Naturopatia

Goji: per un pugno di bacche… parte prima

E se esistesse un “superfrutto” in grado di apportare tutte le sostanze nutritive di cui abbiamo bisogno in quantità incredibili e fosse facilmente reperibile, buono ed addirittura coltivabile sul nostro balcone?
Lo andremmo a cercare, lo acquisteremmo immediatamente?
La risposta è sì  o perlomeno questo è stato il consenso dato ad un frutto da poco sbarcato anche in Italia dalla lontana Cina: il Goji.
Parlare di Goji, o meglio del Lycium Barbarum L., significa seguire una moda alimentare del momento che coinvolge star di calibro mondiale (vedi Brad Pitt, Gwineth Paltrow e molti altri), moda che già nel 2004 realizzava, dall’export del frutto, un introito pari a 120 milioni di dollari, ma soprattutto significa dare ancor più credito a rimedi naturali tramandati da millenni, a medicine alternative senza alcun effetto iatrogeno né controindicazioni.
I suoi effetti antiossidanti, rinvigorenti ed antistress sono ormai noti e conosciuti ed è oggi considerato da molti un supporto dietetico quotidiano.

Ma cos’è il Goji, il Lycium Barbarum?
La pianta del Lycium Barbarum è conosciuta con moltissimi nomi, tanti quanti sono i paesi che si occupano della coltivazione o del commercio di questo frutto.
Ecco allora, solo per citarne alcuni, Boxthorn in Germania, Spina di Santa Barbara in Italia, Matrimony Vine in America, Kokonut in Giappone, Duke of Argyll‘ s teaplant in Gran Bretagna, Gou Qi Zi in Cina (Goji).
Lycium= specie
Barbarum= straniera
L.= Linnè (grande naturalista e classificatore botanico svedese)
Quando parliamo di Goji, andiamo ad interessarci esclusivamente del Lycium Barbarum L. e non del Lycium Chinensis altro frutto ricco di sostanze nutritive, ma in quantità minori, di diversa provenienza, dimensioni e famiglia (quella delle Sapindacee) e di costi ben più contenuti.
Importante marcare la distanza perché spesso e volutamente il Chinensis viene spacciato per il vero Goji tibetano e come tale commercializzato con una notevole convenienza economica del  venditore.
Solo il Lycium Barbarum appartiene al catalogo dei medicamenti millenari cinesi, viene considerato integratore antiossidante dal Ministero Italiano della Salute (vedi lista ministeriale degli estratti vegetali impiegabili), sostanza alimentare di sicuro impiego dal governo americano ed alimento più ricco al mondo di principi nutritivi fondamentali.
Secondo il New Scientist “le proprietà delle bacche di Goji sono indubbiamente un’importante risorsa per la nostra salute”.
Già 2600 anni fa l’imperatore e classificatore botanico Shen Nung parlava del Lycium Barbarum come importante elemento della medicina tradizionale cinese, altre testimonianze dell’utilizzo del  Goji risalgono addirittura a 4500 anni fa.
Il Lycium B., come tutte le Angiosperme Dicotiledoni, appartiene allo stadio più elevato nell’evoluzione delle piante; in particolare il Goji fa parte della famiglia delle Solanacee (così come la patata, la melanzana, i pomodori, i peperoni o anche la Belladonna da cui si trae l’atropina, il tabacco, etc).
Le angiosperme sono piante i cui semi sono coperti e protetti da un ovario che diventerà poi il frutto.
L’impollinazione è garantita dal tenace lavoro delle api e dei bombi e la riproduzione avviene per seme grazie soprattutto alle feci lasciate dagli uccelli che sono ghiotti del Goji.
Sono definite dicotiledoni perché le piante sono costituite da due foglioline embrionali.
Il Lycium Barbarum ha origine nelle piane dell’Himalaya, in Tibet ed in Mongolia, regioni che con il loro clima e le temperature ostili (oscillano tra i -26°C ed i 39°C) hanno reso questa pianta autoctona forte e resistente; ecco perché il Goji si presenta come una pianta facilmente esportabile e coltivabile in ogni angolo del mondo.
La natura mette questa pianta incredibile continuamente alla prova facendola scontrare con ambienti difficili ed il Goji combatte irrobustendosi e rinforzandosi garantendo a noi un frutto dalle molteplici qualità.
Altro esempio di sopravvivenza a tutti i costi è quella dei mirtilli dell’Alaska che dovendosi adattare al clima avverso hanno imparato a difendersi irrobustendosi; vero è che una ricerca americana ha dimostrato la correlazione tra asprezza del clima e potere antiossidante dei frutti di qualsiasi tipo che lo affrontano quotidianamente.
Ma è soprattutto nel plateau del Ningxia, nella Cina del nord, che vi è una compresenza di fattori favorevoli al Goji: il passaggio del Fiume Giallo con i suoi 5.464 km e l’apporto di principi nutritivi raccolti lungo tutto il suo viaggio, l’acidità del terreno che oscilla tra pH 8,2 ed 8,6 ed è perfetto per il Goji  (un terreno più ricco di calcare danneggerebbe il fogliame ed i fiori del Goji), le temperature che regalano al Goji una naturale propensione alla sopravvivenza in ambienti estremi e  la presenza di un eccezionale fertilizzante naturale chiamato Loess.
