’umidità e di notte – | |
natrum arsenicosum | torace | ||
natrum sulphuricum | squame larghe, giallastre, sottili, su derma rossa e brillante, pelle giallastra, infiltratata ed edematosa | diffusa | col caldo secco + |
petroleum | eruzioni vescicolose, con secreto acquoso chiaro, brucianti o pruriginose, seguite da croste giallastre, su cute secca, spessa, rugosa, fissurata e malsana | alternanza di disturbi cutanei e mucosi | al freddo ed in inverno – |
phosphorus | bruciori localizzati, tendenza emorragica | sopracciglia, bruciore delle mani | con l’attività o con la pioggia – |
phytolacca decandra | psoriasi a placca, guttata, punctata o nummulare | col caldo secco + | |
plumbum metallicum | su cute secca, giallastra, oleosa | gomiti, articolazioni delle dita | con l’umidità – |
sepia | macchie tonde, fissurate, su cute spessa, giallastra, escoriata | viso, unghie, pieghe gomito, cavo popliteo | col calore + in primavera – |
selenium | su cute grassa e lucida | palmo delle mani, alopecia | col calore – |
Vi sono in commercio anche prodotti complessi che facilitano la prescrizione omeopatica nel paziente psoriasico ma non devono mai abbandonare l’accurata osservazione e diagnosi del rimedio.
Nella tabella seguente sono riportati alcuni di questi composti, come da catalogo delle rispettive Case Produttrici.
Il panorama non è naturalmente completo, essendoci molti altri prodotti interessanti da consigliare.
In floriterapia di Bach, considerando il significato psicosomatico della patologia, i fiori solitamente più indicati sono Holly e Crab apple, anche se, come nel caso della terapia omeopatica, l’interrogatorio del soggetto è fondamentale per poter effettuare la giusta scelta.
Holly è il rimedio di soggetti infelici, frustrati, pessimisti, che si offendono facilmente e sono soggetti a crisi violente di rabbia che si traducono con varie somatizzazioni a livello fisico (dermopatie, coliti, allergie, ecc.).
Crab apple è il rimedio dei soggetti cronici, che si vergognano del proprio corpo e non si accettano, eccessivamente igienisti.Conclusioni
Il presente lavoro rappresenta un semplice strumento di riflessione e stimolo per tutti coloro che direttamente o indirettamente si trovano ad avere a che fare con la malattia, ma anche un tema a mio avviso interessante di confronto tra operatori di pratiche mediche diverse.
Il canovaccio reale della terapia si scrive, istante per istante, sulla pelle delle persone (in senso letterale) e non sulle pagine fredde, asettiche e distanti dei Protocolli Stabiliti.
Ci sembra di aver fatto un po’ di luce su alcuni percorsi possibili e sulle ragioni degli stessi.
In questo senso esso non intende in alcun modo sostituire il parere del medico o suggerire banali scorciatoie ai pazienti, senza la supervisione essenziale di personale qualificato.
Vista la vastità dell’argomento non può e non vuole essere una trattazione esauriente e definitiva e si riserva ulteriori aggiustamenti e correzioni, anche sulla base delle osservazioni che i pazienti lettori avranno la bontà di esprimere.Testi consigliati
- Il Manuale Merck per la salute – Raffaello Cortina Ed.
- F. Bartoccioni: Terapia 2008 – La Treggia Ed.
- L. Giannelli: Medicina Tradizionale Mediterranea – Ed. Tecniche Nuove
- R. Benigni, C. Capra, P.E. Cattorini: Piante medicinali chimica, farmacologia e terapia – Ed. Inverni e Della Beffa
- J. Lagacè: L’alimentazione antidolore – Sperling & Kupfer
- J. Seignalet: L’alimentation ou la troisième médecine – Ed. Francois Xavier de Guibert
- Piante Medicinali per infusi e tisane (a cura di R. La Loggia) – OEMF
- L. Palma: Le piante medicinali d’Italia – Ed. Erbamea
- A. Lugli: L’approccio eubiotico alla disbiosi – Ed. Planta Medica
- P. Franchomme ed al.: L’aromathèrapie exactement – Ed. Roger Jollois
- E. Campanini: Dizionario di fitoterapia e piante medicinali – Ed. Tecniche Nuove
- A. Ercoli: Clinica medica omeopatica – Ed. Tecniche Nuove
- R. Zissou, M. Guillaume – Materia medica omeopatica – Ed. Marrapese
Note
[1] non è tuttavia sufficiente ad una stima di gravità la semplice determinazione della superficie corporea colpita dalla malattia: occorre anche valutare l’impatto di essa sulla qualità della vita.
[2] più della metà dei pazienti riferisce un’anamnesi familiare positiva e vi è positività in oltre 2/3 di gemelli monozigoti; quest’ultimo dato sembra sottintendere, comunque, anche una certa importanza di fattori ambientali; la contemporanea presenza di entrambi i genitori positivi per la malattia porta al 50 % la probabilità d’incidenza della malattia; vi sarebbero almeno 9 loci (PSORS) su cromosomi diversi associati all’espressione della malattia, tra i quali PSORS1 riferibile al gene HLA di classe I (cromosoma 6), con una associazione netta tra la patologia e la regione Cw6; le alterazioni riguardano sia la regolazione del processo infiammatorio, della risposta immunitaria e di certe proteine cutanee; secondo Watson (1972), tuttavia, fattori genetici ed ambientali devono integrarsi strettamente nella genesi della malattia.
