Medicine non Convenzionali

Yin e Yang: dall’immagine grafico-ancestrale all’immagine iconografico-morale del Tai-Chi

L’immagine grafica del Tai Chi, più conosciuta come Tao è sicuramente familiare a molti e alla visione filosofica del pensiero occidentale perché richiama immediatamente il concetto dualistico-alternato delle forze primordiali e degli archetipi della natura che permeano il mondo della rappresentazione e l’ordine cosmico proprio del Tao: lo yin e lo yang.
La con-presenza dello yin e dello yang, disegnata come chiaro-scuro, positivo-negativo, maschile-femminile in un’ottica di equilibrio e continuità delimitata dalla presenza del cerchio nero all’interno del bianco e del cerchio bianco all’interno del nero, non va letta come mera espressione artistica ma va identificata come dettaglio fondamentale di un simbolismo che travalica i confini della medicina tradizionale cinese e dell’arte intesa solo come espressione e non come intenzione.
L’equilibrio in cui yin e yang si muovono e si intersecano non è una battaglia ma un’interazione esattamente come la visione del simbolo e del piano che lo circoscrive e rende le due forze interdipendenti tanto da non poter esistere l’una senza l’altra sia a livello manifesto sia a livello artistico.
I due “antagonisti” tali non sono, rappresentano invece aspetti della stessa realtà, diventano incontro e congiunzione e, soprattutto, agiscono come fattori di moltiplicazione e amplificazione che li denomina oltre la semplice definizione di sostanze o di entità proiettandoli come principio fondante dell’intero universo, dei suoi aspetti e della sua vastità.
Allora il concetto di completezza si modella e avvolge il simbolo del Tai Chi in un continuo avvilupparsi e svilupparsi di espressioni “attive” e “passive” della forza creativa originale.
Ma i due poli, proprio nel momento in qui vengono identificati, o meglio, qualificati, perdono immediatamente le proprie qualità assumendone altre, nuove e diverse ma comunque mai assimilabili al senso morale del bene o del male come rappresentato dalle filosofie occidentali permeate da fortissime influenze etiche.
Luce e tenebre, luna e sole, giorno e notte e tutti gli altri binomi letterari e concettuali possibili non sono “bi-valenze” che determinano ma “co-valenze” che equilibrano le leggi del macrocosmo e del microcosmo, tanto che la teoria universale del mutamento teorizzata perfettamente da I-Ching e semplificata nel concetto dell’interazione tra yin e yang contiene al suo interno il principio di “reversibilità” in cui ogni elemento può essere se stesso e l’esatto contrario e in cui le potenzialità dell’uno e dell’altro crescono fino all’apice e poi declinano per poi riprendere il movimento circolare-ondulatorio proposto dal Tao nella visione fenomenica dell’universo in cui l’opposizione è relativa, mai assoluta.
La forma è generata dalla non-forma e viceversa, le forze non sono antitetiche tanto che la pienezza dell’una (forma) implica l’origine dell’altra (non-forma).
Il loro alternarsi determina tutte le cose non come metamorfosi ma come trasformazione e mutazione che sono caratteristiche proprie dell’esistenza e dell’essenzialità dell’uomo nel suo scivolare tra tempo e spazio e nel superamento della principio per cui ci si muove nello spazio e ci si trasforma nel tempo.
Cambiando i termini di confronto e teorizzando un movimento nel tempo e un mutamento nello spazio la cosmologia taoista anticipa le teorie eisteiniane tramandando che dal nulla (spazio) prende forma (muta) il Wu Chi, l’embrione di una esistenza ancora indifferenziata simboleggiata da un cerchio vuoto che quando si completa (movimento) con lo yin e lo yang diventa (tempo) il Tai Chi, ovvero la differenziazione “potenziale” che non ha assunto ancora i contorni della realtà, in cui l’abbraccio rappresentativo della parte nera e della parte bianca sono unità e intima fusione.
Il simbolo del Tai Chi conserva e tramanda valenze figurative-ancestrali: il movimento traslato nella linea che divide lo Yin e lo Yang, una linea non è retta ma curva in uno stato dinamico a forma di vortice, un senso rotatorio che ne determina la costate mobilità e ciclicità, quasi una sfera che ruota imprimendo velocità e direzione al movimento, un movimento che può essere orario, Yin, od anti-orario, Yang, e ha come fine ultimo l’equilibrio:
l’equilibrio misurabile nelle due aree dalla stessa dimensione, dimensione che si mantiene uguale nel momento dell’equilibrio ma che proprio nel suo essere il risultato di eventi energetici in realtà non è mai tale o lo è soltanto per frazioni infinitesimali di tempo;
la relatività che identifica il nero perché c’è la presenza del bianco in contrapposizione e all’interno del pallino più piccolo, e viceversa, a significare che non esiste l’assoluto, che l’universo vive grazie ad una dialettica dualistica e che in ognuna delle due “parti” esiste l’altra;
la gradualità che cresce nella forma a “pesce” dello Yin e dello Yang dimostra che indipendentemente dalla quantità dell’uno o dell’altro la somma sarà sempre l’intero, l’unità e che all’interno dell’unità non vi deve essere la prevalenza o la mancanza qualitativa e quantitativa di uno dei due elementi;
la sequenza visualizzata dall’onda di movimenti all’interno del ciclo è sequenziale, ma prima di tutto è sequenziale il processo della creazione: “La Via generò l’Uno, l’Uno divenne due, il due divenne tre. Dal tre viene tutto il resto”. Quindi ogni cosa, materiale ed immateriale, manifesta o nascosta, viene dal nulla, dal Wu-Chi;
l’armonia, il significato ultimo del Tai-Chi.
La saggezza cinese si è tramandata e manifestata attraverso due distinte filosofie: da un lato il taoismo il cui batteva il ritmo e il gusto per le arti, la creatività e il misticismo, dall’altro il confucianesimo in cui si modellavano il senso dell’ordine, del decoro e del rispetto.
Ritmo e movimento universali, naturali e spontanei sono la chiave di lettura del taoismo, mentre stabilità e ordine sociale sono il comune denominatore del confucianesimo.
Quindi, ancora una volta, un dualismo-unitario in cui il fervore idealista del Tao si va a completare con il rigore realistico degli insegnamenti di Confucio, in quel gioco di equilibri e moderazione reciproca che hanno impedito sia l’estremo liberalismo sia il classicismo fondamentalista, ma nel quale la felicità appare come omniscenza tra azione e anima.
Il Confucianesimo ci ha regalato la “filosofia dell’aureo mezzo”, ovvero la visione di una società il cui tessuto è percorso dallo spirito di moderazione e della giusta misura.
Il Taoismo invece pone l’accento sulla flessibilità del comportamento non evidenziano mai una sola risposta ai problemi sociali, ma relegando la soluzione al contento e alle condizioni di quel preciso momento, essendo, il tempo e lo spazio due entità in evoluzione.
La saggezza allora prende forma solo nella dimensione primordiale in cui né positivo né negativo prevalgono, in cui la mente assurge alla metafisica critica attraverso l’analisi e la natura ridonda come fattore di molteplicità e di disordine.
Nella mitologia cosmogonica taoista due leggendari Augusti, Fuxi e Nugua avevano corpi di spire a circoscrivere sul piano dimensionale da un lato e amplificare sul piano emozionale dall’altro gli aspetti opposti di ogni energia del cosmo.
E all’interno del vuoto cosmico, il senza limite (Wu Chi), che non è simmetrico in quanto profondamente naturale ed universale, il Tai Chi rinnova le simmetrie in un ciclo unificante nella monade Universo decantando la valenza del “non agire” (Wu Wei) per raggiungere lo stadio della “non conoscenza” ottenibile, per opposto e contraddizione, solo dopo aver sperimentato.