Il Loss, o meglio conosciuto con il nome tedesco del Loess, è una polvere gialla, un sedimento stratificato che proviene soprattutto dal deserto del Gobi e che arricchisce la terra della Cina del nord.
L’ambiente in cui cresce questo superfrutto è ricco di polisaccaridi attivi e sostanze minerali.
Dalla regione del Ningxia e dalla Mongolia in cui cresce da sempre, poi il Goji sin dagli anni ’80 ha percorso migliaia di chilometri fino a raggiungere l’Europa, l’America, l’Australia.
Prima tappa del viaggio di questo frutto fu l’Inghilterra grazie al duca di Argyll che lo denominò Duke of Argyll’s teaplant.
Per quanto riguarda il nome Goji due o più le ipotesi: dei ricercatori botanici cinesi nel 1973 lo chiamarono Gouqi prendendo spunto dal soprannome datogli in dialetto himalayano dai contadini, ma si dice  anche che fu un botanico americano di nome Bradley Dobos sempre nel 1973 a denominarlo così.
Qualsivoglia scegliere delle due ipotesi fatto sta che dalle lontane regioni cinesi nel secondo ‘900 il mercato europeo ed americano intelligentemente decisero di trafugare questa ricchezza e farla conoscere ad un diverso bacino di utenza, un’utenza benestante e mentalmente aperta.
La pianta del Goji oscilla tra i 2 ed i 4 metri di altezza ed ha un sottile fusto ricoperto da una splendida chioma morbida di rami che possono arrivare ad essere intricati ed inaccessibili e per questo, soprattutto in Gran Bretagna, ha sempre avuto un utilizzo come siepe ornamentale.
Il suo fiore è una piccola stella color lilla ed il suo frutto, che si può raccogliere tra luglio ed ottobre facendolo semplicemente cadere su stuoie pulite, assomiglia ad un peperoncino o anche alla rosa canina.
I più bei frutti raccolti verranno soprannominati “red diamonds”, diamanti rossi, perché questo è il valore, non esclusivamente economico, dato a questi gioielli della natura.
Le giornate della raccolta costituiscono motivo di gioia ed a queste segue una grande festa degli agricoltori.
Un rosso intenso caratterizza il frutto maturo.
Se assaggiato appena raccolto il suo sapore ricorderà quello di un pomodorino piccante; è in questo momento che il Goji sprigionerà l’essenza delle sue proprietà multivitaminiche, rinvigorenti ed antiossidanti.
Si può essiccare e mangiare in qualunque momento della giornata, la bacca essiccata ha un aspetto simile all’uva passa ed un sapore piacevole e dolce tale da poter essere inserita in moltissime ricette culinarie. Non solo, molto diffuso è anche il succo di Goji, meglio ancora se conserva all’interno tracce e sedimenti propri delle bacche frullate tali da conservare intatti i suoi principi nutrienti.
In alcune ricerche di matrice soprattutto tedesca il Goji risulta essere tossico; in realtà la presenza di Atropina ha quantitativi che non presentano alcuna rilevanza tossicologica, possono invece presentarsi rari casi di ipersensibilità.
Metodiche di coltivazione e cura delle piante di Goji sono non invasive e del tutto naturali; escludono pesticidi, Ogm ed irradiazione artificiale per garantire la purezza di questi frutti.
Nonostante tutto questo una ricerca condotta dal 2009 al 2010 su campioni di Goji di provenienza cinese dimostrò la presenza di una media di 11 fitofarmaci sui lotti analizzati; solo 6 campioni su 26 presentavano una quantità ininfluente di pesticidi.
Altra curiosità: il Goji ha purtroppo la capacità di condurre fitopatologie devastanti che andrebbero a danneggiare altre piantagioni di Solanacee e soprattutto di pomodori e patate, cosa accaduta peraltro in Gran Bretagna secondo una ricerca della National Farmer’s Union del 2008.
Ricerche asiatiche, americane ed europee, approvate dai relativi governi, hanno invece certificato l’assoluta atossicità e la sicurezza d’impiego.
È pur vero che molti siti internet sconsigliano la presenza di piante di Goji, perlomeno la facile raggiungibilità, agli animali domestici che sembrano gradire le foglie.
Si tratta comunque di fenomeni occasionali e trascurabili, tant’è che invece in America ne consigliano invece l’assunzione perché rinvigorente anche per i nostri amici a quattro zampe.

“La dieta che introduca bacche di frutta ha un positivo e profondo impatto sulla salute dell’uomo,  la sua performance e la malattia […]” Dr. D. Geffen, School of Medicine, University of California, 2008
Che siano mirtilli, lamponi, Acai, ribes o Goji sembrerebbe che comunque sia ne venga solo del buono dalla loro assunzione.

Di seguito, nella II parte, andremo a dare una sbirciatina ai principi attivi ed alle proprietà insite nel Goji, daremo un’occhiata alle ricerche scientifiche che tutt’ora non smettono di interessarsi del Lycium Barbarum, vedremo quanto sia importante il suo l’apporto nutritivo e quanto sia di gran lunga superiore a quello di alcuni tipi di frutta e verdura da sempre considerati campioni del rinforzo quotidiano.

Susan Menaldo
Esperta in Floriterapia di Bach
animafloris@gmail.com

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