[3] per questo motivo se ne stanno cercando eventuali applicazioni terapeutiche.
[4] la più frequente (10 % dei casi) dopo la psoriasi a placche.
[5] tra l’altro, a livello ematico, si osserva solitamente un aumento della VES e della proteina C reattiva.
[6] alcune terapie, come quella immunologica e la PUVA, mirano soprattutto a ridurre il numero delle cellule dendritiche tessutali.
[7] sono i farmaci spesso meglio tollerati, indicati anche per uso protratto ma sono costosi e controindicati in caso di tumori trascorsi o in atto; si dividono in antilinfocitari ed in anti-TNF-a.
[8] studio dell’Istituto di Dermatologia dell’Università Cattolica di Roma pubblicato nel Journal of Dermatology treatment (prof. G. Fabrizi).
[9] terapia a banda stretta: 311-313 nm (UV B),meno soggetta ad effetti collaterali.
[10] una recente applicazione interessante di queste sostanze è la sterilizzazione fotosensibilizzata dei componenti del sangue (con inattivazione di germi patogeni e virus senza alterare le frazioni ed i corpuscoli ematici).
[11] si stimano percentuali molto elevate, dal 39 al 73 % di abbandoni.
[12] prodotto di scarto dei frantoi.
[13] il verbascoside presenta attività antiossidante, antinfiammatoria, antivirale ed antifungina ed immunomodulatoria (aumenta l’attività chemiotattica dei linfociti neutrofili) antineoplastica (su cellule murine leucemiche P-388).
[14] attraverso cambiamenti nella motilità, nelle secrezioni e nel microambiente intestinale.
[15] si possono impiegare tisane opportune per il lavaggio intestinale es. a base di camomilla, melissa, coriandolo, carvi, malva, ecc.
[16] pianta drenante, diuretica ed analgesica (contiene saponosidi, flavonoidi, tannini, mucillagini e salicilato di metile.
[17] si ricorda come i composti iodati possano scatenare la malattia, a sottolineare anche una certa componente tiroidea nel favorire certe manifestazioni psoriasiche.
[18] oggi sostituita da derivati di sintesi come antralina e ditranolo.
[19] nella quale vengono ricompresi anche crisarobina, antranolo, cignolina, resorcina, ac. pirogallico, ittiolo, zolfo,calomelano, ecc.molte delle quali obsolete nell’impiego terapeutico.
[20] come ginepro rosso (detto olio di Cade), betulla (varie specie), faggio, larice e diverse conifere (es. pino); il catrame di pino (e di conifere, in generale), più ricco in fenoli, ha una buona azione cheratoplastica ed antisettica ma è anche il più irritante (e tossico per i reni, se assorbito su ampie superfici); dal catrame di legno di faggio si può ottenere per distillazione il creosoto; catrami di betulla e di ginepro, con composizioni simili e meno ricchi in fenolo, sono più maneggevoli e preferiti in terapia; il catrame di ginepro (contenente acidi organici, guaiacolo, cresoli), debolmente antisettico, ha caratteristiche simili agli oli essenziali ed è facilmente incorporato in pomate di uso topico; il catrame di betulla con quello di faggio erano componenti dello storico «linimentum picis di Lassar» per curare le psoroasi più resistenti.
[21] trattato con acido solforico ed ammoniaca fornisce l’ittiolo.[22] riportati anche da Benigni, Capra e Cattorini.
[23] pur mancando, tuttavia, una chiara dimostrazione di proprietà antistaminiche ed antianafilattica in modelli sperimentali di laboratorio.
[24] in animali di laboratorio viene contrastata la radiodermite ed il decesso causato dall’irradiazione con raggi X.
[25] in modelli animali si è registrato la deplezione delle riserve surrenali di acido ascorbico ed una netta azione antiinfiammatoria ed antiessudativa.
[26] come riportato da Luigi Palma nella sua opera sulle Piante Medicinali d’Italia.
[27] ricco di mono e sesquiterpeni, aldeidi, ossidi, con azione antiinfiammatoria e blandamente antalgica ed antisettica.
[28] la psora, tipica dei soggetti di costituzione carbonica o sulfurica, rappresenta la tendenza a reagire alternando manifestazioni cutanee con patologie interne che si sviluppano per crisi, ed è ciò che si osserva, da un lato, in certe sindromi allergiche o, per altro verso, in taluni dismetabolismi; il cattivo stile di vita (e la mancanza di una sana attività fisica) sono il fattore scatenante.In essa uno stato cronico di intossicazione perta ad un meccanismo difensivo di incremento dei processi di eliminazione. Essa si caratterizza per:
- bersaglio cutaneo preferenziale (tendenza centrifuga), soprattutto nella fase iniziale «stenica», mentre nella fase «astenica» l’eliminazione è verso gli organi interni, con possibili patologie lesionali di fegato e pancreas;
- alternanza dei sintomi e loro ricomparsa periodica
- miglioramento nell’allontanamento di secrezioni
- tendenza alla congestione arteriosa ed al sovraccarico metabolico (con squilibri dei lipidi e/o dei glucidi ematici)
- tendenza alle parassitosi e alle malattie acute con andamento netto.
Claudio Biagi
Laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutica, esperto di Nutriceutica (integrazione nutrizionale fitoterapica), Farmacista, Docente di Chimica, Consulente Scientifico, Accademico del Nobile Collegio Chimico farmaceutico, Docente di Fitoterapia presso SMB Italia
Direttore Didattico del Campus Laboratori Borri
doctorbiagi@gmail.com