Monografie

Aumentare la shelf-life di frutta e verdura!

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Ormai è chiaro: i prodotti ortofrutticoli non devono sottostare alle leggi dei campi e le bizze meteorologiche ma obbedire come noi tutti alle richieste del  mercato (ma non siamo noi il mercato?)!!
Per il mercato dei consumatori (distinto ma non separato dal mercato dei produttori) i prodotti alimentari devono ispirare simpatia, evocare un’idea di prodotto pratico, rapido da servire, magari senza semi, magari da non lavare,  magari monoporzione, facile da trasportare, conservare o consumare ovunque , insomma… in linea con  le esigenze quotidiane.
E così, fare la spesa in un supermercato stà diventando un percorso ad ostacoli tra i vari esperimenti scientifici di ultima generazione, tecniche post-harvest e le ultimissime trovate di  marketing.

E, sarebbe abbastanza se tutto rimanesse entro i limiti degli incroci per generare nuove qualità che profumano di un frutto ma hanno il sapore di un altro e si sbucciano o cucinano come un altro ancora.
Basti pensare che i
l CNR ha dato vita a “Criobanca”, una banca del freddo,  per la conservazione di raro germoplasma delle antiche piante di melo a -196°, per contrastare la scomparsa di molte specie vegetali.
La perdita di biodiversità è uno degli allarmi lanciati dagli scienziati.
Tra le cause vi sono i cambiamenti climatici, la deforestazione, il malato sfruttamento del suolo o la scarsa biodiversità riconosciuta economicamente conveniente dai grandi produttori.
Soltanto nel bacino mediterraneo sono già 34 le specie estinte, mentre ammontano a circa il 10% quelle minacciate, in Italia oltre il 5% delle specie vegetali.

In realtà una delle preoccupazioni maggiori del Mercato dei produttori è far sì che ci sia maggior resa possibile in termini di produttività, qualità e conservabilità  con i minor costi energetici ed economici.
Quindi tutta la filiera deve diventare una rappresentazione di questo obiettivo ad ogni costo (si fa per dire)!
Nascono le mini angurie e i mini meloni per single comodi da trasportare, la frutta confezionata già pronta a pezzettini del segmento della cosiddetta “quarta gamma” (prodotti già tagliati e pronti all’uso), il pomodoro nero che combatte l’invecchiamento, i funghi trattati con i raggi ultravioletti per aumentarne il livello di vitamina D e tutte le tecniche pensabili per ridurre l’invecchiamento dei prodotti affinché rimangano vendibili il più a lungo possibile… anche se credo che questo non coincida con “freschezza” come la intendeva la nonna.
Intanto… qualcuno scende da questo cavallo imbizzarrito chiamato Mercato e pensa ad un settore commerciale biologico che sostenuto da buone metodologie moderne recuperi qualità ed un rapporto sano con il cibo e questa nostra terra!!
B
isogna infatti anche riconoscere del buono a tutta questa tecnologia con metodi versatili per garantire alimenti più sicuri.
È come sempre l’eccessiva attenzione all’aspetto economico che altera ogni cosa.
Ciò che ci rimane è cercare lo spazio positivo che ogni scoperta nata per scopi “sbagliati” possa regalare a noi consumatori un po’ tradizionalisti … ma la gara è impari!  
Infatti
è davvero esteso il panorama delle cosiddette tecnologie post-harvest, cioè dei trattamenti cui frutta e verdura possono essere soggette subito dopo la raccolta per allungarne durata e conservabilità (shelf-life).
Vi sono sostanze in grado di ricoprire i prodotti freschi con una barriera “protettiva” che ne prolungano la shelf-life senza fare ricorso a componenti chimiche di sintesi.
Sono dei rivestimenti protettivi commestibili, a base di componenti naturali e certificati come gommalacca, l’olio alimentare di girasole, la cera d’api, o anche una miscela di idrogeno carbonato di sodio e sodio silicato, ingredienti in grado di non alterare profumo e gusto dei frutti e di costituire una barriera protettiva che contrasta lo sviluppo dei patogeni post-raccolta e riduce significativamente la percentuale di calo peso durante il trasporto e la conservazione.  
L’Unione Europea  autorizza tali prodotti, anche su agrumi, mele, pere, mango, avocado e melone.
Tecnicamente, ripristina il naturale film protettivo asportato durante le operazioni di raccolta e manipolazione e migliora la resistenza della superficie esterna dei frutti: prima del confezionamento si applica mediante spazzolatrice e ugelli, senza asciugatura in tunnel ad aria calda, non apporta modifiche alla linea di lavorazione e, riducendo il calo peso dei frutti ed una minore degradazione naturale si traduce in un notevole vantaggio economico per gli operatori di settore.
Nel campo della IV gamma, il prolungamento della shelf-life dei vegetali freschi lavorati e confezionati è ancor più fondamentale e quindi serve l’ausilio di additivi alimentari ad attività antiossidante.
Qui la ricerca scientifica si scatena!!
Per superare i problemi di vulnerabilità ai batteri dei prodotti di IV gamma, la ricerca scientifica americana ha messo a punto un nuovo sistema attraverso il quale viene creato ozono all’interno del sacchetto una volta che la confezione è stata sigillata.
Il Dott. Kevin Keener, dell’Università di Purdue nell’Indiana, Stati Uniti, un ingegnere dei processi alimentari, ha sviluppato questo nuovo sistema: due elettrodi vengono posizionati al di sopra e al di sotto di un sacchetto alimentare sigillato, all’interno del sacchetto viene generato un campo ionizzato a temperatura ambiente, che in parte produce ozono (riferisce il Guardian News Service; secondo i ricercatori, l’ozono uccide il 99,999% dei batteri) e il prodotto contenuto nel sacchetto risulta insensibile ad eventuali aumenti della temperatura al di fuori della confezione.
Il vantaggio di questo sistema rispetto alla tradizionale tecnica di lavaggio è che l’ozono dura più a lungo nel sacchetto, anche se scompare dopo alcune ore e comunque prima di arrivare al supermercato… un ulteriore vantaggio è che l’ozono può penetrare nelle fessure e nelle rientranze di verdure come i broccoli e i cavolfiori (osserva il Dott. Keener).
Nonostante i vantaggi riscontrati, i ricercatori stanno ancora lavorando sul sistema per risolvere alcuni problemi, come lo scoloramento degli spinaci in foglia….
In Europa, confusi da tante innovazioni ma esposti alle pressioni commerciali, cerchiamo di prendere tempo e soprattutto di limitare i danni per quanto possibile… nel dubbio:  uno dei metodi di lavorazione alimentare più attentamente e ampiamente studiati è l’irradiazione alimentare (in Europa non accettata) e consiste nell’esposizione degli alimenti a sorgenti di energia quali i raggi gamma, i raggi X o a una corrente (o fascio) di elettroni: serve per eliminare i batteri patogeni e gli altri microrganismi che possono causare tossinfezioni alimentari e ritardare la maturazione e la germogliazione prolungandone la durata di conservazione.
Che dire? In America, Obama e famiglia si sono organizzati il loro orto!!!

 

Stefania Falcinelli
Erborista, insegnante di lingue straniere, educatrice, collaboratrice professionale per attività scientifiche nell’ambito della tutela dell’ambiente e operatrice sociale in Italia ed all’estero per Ong
stefania.falcinelli@alice.it

 

 

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Stefania Falcinelli

Naturopata, Counselor, Mediatore familiare