Erboristeria

Polygonum Aviculare

Polygonum_Aviculare

Pianta erbacea annuale, cosmopolita, comune (specie sui terreni incolti), molto apprezzata dal bestiame, gracile, glabra, nodosa, tenacemente ancorata al terreno con fusto solitamente strisciante ed a raggiera, foglioline lancolate o lineari sessili ed alterne, all’ascella delle quali da giugno all’autunno spuntano, singoli o in piccoli gruppi, dei fiorellini con tepali bianco-rosati e con tratti di rosso.
Il nome del genere deriverebbe (Linneo) dall’unione  delle parole di due radici greche : polys (= molto) e gonu (= nodo o ginocchio), dall’aspetto nodoso del fusto delle sue specie, oppure, secondo altre etimologie, la seconda parte del nome deriverebbe dalla parola greca gònos (= discendenza) alludendo alla facilità di propagazione della pianta.
Il nome specifico (aviculare) sarebbe invece legato al fatto che frutti e semi della pianta sarebbero molto apprezzati dagli uccelli.
Detta anche centinodio o correggiola, appartiene alla famiglia delle Polygonacee come piante quali la bistorta (P. Bistorta), altra pianta tannica (ma contenente anche antrachinoni ed ossalati), il più noto rabarbaro (Rheum palmatum o R. officinale) e l’esotico Fo-ti (P. multiflorum), pianta lianosa cinese di cui sono stati evidenziati, tra l’altro, interessanti effetti immunologici-antiinfettivi, epatoprotettori-antidismetabolici e antiossidanti-antiinvecchiamento.
Il genere polygonum comprende comunque diverse centinaia di specie di cui almeno 25 si ritrovano nella flora spontanea nostrana, inoltre il polimorfismo e la variabilità di questa specie (che adatta il suo aspetto alle diverse condizioni ambientali) ne fanno una pianta difficile da riconoscere ed esiste una certa confusione perfino presso gli esperti anche per la presenza di numerose sottospecie (sembra alcune decine) e varietà.
Si impiega la pianta intera che contiene tannini, mucillagini, silicio, flavonoidi (quercetina-3-arabinoside, kaemferolo), acidi fenilcarbossilici, cumarine; la frazione flavonoidica può essere, secondo alcuni studiosi, determinata con HPLC (cromatografia liquida ad alta pressione) ed impiegata nel controllo qualità della droga (mentre piccole quantità di droga potrebbero essere identificate e dosate, secondo ricercatori cinesi, determinando una sostanza caratteristica, l’avicularina, con la nuova tecnica polarografica denominata SWP o Square Wawe Polarography).
Secondo le analisi (sempre con HPLC) di ricercatori statunitensi  sarebbero presenti anche polidatina, resveratrolo ed antrachinoni, mentre altri studi effettuati in Arabia Saudita hanno evidenziato  da estratto acetonico un nuovo naftochinone (6-metossiplumbagina) accanto a sitosterolo, acido oleanolico e 5,6,7,4′-tetrametossiflavanone.
Conosciuta fin dall’antichità, in medicina popolare è utilizzata per moderare disturbi respiratori (anticamente anche contro la tubercolosi: il Leclerc suggerisce, ad es., una associazione con l’asperula) e stati diarroici intestinali (decotto, specie nel vino rosso); inoltre è reputata di buona efficacia sulle litiasi urinarie (infuso) e, per via esterna, come astringente, antiemorragico ed antiflogistico sulla cute e sulle mucose (epistassi).