Lao Tzu – Tao Te Ching
Il simbolo del mistero
Quei che racchiude in sé la pienezza della virtù
è paragonabile ad un pargolo,
che velenosi insetti e serpi non attoscano,
belve feroci non artigliano,
uccelli rapaci non adunghiano.
Deboli ha l’ossa e molli i muscoli
eppur la sua stretta è salda,
ancor non sa dell’unione dei sessi
eppur tutto si aderge:
è la perfezione dell’essenza,
tutto il giorno vagisce
eppur non diviene fioco:
è la perfezione dell’armonia.
Conoscer l’armonia è eternità,
conoscer l’eternità è illuminazione,
vivere smodatamente la vita è prodromo di sventura,
con la mente comandare al ch’i significa indurirsi.
Quel che s’invigorisce allor decade:
questo vuol dire che non è conforme al Tao.
Ciò che non è conforme al Tao presto finisce.

Marina Marini
Naturopata, Esperta in Discipline Orientali, Cristalloterapeuta, Floriterapeuta, specializzata in Iridologia, Erboristeria, Aromaterapia e Alimentazione naturale
www.yemaya.it
marinamarini@libero.it

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Marina Marini

Naturopata, Esperta in Discipline Orientali (medicina tradizionale cinese, i-ching, astrologia cinese, feng-shui), Cristalloterapeuta, Floriterapeuta, specializzata in Iridologia, Erboristeria, Aromaterapia e Alimentazione naturale