Polygonum_Aviculare_internoL’azione astringente e disinfettante intestinale (completata “distruggendo le cattive materie accumulate nello stomaco” secondo il Kneipp) fu spesso impiegata nel passato anche durante importanti conflitti bellici.
L’Antonelli (1950), in particolare, assieme all’equiseto, la annovera tra le piante più efficaci contro i calcoli (specialmente se si utilizza una soluzione di acqua e vino in parti uguali); dallo stesso autore è segnalato anche l’impiego nelle amenorree, “flussi bianchi” (perdite bianche), idropisie, come depurativo epato-renale, antireumatico, diaforetico e, perfino, in cataplasmi, su gravi lesioni dermatologiche (da tumori o lupus) o, opportunamente diluito, nelle infiammazioni oculri. 
L’azione depurativa potrebbe essere, in qualche modo, suffragata da uno studio coreano del 2000 effettuato su un modello di fibrosi epatica indotta nel ratto nel quale un estratto della pianta ha mostrato un’azione protettiva; per di più, secondo una ulteriore ricerca cinese del 2006 un estratto alcolico liofilizzato ha manifestato nette proprietà antiossidanti e scavenger radicaliche in vitro, contrastando perossidazione lipidica e il danno agli acidi nucleici.
Il Palma (1964), che include nelle composizione anche antrachinoni, acido ossalico, olio essenziale e resina, cita anche degli effetti antispasmodici ed ipoglicemizzanti (F. Daels, riportato anche da J. Valnet, che riporta anche una pozione antidiabetica che associa la correggiola all’erba roberta o Geranium robertianum).
Con l’equiseto e la piantaggine è considerata tra le piante più ricche in silicio (circa 1%), remineralizzanti, utili al trofismo del collagene ed alla protezione dell’elasticità di tessuti connettivali come i grossi vasi arteriosi e le cartilagini (ma anche il derma ed il tessuto polmonare).
I tannini sono composti polifenolici, spesso più concentrati nelle parti più esterne e coriacee delle piante, in grado di combinarsi con le proteine (ed i carboidrati) degli epiteli e degli essudati, con azione denaturante-precipitante, astringente, “impermeabilizzante”-antiessudativa, decongestionante ed antisettica-antivirale.
I tannini sono tra le sostanze utilizzate da tempi più remoti della storia umana, soprattutto nella concia delle pelli che rendono meno permeabili ed imputrescibili; nelle piante sembrano svolgere un’azione protettiva contro vari microorganismi di cui inibiscono numerosi enzimi.

Chimicamente vengono distinti in  varie classi come:

  1. tannini idrolizzabili, contenenti esteri dell’acido gallico variamente combinati; reagiscono con sali di ferro dando derivati di colore blu;
  2. tannini condensati o proantocianidine, contengono unità flavan-3-oliche; i più noti sono le procianidine formati da catene di catechine ed epicatechine, variamente condensate (le forme polimeriche tendono a essere prevalenti e più stabili; danno precipitati rossi (flobafeni) in presenza di acidi  mentre reagiscono con sali di ferro dando derivati di colore verde.

 In soluzione le molecole tanniche formano complessi insolubili anche con metalli pesanti e alcaloidi (spesso impiegati come antidoti in certe forme di avvelenamento).
La presenza di tannini sembra determinare la capacità della pianta di accumulare metalli pesanti (come rame, ferro, zinco, piombo, cadmio e nickel) presenti nel suolo (secondo una ricerca messicana il P. cuspidatum sarebbe particolarmente efficiente nella captazione dello zinco).
I tannini della correggiola, da studi recenti, sembrano in grado di esercitare una certa azione ACE-inibitrice ed antiaggregante piastrinica (probabile inibizione della cicloossigenasi), che ne suggeriscono un potenziale ulteriore effetto  benefico sull’apparato cardiovascolare, da valutare mediante ulteriori ricerche.
Su questa linea una ricerca effettuata nel 1995 sulle piante medicinali svedesi ha incluso la pianta fra quelle con un certo effetto inibitorio in vitro sia sulla biosintesi delle prostaglandine che sull’esocitosi PAF-dipendente.

Una varietà messicana della pianta, secondo ricerche effettuate da studiosi locali, ha evidenziato buone proprietà decongestionanti sulle gengiviti.
Estratti lipofili della pianta hanno mostrato su modelli sperimentali  un’attività vasodilatatrice per azione diretta sulla fibrocellula muscolare liscia mediata dall’ossido nitrico (da ricerche coreane).
Un piccolo studio del 1989 compiuto da studiosi dell’Università di Cambridge ha mostrato un certo effetto antiparassitario su pidocchi e lendini da parte di uno shampo a base di centinodio (confrontato a un prodotto analogo a base di malathion).
Un altro studio israeliano del 1988 ha mostrato un chiaro effetto antimicotico (su Trichophytum Rubrum, T. Mentagrophytes, Microsporum canis) di un unguento a base di un estratto di centinodio; la concentrazione ottimale era del 2%, mentre al 5% poteva dare segni di irritazione; il dato appare sostanzialmente confermato da un succesivo trial del 1991 (Netanel Sur).
Un piccolo studio osservazionale compiuto su 32 pazienti ha mostrato buona efficacia e tollerabilità verso cheratosi plantare ed eczema cronico (Friedman, 1985), confermando i risultati di un precedente studio del 1984 sull’ipercheratosi della pianta del piede, mentre un altro piccolo studio osservazionale israeliano su 6 pazienti ha mostrato promettenti risultati nel trattamento dell’herpes labialis (Hirshowitz, 1985).
Negli usi dermocosmetici come astringente e dermopurificante di pelli grasse ed impure gli vengono preferite solitamente altre piante tanniche come la Ratania (Krameria triandra), l’Hamamelis virginiana e la Tormentilla o Potentilla erecta (Proserpio), ed anche l’Ippocastano e la Quercia (Penso).
Nell’uso interno la presenza di tannini (specie nelle preparazioni in decotto) e degli ossalati suggeriscono una certa prudenza specialmente nei soggetti con nota sensibilità o malattie infiammatorie della mucosa gastrica (in ogni caso è meglio assumere i preparati a stomaco pieno).
L’azione locale appare quella probabilmente più sicura anche nell’uso prolungato.
In mancanza di dati non si consiglia l’assunzione in gravidanza, allattamento ed in pediatria.  

In conclusione la nostra pianta, per certi aspetti “banale”, spesso trascurata dall’elenco delle piante più note e blasonate della tradizione erboristica, rivela un particolare interesse nel sostenere il recupero di soggetti defedati da processi infiammatori cronici delle vie emuntoriali (soprattutto intestinali ma anche respiratorie ed urinarie) ed un importante e completo tropismo sull’apparato tegumentario,  che include anche le mucose.
Secondo alcuni studiosi (Seignalet) processi infiammatori ed infettivi ripetuti a carico delle mucose gastrointestinali possono determinare il passaggio di molecole antigeniche estranee di origine batterica e/o alimentare, determinando, alla lunga, le condizioni per pericolosi fenomeni patologici a distanza; disporre quindi di rimedi naturali antiinfettivi diversi dagli antibiotici convenzionali (senza il corollario dei loro effetti collaterali) rappresenta una potenzialità da valutare con attenzione.
L’azione antitossica, antiossidante e trofico-protettiva della matrice di collagene ne fa un interessante rimedio di supporto in numerosi processi degenerativi dello stesso.
L’invito finale è, perciò, a guardare con emozione e rispetto alle nostre antiche tradizioni erboristiche e, talvolta, sostando nelle radure incolte del nostro paese, riconoscere e ritrovare alcune piante come la correggiola che sono piccoli segni e non trascurabili frammenti della nostra storia.

Claudio Biagi
Laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutica, esperto di Nutriceutica (integrazione nutrizionale fitoterapica), Farmacista, Docente di Chimica, Consulente Scientifico, Accademico del Nobile Collegio Chimico farmaceutico, Docente di Fitoterapia presso SMB Italia
Direttore Didattico del Campus Laboratori Borri
doctorbiagi@gmail.com

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Claudio Biagi

Laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutica, esperto di Nutraceutica (integrazione nutrizionale fitoterapica), Farmacista, Docente di Chimica, Consulente Scientifico, Accademico del Nobile Collegio Chimico Farmaceutico Universitas Aromatariorum Urbis, formulatore di importanti prodotti erboristici, Docente di Fitoterapia presso SMB Italia. Autore di libri e pubblicazioni scientifiche. Docente Università Unicusano. Direttore Didattico di Campus Framens, Primaria Scuola di Naturopatia